Ho esitato prima di scrivere questo post perché forse, adesso, si sta facendo largo in me il momento del silenzio. Tuttavia lo scrivo lo stesso nella speranza che sia di beneficio a quelli che avrebbero voluto esserci e non hanno potuto.
Ieri mattina sono andato al funerale di Watson. Sono arrivato per primo sulla piazza della chiesa indicata per la cerimonia. C'eravamo io e la mia consorte. Abbiamo girato gli occhi all'intorno. Abbiamo visto all'entrata della chiesa, su un tavolino, la foto di Watson incorniciata in un quadretto davanti al registro per la firma delle presenze. Watson, nella foto, aveva una maglietta delle nostre con in primo piano una bella 2cv rossa.
Come per un richiamo, più tardi, è arrivato Paolone con la sua 2cv pure rossa. Nel trascorrere dei minuti sono sopraggiunti i duecavallisti tra cui Ludo, Skassa, Guido, Golf, Rino, Almauri, Claudyane e altri. Alcuni di noi, compreso il sottoscritto, indossavano una maglietta delle tante in tema 2cv così come, con felice intuizione, aveva suggerito di fare Rino.
Più tardi sono arrivati anche Sbiru e Corrado, l'organizzatore del cimento autunnale, uno di quei raid montani che piacevano tanto al bogianen nostrano. Corrado era in abito scuro di ordinanza con la cravatta. Abbiamo fatto gruppo al riparo di una sagoma d'ombra gentilmente concessa da un pino vicino alla chiesa. Non sapendo stare zitto mi sono rivolto a Guido dicendo una stupidaggine.
Ho detto che lui, che fa i miracoli risuscitando le 2cv, avrebbe dovuto farne uno per risuscitare anche Watson perchè, in fondo, tutti noi volevamo solo rifamiliarizzare con la sua presenza fisica.
Dopo un pò è arrivato il carro funebre, una di quelle astronavi lucenti a quattro ruote deputate all'ultimo viaggio terreno.
C'erano amici e parenti di Watson che non conoscevamo. C'era molta gente con la mascherina secondo le regole in atto per il covid.
Vicino al carro funebre, come emersa dalla folla, c'era Paola, anche lei con la mascherina e, scorto per primo Paolone, si è gettata nella sua direzione correndo e, in un diluvio di lacrime, lo ha abbracciato. Coinvolti da questa scena abbiamo fatto tutti un passo in avanti. Sono stato uno dei primi a stringermi a lei.
Ho sentito i suoi singhiozzi e in quel momento le ho riferito anche il saluto degli Zoccoli come Sergio mi ha pregato di fare. Vorrei potervi comunicare quello che si percepiva in quegli istanti. Lei continuava a ripetere che era riconoscente della vicinanza dimostratale da tutti noi duecavallisti.
In quegli abbracci c'era tutta la forza di una comunanza che mescolava lacrime di dolore e di conforto. Era una sensazione potente, un coinvolgimento che vinceva ogni paura, era la forza del contatto che unisce e solidarizza, era l'abbraccio della vita al povero Watson, il gesto dell'umanità in cui noi uomini ci riconosciamo come fratelli.
Gli occhi celesti di Paola continuavano a versare le loro lacrime e in quelle lacrime, oro dell'anima, si rispecchiavano le nostre. In tutta questa situazione ho visto anche la morte farsi piccola di fronte alla vita. Ho anche fatto caso all'orlo della mia mascherina inumidita di pianto.
Poi siamo entrati in chiesa per la funzione. Il prete ha detto delle cose di circostanza, parole che stanno nell'ufficialità del rito.
Io cercavo di cogliere nei visi, dei fratelli di Watson, qualche tratto di somiglianza con lui.
C'era anche una signora nel banco proprio davanti a me, il braccio a circondare la vita di suo marito e lui che le appoggiava la testa sulla spalla.
Al termine della funzione siamo usciti sul sagrato e alcuni di noi hanno preso la strada del cimitero seguendo l'astronave di Watson nel viaggio più ardito, come ha detto Franz nel suo post, che un bogianen possa fare.
C'era il sole. C'era il caos di una città come Torino, impazzita di traffico perchè nessuno si serve più dei mezzi pubblici per paura del virus.
Al cimitero, con la bara sistemata su un quadriciclo, qualcuno ha consegnato a Paola una confezione di fiori inviata dal club di Beinette. Paola aveva di nuovo gli occhi come un lago di lacrime azzurre. Teneva il mazzo tra le braccia come fosse un bambino e ringraziava frastornata. Infine ci ha chiesto se volevamo prendere un fiore di quelli deposti sulla bara di Watson.
Skassa ha ancora detto che non ci credeva che Tony potesse essere lì dentro e io ho risposto che forse non era lì come tanti di noi probabilmente stavano pensando.
Infine ci siamo congedati. Ho ancora sussurrato a Paola di restare possibilmente da sola nelle ore successive e di vegliare Watson nel privato dei suoi pensieri. Le ho detto che forse questa cosa le avrebbe fatto bene, che avrebbe sentito Tony tenderle una mano.
Paola e' una donna che ha il dono di essere amabile e spontanea, è come un fiore tenero, è una creatura che piange. La vita l'aiuterà a riprendersi.