Spirits In The Sky

Aperto da COIO3, 03 Dicembre 2009, 17:04:19 PM

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COIO3

Era di prima mattina, una mattina di primavera inoltrata; il mondo vociava allegramente oltre la finestra aperta mentre io ero alle prese con il ponderoso volume di Analisi Matematica II; guardando quel tristo mattone stavo meditando di votarmi anima e corpo all'edilizia, per la vita.

Mentre cercavo un motivo qualsiasi per smettere di farmi del male fui travolto da uno squillante trillo telefonico; mi precipitai sull'apparecchio ma invece di alzare la cornetta mi bloccai in preda al piu' nero scoramento.

Avevo la testa piena di fesserie a quel tempo, anche a quel tempo, e non avrei mai voluto che all'altro capo del telefono si pensasse che fossi ridotto al punto di anelare a semplici chiacchiere da cortile pur di liberarmi dalla mia infelicita'.

Non che fosse tutta colpa mia, anche a quei tempi la tv ti spingeva sotto al naso vagonate di assurde panzane ben sapendo che, prima o poi, avresti finito per ingoiarle con tutto l'amo.

Ricordo come all'epoca pensassi quanto fosse disdicevole per la reputazione di un maschio mediterraneo, nel pieno dei suoi vent'anni, il non avere uno straccio di Cadillac per scorazzare lungo riviere assolate, cercando di tenere a bada frotte di ragazze fin troppo intraprendenti.

Ci fu un momento in cui mi stavo per convincere che, davvero, i soldi non donassero la felicita'; come avrebbero potuto visto che bastava aprire un cassetto qualsiasi per cacciarsene in tasca qualche mazzetta fresca di stampa.

Arrivai al punto da credere che gli avvocati, anche quelli diversamente abili, difendessero i propri assistiti per semplice amor di giustizia e null'altro.

Dopo una serie televisiva fui sul punto di credere che i politici, tutti indistintamente, operassero nell'esclusivo bene della collettivita' i cui interessi avrebbero difeso a costo di calpestare i propri.

Venne il giorno in cui, se solo avessi trovato un compagno alla mia altezza, allora si che anche io avrei ottenuto la piena confessione dal piu' incallito dei criminali, spingendogli dentro le narici la canna cromata del  mio pistolone di immenso calibro.

In quel preciso momento mi sarei accontentato di una semplice segreteria telefonica, magari solo per ascoltare il messaggio dell'ignoto disturbatore, mentre veniva registrato; ovviamente avrei richiamato l'autore del messaggio,  da li a un paio di giorni, non appena fossi rientrato dalle mie meritate vacanze alle Mauritius.

Alla fine recuperai il senso della realta' e al quarto sollecito sollevai la cornetta.

Per darmi un contegno usai il tono di voce che avrebbe usato Louis Pasteur qualora fosse stato costretto, con la forza, a distogliere l'occhio dal suo microscopio e lanciai un "Siiiiiii" molto indisponente al mio ignoto e provvidenziale interlocutore.

Mi giunse all'orecchio una valanga di insulti irripetibili, pronunciati da una voce amica; si trattava di "Iachino facci i gumma", Gioacchino faccia tosta, un caro e vecchio amico che con tono gioviale mi accusava, in sintesi, di essere un irriducibile onanista e per questo stesso fatto mi consigliava di rinunciare alla vita appendendomi all'antenna della tv.

Consoscevo i punti deboli del mio sboccato e fraterno amico sicche' mi limitai ad allontanare la cornetta dall'orecchio astenendomi dal profferire verbo alcuno; il mio silenzio l'avrebbe fatto imbestialire parecchio, prevedevo si sarebbe immediatamente prodotto in una seconda e piu' vigorosa ondata di improperi.

Mi giunse invece la notizia dell'incidente occorso ad un membro della brigata di perdigiorno che frequentavo a quel tempo, Turi 7 panze, Salvatore il corpulento; il funesto evento era aggravato dalla perdita definitiva dell'ultima vespetta marciante, l'ultima non schedata negli archivi delle forze dell'ordine.

Iachino era un ragazzo pieno di fantasia, era impossibile prenderlo sul serio, impossibile anche per me; decisi sul momento che non avrei abboccato alla sua ennesima bufala e dopo averlo ragguagliato circa i miei "progressi" in campo matematico lo congedai col fraterno consiglio di andare a vendersi le chiappe senza tirare troppo sul prezzo.


Doctor & Medics

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COIO3

Riguadagnai la postazione di studio deciso a fronteggiare i misteri del cosmo e della fisica ma fui tradito dalle leggi del caos; in mia assenza il volume si era richiuso su stesso, motu proprio, assumendo l'originaria e intollerabile forma di parallelepipedo, un mattone perlappunto.

Il riferimento numerico "II" sorrideva beffardo dalla copertina inducendomi a ripensare con amarezza al fratello primogenito, il dannato Analisi Matematica I che mi aveva portato tanto vicino al completo tracollo psico-fisico nell'inverno precedente a quella spettacolare primavera che mi scoppiava tra le mani, proprio fuori il portone di casa.

Nel giro di trenta secondi ero per strada, ebbro di liberta'.

All'epoca cavalcavo un Califfone della Rizzato, un trabiccolo ostinatamente statico, una bestia malvagia e recalcitrante; sembrava venuto fuori dalle pagine del "prontuario del negromante", al solo scopo di portare alla dannazione eterna chiunque avesse manifestato la volonta' di usarlo come mezzo di locomozione.

Avevo da tempo affidato la mia cavalcatura alle cure e alla custodia del meccanico che da sempre operava al piano terra del mio stabile,  il paziente "Don Carmelo"; entrai nell'officina, salutai, e mi dichiarai risoluto ad usare il mio destriero.

Il generoso palafreniere stava operando a cuore aperto una 127, rustica di nome e coerente di fatto, aveva il colore ma anche l'odore del letame maturo; egli si informo' riguardo la destinazione finale del mio spostamento e quando manifestai l'intenzione di recarmi in zona Policlinico si limito' ad alzare la testa verso il soffitto pronunciando un esplicativo "ntz"; ricaccio' la testa sotto il cofano dell'immondo rottame e mi congedo' con un grugnito di commiato.

Salutai e mi diressi alla fermata del bus montando sul primo mezzo diretto verso sud.

A quei tempi nel norditalia si aggiravano bande di teppisti che rastrellavano beni e servizi nei piu' disparati esercizi commerciali autoapplicandosi un convenientissimo sconto, il famigerato "sconto proletario".

Io all'epoca non avevo una prole pero' avevo una fortissima propensione verso qualsiasi attivita' di carattere riproduttivo; insomma mi mancava la fattrice non certo la buona volonta' sicche' ritenni mio buon diritto viaggiare aggratis, ignorando la polverosa e solitaria obliteratrice in coda al mezzo.

Trovai faccia di gomma nei pressi del pronto soccorso, a quell'epoca era uno studente di medicina e soleva dire come quello fosse l'ambiente piu' stimolante dell'intero nosocomio; indossava un camice bianco, immacolato, il che non gli impediva di litigare vigorosamente con un portantino; aveva vinto, onestamente, una gara di sputi e pretendeva di ricevere il pacchetto di MS che era stato messo in palio.

La scena vergognosa che si svolgeva sotto i miei occhi mi fece ben sperare in una mattinata di fumo a scrocco e fu cosi' che, senza nemmeno presentarmi, mi adoperai per fare in modo che l'infame portantino onorasse i suoi debiti di gioco.

Qualche minuto dopo, terminata la nebulosa degustazione dell'ottimo "biondo delle puglie", ci incamminammo verso il reparto "Grandi Ustionati 2" che in quel periodo dava ospitalita' alle eccedenze di "Traumatologia 1"; non vi giungemmo mai.



Police

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COIO3

Durante la scarpinata lungo il vialone che dava accesso ai vari reparti, parlando del piu' e del meno, spintonandoci a vicenda come due portuali avvinazzati, scorgemmo una stupenda fanciulla che sembrava intenta a litigare con lo sportello di una qualche vettura parcheggiata in mezzo a tante altre; sembrava fosse fuori di testa, in ogni caso bisognosa d'aiuto; accellerammo il passo di muto e comune accordo.

Quando giungemmo ad una ventina di metri dalla superba creatura quella sembro' recuperare la propria sanita' mentale; smise di gesticolare e si incammino' a passo di carica nella nostra direzione.

Alla prima occhiata capi' di trovarmi di fronte ad una di quelle creature caritatevoli sempre pronte a sacrificarsi per il bene del prossimo, sempre pronte a donare il superfluo e finanche il necessario a beneficio dei bisognosi.

Quella celestiale creatura aveva spinto a tal punto la propria generosa abnegazione da disfarsi persino dei beni essenziali, infatti credo non esista nulla di piu' essenziale ad una fanciulla di quanto non lo siano i propri stessi abiti.

La ammirammo mentre ci si avvicinava, maestosamente e sommariamente ricoperta da una qualche sorta di foulard che celava a sufficenza le pudenda, un po' meno varie altre zone che non mancammo di notare, strozzandoci tentando di ingoiare un boccone troppo grosso per andar giu in una volta sola.

Mi sentivo nello stesso stato d'animo del giovane Olenin quando si trovo' di fronte alle maestose cime del Caucaso, intimamente convinto che sarebbe stato piu' facile trovare la morte in battaglia piuttosto che riuscire a scalare le inarrivabili e immacolate cime innevate.

Sapevo per certo che Tolstoj non era tra le letture preferite di Iachino, l'unica cosa che mostro' mai di gradire fu il "Marcovaldo" di Calvino; potevo facilmente supporre che la stupenda ragazza non gli ispirasse di certo casti sentimenti di rinuncia, in ogni caso non mi sorpresi piu' di tanto quando lo vidi allargare le braccia bloccandosi di fronte ad essa.

Non posso ricordare le precise parole con le quali apostrofo' la ragazza, ebbi l'impressione che la volesse sommergere di minchiate, ammannite in un latino che persino io capivo essere approssimativo e maccheronico.

Mi parve di capire che si rammaricasse di non poter emettere una diagnosi accurata; affermava fosse impossibile operare un consulto attendibile senza la piena e consapevole collaborazione del paziente, pertanto invitava la ragazza a spogliarsi del tutto oppure ad esibire delle radiografie accurate; diversamente la stessa avrebbe dovuto rinunciare a pretendere cure mediche appropriate.

A quel tempo avevo conoscenza diretta di due soli tipi di donna; il tipo che con gelida alterigia avrebbe evitato il benche' minimo contatto con il molestatore, foss'anche un semplice contatto verbale; il secondo tipo, piu' sanguigno, avrebbe invece preferito spaccare a meta' la sinfisi pubica di chicchessia, calciando di collo pieno.

Era impossibile pensare che quel tipo di donna, tanto beneficata dalla natura, non avesse mai sperimentato la ruvida e assidua esuberanza dei propri coetanei maschi, tuttavia invece di mostrarsi infastidita sembro' essere in qualche modo stranamente compiaciuta.

Si fermo' a mezzo metro da faccia di gomma e gli regalo' un mezzo sorriso malvagio che suono' tragico, come un assolo d'organo dentro una sala cinematografica, mentre le viscere sanguinanti della vittima sembrano voler uscire fuori dallo schermo, insozzando gli spettatori.

Prima di allora non mi era mai capitato di vedere faccia di gomma perdere la sua prodigiosa presenza di spirito, nemmeno quella volta che tento' di svitare sirena e lampeggiante dal tetto di una volante per dimostrare la propria sobrieta' al maresciallo di ronda; andammo a dormire molto tardi quella notte.


F. Mercury

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COIO3

Uno stridente fracasso di balestre maltrattate venne a liberarci, me dal mio stupore, il mio compagno dal suo smarrimento.

Dalla portiera aperta di una Land Rover color cistifellea venne giu una valanga di carne umana, qualcosa che somigliava vagamente ad un Cimmero, come ai tempi di Conan il Barbaro.

Sulle prime sospettammo che la bestia fosse in qualche modo sentimentalmente coinvolta con la ragazza che avevamo importunato, o per meglio dire, che faccia di gomma aveva importunato, sia detto per amor di precisione.

Quando la valanga comincio' a muggire come un toro scatenato ogni dubbio scompari' dalle nostre menti; il silver-back, oh! Giusto Cielo, era il fidanzato di quella delicata e fine opera di cesello, di quella Venere del Botticelli.

No, signori miei, non esiste giustizia e nemmeno buonsenso a questo mondo, aspettatevi sempre il peggio e rimarrete sempre e comunque pienamente soddisfatti.

Il cimmero aveva il collo taurino; il bruto aveva le braccia taurine; la bestia era piantata su enormi gambe taurine; a dirla tutta gli mancavano le escrescenze cheratinose in fronte, tuttavia, a giudicare dalla facilita' con cui la sua ganza dava via le proprie cose, per le corna non avrebbe dovuto attendere parecchio.

Comincio' a saltellare pestando i piedi come se si ripromettesse di ricavare mosto da qualcosa che si fosse beccato sotto le suole degli stivaloni, pericolosamente appuntiti.

Lo vedemmo digrignare i denti mentre si spingeva i pugni chiusi contro le tempie, come dicesse a se stesso "non ci posso credere"; noi ovviamente, di qualunque cosa si trattasse, non provammo nemmeno a canvincerlo del contrario.

Si tolse i pugni dalle tempie e con gli stessi, dopo qualche istante, comincio' a piantarsi mazzate sul torace, colpi d'inaudita violenza e in rapida successione, come solo nei migliori documentari avevo mai visto fare.

Si vocifera che ognuno di noi si porti dentro al petto due cuori, uno d'asino e l'altro di leone; disgrazia vuole che entrambe i quadrupedi siano forniti di folta criniera cosi' come di criniera era dotata la pompa che quel mattino era in servizio attivo sotto le mie costole.

Se solo fossi stato capace di scollare la lingua dal palato, avrei potuto capire se di raglio o di ruggito fossi capace; se solo fossi stato capace di distogliere lo sguardo dal periglio, avrei potuto esplorarmi le pieghe inguinali, difatti non v'e' chi non sappia.....

Rercuperato un contegno unamo il bruto ci pianto addosso degli occhiacci pericolosamente arrossati, si rizzo' sulle punte degli stivaloni e spinse le braccia lungo i fianchi aprendo e chiudendo rapidamente i pugni.

Volemmo credere si preparasse a comunicare sebbene la sua barbara mimica facesse pensare al preludio di un imminente olocausto.

Sbraitando come un orso del Labrador ci fece capire che conosceva le nostre madri ma non ne serbava un buon ricordo e ci addito' come grandissimi figli delle medesime.

Ci lascio' intendere come egli stesso fose aduso a cibarsi di carne di porco, come la nostra, di preferenza all'alba, a prima fame, come si dice da queste parti.

Essendo mattino inoltrato, ci informo', avrebbe riservato a noi altro trattamento; promise che ci avrebbe messo le mani addosso e da quel momento in poi, a suo dire, non avremmo piu' avuto problemi di costipazione addominale.

Nessun avrebbe potuto tollerare siffatte ingiurie, neanche noi; il sangue ci monto' alla testa, cominciammo a vedere rosso e, ragliandoci l'un l'altro la nostra disperazione, ci demmo istantaneamente alla macchia.



B. Springsteen

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lucajack2cv

 :D Quest'uomo.. Quest'uomo.. 

(muoio)

Oui nous sommes les barbariens de la route..
 Flying home to you..

Watson

Domanda, ma la storia continua  (?) ....

... e "Iachino facci i gumma" sopravvive alla carica del taurino  (pugil)

(felice)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

COIO3

Ci allontanammo procedendo di moto uniformemente accellerato; io, personalmente, accellerai fino a quando non senti' i calcagni martellarmi ritmicamente all'altezza delle scapole e a quel punto cercai di mantenere la velocita' guadagnata.

Correvamo tanto veloci che temetti fossimo prossimi a squarciare il tessuto spazio-temporale che ci teneva in vita; temetti che da un momento all'altro saremmo stati precipitati in un buio pozzo infinito di tenebra eterna.

Bruciammo i tremila siepi in poco meno di nove secondi, un record.

Non saprei dire come finimmo dentro uno scantinato malamente illuminato da una luce giallastra; ci serrammo una porta alle spalle e ci accasciammo al suolo, esausti.

Col fiato mozzo mi guardai attorno spaurito e diffidente, come una lepre appena sfuggita alla tagliola; il locale puzzava fieramente, capi' di essere capitato dentro un laboratorio di analisi.

Un tizio in camice bianco ci guardo' per qualche istante poi, senza fiatare, torno' a concentrarsi su qualcosa che ritenni essere la fonte del suo reddito.

Riempiva una siringa dietro l'altra di un liquido scuro che odorava di reagente chimico e probabilmente lo era; vuotava le siringhe dentro delle fiale che contenevano un liquido immondo che odorava di urina vecchia e probabilmente lo era.

Il fatto che lo stesso non si allarmasse per la nostra rumorosa invasione non deve sorprendere piu' di tanto; non e' infrequente dalle mie parti che i medici vengano fisicamente aggrediti da pazienti poco pazienti, dai e dai ci si fa l'abitudine.

In questa luminosa Isola vige la regola "sbagliando s'impara", il fatto che anche la classe medica onori questa regola puo' quindi avere un senso, volendovelo trovare; non a caso la mia citta' vanta uno dei piu' apprezzati cimiteri monumentali dell'intera nazione.

Lentamente recuperammo per intero le nostre facolta' psicomotorie e ci guardammo in viso, io e il maldestro molestatore di leggiadre pulzelle.

Sentendosi in qualche modo responsabile per l'inconveniente occorsoci il ribaldo tento' di rabbonirmi dicendomi che "accidenti, stavamo per superare la barriera del suono"; lo disse con un sorrisino fesso stampato sul viso ancor paonazzo per l'immenso sforzo sostenuto.

Giudicai scandalosa la sua arrogante invasione nel mio personale campo di studi sicche' pensai bene di invadere anche io il suo personale campo di studi.

Gli consigliai di autosomministrarsi, non appena gli fosse stato possibile, un enteroclisma di un qualche drastico risolvente; accompagnai la prescrizione con un sorrisino appena accennato sulla mia faccia ancor gialla per l'immensa strizza patita.

Nel momento stesso in cui chiudevo la bocca, vidi la testa di Iachino crollare, come fosse stato un asino che stramazzi al suolo sotto il peso della propria soma.

Fui assalito dal dubbio di aver parlato troppo e male.

Sentirci impegnati in si dotte disquisizioni accademiche indusse il coprofilo a dubitare riguardo la liceita' della nostra ulteriore permanenza in quel luogo d'analisi escrementizie.

Ci invito' ad allontanarci, invito accompagnato dalla minaccia di spingerci fuori con le sue stesse mani, senza levarsi i guanti, verdastri, in lattice; ci congedammo senza indugio.

Non appena l'aria si fece piu' respirabile seppi con certezza di aver parlato troppo e male, in quell'occasione.

Il metodico analista poteva far finta di non vedere due fuggiaschi ma non aveva tollerato di assistere passivamente a quella che aveva l'aria di assomigliare ad una crisi coniugale.

La saggezza, come spesso accade, scelse la bocca sbagliata per diffondere il proprio verbo.

"Non imparerai mai ad abbassare la tavoletta, vero?", mi rimprovero' quell'inconcludente maniaco.

"Non avrei avuto motivo di alzarla se tu avessi tenuto a freno il tuo copriwater ", risposi piccato, felicissimo di cedergli il mio pesante fagotto di responsabilita'.

Sia detto a nostro onore, cessammo immediatamente di rinfacciarci i nostri torti, non aveva senso, non eravamo nemmeno sposati.

In qualunque consorzio vediate due individui che collaborano per ottenere un qualche risultato, bene, in quell'occasione state guardando due individui che, alla peggio, vedranno dimezzati i propri sforzi.

In qualunque consorzio vediate due individui che litigano senza che questo porti giovamento ad almeno uno dei due, bene, in quell'occasione state guardando due idioti che sciupano il proprio tempo.

Se non proprio questi, di tale natura erano i pensieri che popolavano le nostre menti in quel frangente.

Ma chi sto prendendo in giro? niente di serio, onesto o decoroso mi e' mai passato per la mente e se lo ho fatto non vi ha messo radici, non prima dei trentacinque anni comunque.

Preferimmo tacere percorrendo lentamente il buio corridoio, per riprendere fiato; sospettavamo, temevamo ci fosse da correre, ancora.



The Smiths

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COIO3

#7
Cacciati dal rifugio emergemmo dallo scantinato in prossimita' dell'ingresso sud dell'immenso nosocomio.

Iachino, per rendersi meno riconoscibile, si libero' del camice abbandonandolo su di una siepe di bosso derelitto; disse che era una pratica comune fra i medici, lo disse senza che io gli chiedessi ragione del suo operato.

Guadagnare l'uscita non fu impresa semplice, nulla attira l'attenzione degli sfaccendati quanto chi cerchi di passare inosservato.

Scegliemmo un vialetto ombreggiato che puntava in direzione della rampa d'accesso alla struttura e cominciammo la fuga.

Stavamo per sbucare fuori dal vialetto quando, come fosse in agguato, ci si paro' davanti una figura d'uomo vestito di nero.

Quel "malaugurio" era avvolto in un ampio e luguberrimo tabarro uguale, penso, a quelli in uso agli edepti della carboneria nel diciannovesimo secolo.

Allargando le braccia, quasi si preparasse a concupirci, ci chiese, con voce untuosa, se avessimo mai pensato seriamente alla morte; cosi' dicendo ci infilo' in mano dei cartoncini che odoravano di fiori appassiti e davano mostra d'essere biglietti da visita.

Senza dargli il tempo di scoprirci sorpresi risposi che "si, neanche a farlo apposta, avevo proprio pensato alla morte, appena una decina di minuti prima"; cosi' dicendo rivolsi uno sguardo ironico a Iachino che, nel frattempo, si era infilato la mano libera dentro la tasca per una "punizione a due".

Nell'attesa che faccia di gomma proseguisse l'azione con la palla che gli avevo appena elegantemente passato buttai un occhio al cartoncino.

La "Tadarida Brasiliensis S.A.S", prometteva di riservavare una degna sepoltura a tutti quelli che lasciavano in vita qualcuno che potesse spendere con ampia disponibilita' di contante.

Iachino ando' a rete nel giro di due secondi; disse di aver gia contribuito a portare clienti alla categoria e in conseguenza di cio', al momento, si stava concentrando nella ricerca di un penalista che fosse in grado di sostenerlo in primo grado.

L'uccellaccio si allontano' mostrandoci le palme delle mani in segno di resa e chinando il capo in segno di rispetto.

Tornati padroni delle nostre mosse ci liberammo dei cartoncini bordati di nero lanciandoli dentro un'aiuola, polvere alla polvere, cenere alla cenere, sudiciume al sudiciume.

Senza dare l'impressione di essere in fuga ci affrettammo sulla via, ignorando, per quanto possibile, un buon numero di sinistri individui dei quali il nosocomio pareva fosse pieno.

Un venditore di paccottiglia ci offri' un palloncino a forma di gallinaceo, disse che andavano molto di moda in quel periodo; in alternativa ci consigliava un portachiavi "faunistico", due scimmie che simulavano il coito; "questa roba va forte", ci informo'.

Un addetto alle cucine ci offri' un contenitore zeppo di cibo rifiutato in corsia; volendo potevamo portar via anche il contenitore, con minimo sovrapprezzo; ci consiglio' di approfittare della generosa offerta, a suo dire i porci andavano matti per quella roba.

Una donna dalla voce sospettosamente profonda ma che odorava di gelsomino dell'Aspromonte si pregio' di informarci, con accento vagamente lusitano, che se era compagnia che cercavamo, bene, che sospendessimo ulteriori ricerche, l'avevamo trovata; disse di chiamarsi Furia, come il celeberrimo cavallo nero.

Un infermiere guercio ci domando', a bassa voce, se fossimo degli scappati di casa; la sua non era semplice curiosita', per poche centinaia di biglietti da mille ci offriva vitto e alloggio a tempo indeterminato, in corsia, presso "Chirurgia Sperimentale"; il primario, un certo Josif Mengele, ultranovantenne, non avrebbe fatto caso alla nostra presenza.

L'ultimo intoppo realmente degno di nota, lo superammo proprio in vista del traguardo, vicino alla rampa d'accesso.

Scorgemmo una ragazza dalla faccia buona e gentile che brandiva un libro voluminoso come se volesse darlo addosso a chiunque gli capitasse a tiro.

Quando le passammo accanto, invece di colpirci con quello che si rivelo' essere un libro di preghiere, ci chiese, con voce soave, se sapessimo di possedere un'anima.

Faccia di gomma tiro' diritto, io mi fermai ammaliato.

Raramente guardavo il viso delle ragazze all'epoca, non subito perlomeno; in quel caso non si poteva fare altro, quella predicatrice era talmente ricoperta di vestiario da poter raccogliere more in un roveto senza graffiarsi.

L'ovale del suo angelico viso parlava di comunione dello spirito e di mortificazione corporale.

Il suo esile collo alabastrino era circondato, all'altezza dell'ugola, da un colletto che ornava la parte superiore del suo saio di monastica fattura e che faceva pensare alla corolla di un fiore.

Come due palpitanti tortorelle vidi le giugulari sforzarsi, strozzate com'erano, di pomparle sangue al cervello.

Altro non potei vedere, ugualmente rapito ne rimasi.

Iachino guardandosi attorno nervosamente, come fosse determinato ad evitare una qualche catastrofe che presentisse imminente torno' indietro e, uncinatomi all'altezza del gomito, si sforzo' di liberarmi dai lacci con i quali la maliarda mi aveva soggiogato.

La ragazza, vedendosi portar via quello che credeva fosse un futuro adepto, gli ripete' la stessa domanda di prima, e lui, sgarbatamente, le rispose che sapeva benissimo di possedere un'anima ma non intendeva cederla, a meno di non ricevere una sostanziosa offerta in dollari; non avrebbe accettato altra valuta, concluse.

Scandalizzata, la ragazza comincio' a redarguire faccia di gomma, con voce dura, usando oscuri termini ecclesiastici; termino' la reprimenda intimandogli di non sciupare gli ultimi sette giorni, e cosi' dicendo si pose la mano sul cuore rivelando, suo malgrado, un petto che raccontava della creazione e della costola d'adamo.

Iachino, frapponendosi fra me e la costola che sapevo mancarmi, sibilo' alla ragazza di smettere di fare la gatta morta, oppure, nel caso non riuscisse ad impedirsi di farlo, che almeno cambiasse sarta.

La ragazza, vistasi sopraffatta da quel satiro nerboruto, si segno' e poi si allontano' per consultare il suo librone, usando un laccio rosso per aprirlo, quasi a meta' delle pagine.

Riguadagnatomi al peccato, il satiro mi trascino' via promettendomi, se solo avessi smesso di sbavare, di presentarmi la sorella di "Debhora la sciantosa" che minacciava di voler prender i voti prima dell'estate, se solo non avesse trovato uno straccio di maschio nel frattempo, come seppi in seguito.

Non ho mai accettato mezze misure per quello che concerne le faccende di cuore; recalcitrando dichiarai che se non potevo avere una santa allora non avrei accettato niente che fosse meno di una sciantosa.

Iachino mi promise la sciantosa e io mi lasciai portar via.



Zucchero

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COIO3

Passammo davanti al gabiotto del custode, occupato da un tutore delle forze dell'ordine che avrebbe dovuto garantire l'uso della rampa d'accesso ai soli veicoli autorizzati; per quanto gli concerneva "Caron Dimonio" in persona avrebbe potuto traghettargli frotte di dannati urlanti sotto gli occhi senza vedersi intimare l'alt.

Lo indovinammo impegnato a pascersi di approfondimenti sportivi, attingendo da un quotidiano color "Rosa Fumetto".

Alle sue spalle erano accatastati vari contenitori somiglianti in tutto e per tutto a quelli stessi che avremmo potuto acquistare poco prima e a poco prezzo.

Proprio sopra i contenitori era appeso un calendario sponsorizzato da un'azienda specializzata nella produzione di guarnizioni d'attrito per mezzi pesanti; un'accaldata fotomodella garantiva, ammiccando, la qualita' dei prodotti.

Accanto al profano calendario era appeso il poster della bandiera Statunitense tipograficamente decorata dall'impegnativa promessa: "In God We Thrust".

Rimunginando su quella promessa scritta giudicai che, tutto sommato, nessuno avrebbe potuto pretendere un guardiania piu' qualificata.

Mi sorpresi a pensare che non mi sarebbe dispiaciuto essere pagato per fare quel tipo di lavoro, in fondo si trattava di dare una leggera mano d'aiuto a Uno che il mestiere lo conosceva davvero.

Sul vetro del gabiotto, insolitamente pulito, un cartello prometteva "Alvarez riceve qui, rivolgersi al personale in servizio".

Fuori dal gabiotto, proprio all'altezza della promessa di Alvarez, una tetra ammiraglia mercedes occupava per intero la rampa d'accesso pretendendo di usarla come rampa d'uscita; era guidata da un distinto gentiluomo che aveva l'aria di aver appena commesso un'efferato delitto ma che non disperasse tuttavia di farla franca.

Un pulmino Fiat 850 Panorama, di proprieta' del "Pio Ricovero Del Lacero e Del Ramingo", occupava per intero la rampa d'accesso pretendendo, giustamente a mio modesto avviso, di usarla come rampa d'accesso; il pratico mezzo era guidato da una voluminosa suora che aveva tutta l'aria di essere prossima ad andar fuori dalle grazie di Dio.

Dietro il pulmino martellava asmatico un motocarro Guzzi, ansioso anch'esso d'accedere alla struttura; aveva il cassone pieno di contenitori che si autodenunciavano come idonei al trasporto di Rifiuti Tossici Speciali; il pilota del gagliardo mezzo sembrava li portasse addosso i rifiuti speciali, dalla cabina di pilotaggio si diffondeva un rubusto sentore di birra acida ed ovile affollato.

Dietro il motocarro si divincolava a fatica una lunga teoria di veicoli rabbiosamente determinati a proseguire lungo la diritta ed angusta via che si portava quella stessa rampa d'accesso come una perenne spina nel fianco.

La situazione che si era venuta a creare prometteva di arricchirsi di minuto in minuto di interessanti e gustosi sviluppi tanto che avrei voluto fermarmi per godere dell'imprevisto spettacolo che si stava allestendo, ma Iachino non volle saperne.

Finalmente liberi e salvi sgusciammo via fra le vetture incolonnate.



Simple Minds

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Gianni Gandini

Complimenti ma .............

.... meno male che sono io quello che, non facendo nulla, ha tanto tempo libero!  ;D ;D ;D
Arrivando a Genova vedrai una città imperiosa, coronata da aspre montagne, superba per uomini e per mura, signora del mare.
Francesco Petrarca (1358)
Chi da a mente a tutte e nuvie, no se mettià mai in viagio.  Corona nobilium, crux populi, griphi notariorum.

Watson

Tu non sai, ma penso di aver trovato la fonte delle sue ispirazioni....

.... il suo rifornitore personale, neh  ;).....
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

gio K 5000

"liberiamo i telai marci!"

da zero a cento? in giornata....

scanner79

Grande Mimmo!!!!

Un mito!!!

Vi assicuro che dal vivo è ancora peggio!!!

(felice)
Certe volte è meglio tacere e passare per idioti che parlare(scrivere) e dissipare ogni dubbio!!!

COIO3

Citazione da: GIANNI da Genova - 17 Dicembre 2009, 23:15:56 PM
Complimenti ma .............

.... meno male che sono io quello che, non facendo nulla, ha tanto tempo libero!  ;D ;D ;D

Non e' questione di tempo libero, 'sta roba mi tracima dal cervello senza che io mi sforzi di produrla; ho cominciato a considerarla alla stregua del cerume delle orecchie; magari non proprio quotidianamente  ;D  ma bisogna pur disfarsene, giusto?

Il vero sforzo e' cercare di mettere la sella a quell'indomabile puledra che e' la lingua italiana; per quanto penoso mi possa risultare era ora, penso, che mi decidessi ad imparare questa benedetta lingua madre  (appl)

io proseguirei, se non e' di disturbo  (muoio)


Bye. Mimmo.
Whatever Works ;)

Gianni Gandini

#14
Disturbo? ? ? ? ? ;D (su)

Prego si accomodi!!!!!  ;D (superok) (su)
Arrivando a Genova vedrai una città imperiosa, coronata da aspre montagne, superba per uomini e per mura, signora del mare.
Francesco Petrarca (1358)
Chi da a mente a tutte e nuvie, no se mettià mai in viagio.  Corona nobilium, crux populi, griphi notariorum.

COIO3

Perche' ci fosse tanta fauna esotica entro il perimetro di un luogo di cura non posso saperlo con certezza, probabilmente per lo stesso motivo per cui le mosche cavalline bazzicano dentro le stalle; in ogni caso sapevo per certo che l'esotismo non era relegato alle sole zone perimetrali.

A tal proposito mi viene in mente un episodio che mi vide protagonista qualche settimana prima, nello stesso luogo.

Ci eravamo accordati, io e faccia di gomma, di impegnarci in una raccolta di fondi da investire in una corsa di cavalli che si sarebbe tenuta la domenica mattina seguente, all'alba, lungo il torrente Giostra.

Ci eravamo accordati, io e faccia di gomma, di incontrarci presso il reparto di Terapia Intensiva di Medicina dello Sport.

A giudicare da quanto lo stato investiva nella Sanita' Pubblica, un'ospedale era il posto migliore per mettere insieme una somma decente.

Ero uscito di casa molto presto, per guadagnare tempo; avrei voluto usare la mia cavalcatura a motore e qualcosa mi faceva presagire che avrei dovuto faticare parecchio per convincerla ad accompagnarmi.

Venti minuti dopo, madido di sudore e pieno di pazza rabbia, saltai sul primo bus diretto verso sud.

Il bus era insolitamente vuoto e occupai un sedile senza dover litigare con nessuno; il bus andava insolitamente spedito, le auto si scansavano per farci passare, incoraggiando la vettura a colpi di clacson.

In attesa nelle affollate fermate, quasi tutti mi salutavano sghignazzando e producendosi in gesti poco costumati, guardandosi bene dal salire in vettura.

Cominciai a ricambiare i saluti sforzandomi di sorridere giovialmente e descrivendo traiettorie circolari con il pugno chiuso dal quale lasciavo che emergessero il mignolo e l'indice, in posizione eretta; i beneficiari, vedendomi contento, raddoppiavano i loro sforzi.

Ovviamente, prima di salutare, aspettavo che il conducente chiudesse le porte, una cosa e' la giovialita' ben altra la coglioneria.

Capii di essere montato, senza avvedermene, sulla vettura che copriva l'infelice tratta numero 7; in compenso arrivai a destinazione in forte anticipo.

Iachino rimase inspiegabilmente turbato mentre lo salutavo.

Era alle prese con una nervosa laureanda che lo fulminava con occhi spiritati e lo strattonava appendendoglisi al bavero del camice, come a chiedergli ragione di qualcosa che lei stessa non sapeva spiegarsi.

Iachino, scuro in viso, mi chiese di attendere nel corridoio mentre lui, nel giro di qualche minuto, avrebbe ragguagliato la ragazza riguardo qualcosa che, evidentemente, stava molto a cuore ad entrambe.

Dico cio' perche', mentre lui mi indicava la porta che dava sul corridoio, lei era gia pronta con la mano sulla maniglia della stessa per chiudermela dietro, a chiave, come mi parve di udire.

Mi allontanai per dar loro modo di ragguagliarsi per benino, senza mettergli fretta; daltronde, trattandosi di terapia intensiva, non ne avrebbero avuto per molto.

Bighellonando per i corridoi con aria di studiata indifferenza trovai una porta socchiusa a cui qualcuno aveva attaccato il poster dei Kraftwerk; ci infilai la testa dentro e, in un ambiente saturo di piume, vidi due cattedratici che si rincorrevano girando attorno ad un mastodontico macchinario per radiografie.

Impegnati nella loro inspiegabile giostra, i due canuti luminari mostravano di sapersi esprimere con la stessa garbata franchezza con cui due garzoni di macelleria dimostrano di essere insoddisfatti del proprio apprendistato.

Si avvidero della mia presenza proprio mentre un bellicoso gallinaccio mi si avventava contro, cercando di cavarmi gli occhi.

Vistomi aggredito, reagi' istantaneamente assestando una vigorosa pedata nel deretano del diabolico oviparo il quale, com mia grande soddisfazione, mostro', se non proprio di aver gradito il trattamento, quantomeno di aver capito l'antifona.

La mia determinazione mi guadagno' la fiducia dei due luminari; mi invitarono ad entrare e mi chiesero collaborazione promettendomi una lauta ricompensa.

Accettai sui due piedi e, complice una innata predisposizione alla crudelta' nonche' una robusta montatura dotata di cristalli al piombo, ebbi rapidamente ragione del diabolico pennuto.

Consegnai il gallo, vivo e vegeto, seppur indignato, dopo avergli legato le zampe con una fascetta simile a quelle che usano in ostetricia per impedire che qualcuno si porti a casa il figlio di qualcun'altro.

Ci guadagnai un'impegnativa per radiografie, in bianco, da usare a mia discrezione nonche' l'impegnativa verbale di non recare eccessivo nocumento al volatile, in ogni caso non piu di quanto non gliene avessi gia arrecato io stesso.

I due professori non avevano voluto sentir parlare di vile denaro e la cosa mi sorprese parecchio, fonti attendibili mi avevano informato diversamente, senza ombra di dubbio e carnet alla mano.

A dirla tutta non vollero nemmeno spiegarmi cosa ci facesse un gallo dentro un'ospedale, "segreto professionale", dissero, vincolandomi implicitamente al silenzio; a me quel gallo faceva venire in mente i capponi del buon Tramaglino, tuttavia tenni il pensiero per me solo.

Quella mattina i due studiosi, forti della mia collaborazione, poterono coronare di successo le loro ricerche in campo radiologico.

Quella mattina Iachino e la spiritata, forti della loro collaborazione, portarono felicemente a termine la loro prova da sforzo, seppur distanti da cardiologia.

La domenica mattina divisi equamente con faccia di gomma il ricavato dell'impegnativa radiologica che rivelo' avere un notevole, quanto insospettato, valore di scambio, perlomeno lo aveva nell'ambiente delle corse clandestine.

Per quel che mi riguarda, feci la mia puntata ma non ebbi fortuna, "CantaLaNotte", rinomato stallone locale, usci' sonfitto, per due lunghezze, dalla sfida contro "KuluVasciu", castrone focosissimo, seppur basso al garrese.





Cars

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Whatever Works ;)

COIO3

Una volta usciti dalla struttura, mescolati tra la folla, l'infame bontempone sembro' recuperare subitaneamente e per intero il suo inestinguibile buonumore.

Osservo' come la mia deambulazione apparisse scoordinata e vagamente "dilatata".

"Non ti preoccupare" mi conforto', spiegandomi che non appena le teste dei miei femori avessero ritrovato la propria sede naturale avrei recuperato la piena funzionalita' degli arti inferiori nonche' una postura "maschiamente dignitosa".

Di solito mi risultava gradevole il suo umorismo signorile e raffinato ma in quell'occasione lo trovai oltremodo indigesto.

In primo luogo perche' realmente avvertivo dei dolori articolari, come se fossi appena sceso dal lettino del ginecologo; in secondo luogo perche' quella scimmia lasciva non sembrava avesse sofferto granche' a causa del galoppo sfrenato a cui ci eravamo sottoposti.

Mi voltai inviperito domandandogli che fine avrebbe fatto la sua, di mascolinita', se per caso il bruto urlante fosse riuscito a rettificargli il collettore di scarico, come prometteva di fare.

Gli rinfacciai inoltre come non mi sembrasse molto virile il fatto che per correre piu' velocemente si fosse tirato il camice sui fianchi, come fosse stato una vecchia comare che tentasse di preservare la propria illibatezza dalla libidine violenta di un carrettiere ubriaco.

Forse fu l'immaginare la scena che cosi' pittorescamente avevo appena  descritto o forse fu proprio la tensione nervosa che andava allentandosi, fatto sta che cominciammo a ridere, in un primo momento sommessamente, a bocca stretta, poi via via sempre piu' sgangheratamente per finire in un parossismo di ilarita' che ci procurava l'irrefrenabile stimolo alla minzione spontanea.

Dopo qualche minuto, per il gran ridere, fummo vinti da un intenso dolore addominale che, tormentandoci le viscere, ci costrinse a ritornare seri, appena in tempo per riportare a case le brache asciutte.

Massaggiandosi l'addome dolorante quell'emerito discepolo d'Ippocrate sentenzio' che si rendeva necessario un intervento di natura omeopatica; a suo dire, volendo curare il simile con il simile, nulla si sarebbe dimostrato piu' efficace di una ricca padellata di roba fritta; una birra "bella fresca" avrebbe aiutato i succhi gastrici a portare a termine il lavoro.

A quel tempo non sapevo nemmeno di averlo il fegato sicche' la proposta di una frugale colazione di mezza mattina mi trovo' pieno di famelico entusiasmo; ci vuotammo le tasche, frugandoci l'un l'altro, amichevolmente, e risulto' che lui aveva abbastanza spiccioli per affrontare la faccenda legalmente.

Non era un'idea brillante quella di recarsi in una friggitoria avendo i soldi contati ma, come tutti sanno, c'e' un'eta' per la saggezza cosi' come c'e' un'eta' per le disfunzioni erettili; noi non avevamo l'eta' per preoccuparci dei soldi cosi' come non ci preoccupavamo di qualsivoglia altra disfunzione, d'altronde non v'e' chi non sappia ...........

Attraversammo la strada diretti alla "Meson della Scagliozza", scritto proprio cosi', all'angolo ovest dello Stadio Comunale.

Il fatto che il Policlinico Universitario fosse stato edificato a pochi metri dallo Stadio Comunale non deve sorprendere.

Ai tempi in cui le strutture furono edificate la gente era solita camminare a piedi sicche' il viottolo interpoderale che garantiva l'accesso ad entrambe risultava piu' che adeguato; in ogni caso le strutture giacevano, e continuano a giacere, sulle opposte e distanti sponde dell'ampio torrente Gazzi (si chiama proprio cosi', io non ne ho colpa, e comunque si pronuncia con la zeta dolce).

Nei tempi andati la "Meson" era una friggitoria semovente ricavata nella struttura di quello che appariva essere il celeberrimo "Leprotto OM"; cosi' si poteva dedurre osservando il fiero ghigno espresso dalla griglia del radiatore.

Si trattava di uno di quegli infaticabili mezzi che venivano ridotti all'osso girando, per il lungo e per il largo, l'operosa pianura padana; una volta che fossero stati radiati dal parco circolante i suddetti mezzi vivevano una seconda giovinezza qualora la sorte, o chi per lei, gli avesse fatto imboccare la "Salerno-Reggio Calabria", imboccare in direzione sud, ovviamente.

Potevo ancora ricordare i tempi in cui quel mezzo riusciva a sostenersi sulle sue stesse ruote.

Negli anni, come spesso accade, lungo tutto il perimentro della struttura metallica comincio' a fiorire, spontaneamente, un robusto cordolo di conglomerato cementizio che, al momento e suo malgrado, vincolava la suddetta struttura a quello che nelle carte bollate ci si ostina a definire "suolo pubblico".

Quella impresa commerciale era nata dal sodalizio verbale di due amici che con una stretta di mano erano diventati anche soci; col tempo ne rimase soltanto uno.



Aerosmith

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COIO3

Ci infilammo dentro la densa caligine che circondava perennemente la Meson e i suoi avventori.

Scansammo un pachiderma che sembrava custodisse una boa da ormeggio sotto la maglia e Iachino, che si era guardato bene dall'affidarmi le sue monetine, si incarico' di ordinare due birre "belle fresche" e due porzioni "abbondanti" di scagliozze.

Si espresse con un tono di voce secco, come chi fosse abituato a non ripetere due volte gli stessi ordini.

Il cambusiere, come si dice in questi casi, non se ne dette per inteso e continuo' a fissare la fitta nebbia che lui stesso si incaricava di alimentare con quotidiana pervicacia.

Si scosse dal suo torpore comatoso solo quando faccia di gomma gli mostro' la mano aperta, mano nella quale quell'inquietante individuo butto' un solo occhio e per una breve frazione di secondo.

Come facesse a muovere gli occhi indipendentemente uno dall'altro era continuo oggetto di discussione fra i clienti occasionali, piu' che altro mormorazioni condotte a bassa voce, fra ripetuti segni della croce; gli aficionados invece gli riconoscevano quella dote e non ci facevano piu' caso.

Contare i denari con la rapidita' del fulmine era invece dote diffusissima fra i commercianti dell'isola e, probabilmente, frutto di atavica miseria.

Il dispensatore di leccornie stappo', con le unghie, due bottiglie di "Birra Messina" e le lascio' cadere con malagrazia sul bancone, tanto lucido e tanto unto che le dovemmo rincorrere per un pezzo, per impedire che andassero a rovesciare il loro contenuto fuori dalle nostre gole.

Stacco' dalla parete alle sue spalle un cestello che somigliava ad una giostra per criceti e probabilmente lo era; cosi' facendo disturbo' una imprecisata quantita' di mosche che evidentemente svernavano li.

Subito dopo alzo' il lembo di una federa di cuscino, molto maculata, e con gesti saettanti comincio' a raccattare scagliozze trasferendole nella giostra, in quantita' equivalente alle monetine intascate, dedotte le birre.

Torno' immobile dopo aver immerso la gabbia per criceti dentro una pentolaccia nera, come la coscienza di un assessore all'urbanistica.

Durante l'operazione nemmeno per un istante stacco' gli occhi dalla nebbia.

Si favoleggiava riguardo la broda fumante dentro cui le scagliozze venivano fritte; si dava per certo che fosse nera, come la morchia che decorava le smisurate unghie del capo-chef.

In realta' nessuno conosceva la composizione della mistura, se di quello si trattava; l'unica cosa su cui i consumatori finali concordavano era che non si trattasse di olio, perlomeno non soltanto olio.

Va specificato che le scagliozze altro non sono che sottili triangolini di polenta di mais o di ceci, materia vile; solo la prolungata immersione nella magica pozione  riusciva a trasformare quella pastura per volatili in una deliziosa leccornia.

Molto tempo prima, per una sola volta, avevo assaggiato scagliozze fritte in olio di semi e ne avevo tratto la sensazione di stare succhiando il manico di un giravite.

Quella pozione, miracolosa e benefica per ingestione, risultava essere perniciosa all'organismo umano nel caso di uso esterno.

L'abulico ibrido che ne possedeva il segreto e che ne respirava gli effluvi in dosi massicce ne aveva subito i devastanti effetti vedendosi distruggere le zone del cervello che presiedono all'uso del linguaggio; era sotto gli occhi di tutti.

Iachino nella sua giovanile impazienza, sentendosi montare l'acquolina in bocca, si permise di suggerire al cuoco una cottura non troppo prolungata; non si espresse sgarbatamente, non quella volta.

Resta il fatto che rinuncio' ad ulteriori consigli quando vide le unghie retrattili del cuoco affondarsi nel tavolaccio di legno di faggio che una targhetta denunciava come inventariato presso l'Istituto di Medicina Legale, nel 1939.

Avevamo appena terminato le birre e stavamo ancora strizzando le bottiglie, come si fa con i limoni, allorche' la creatura della notte lacero' con le affilate unghie le pagine di un quotidiano ricavandone due cartocci conici a doppio strato.

Tiro' fuori la gabietta dalla broda e lancio' in aria il contenuto facendo in modo che i croccantini trovassero posto nei cartocci mentre l'alchermes residuo precipitasse nella pentolaccia; rimanemmo affascinati dalla sua saettante maestria.

Anche stavolta durante l'operazione in nessun momento stacco' gli occhi dalla nebbia.

Anche stavolta uso' il consueto garbo nel posare i cartocci sul bancone a cui, per loro stessa natura, rimasero incollati.

Non altrettanto fecero le scagliozze che si dispersero per buona parte lungo il polveroso margine del cordolo di cemento; le raccogliemmo senza fiatare e le ricacciammo nei rispettivi cartocci.

Mi impadroni' della saliera che sul momento credetti essere realizzata in vetro di Murano, dato che da quelle parti hanno il cattivo vezzo di colorare il vetro affinche' non risulti trasparente, e quello non lo era.

A quel tempo erano le donne l'unica cosa in grado di farmi montare la pressione sanguigna, tuttavia non ho mai prediletto le pietanze troppo sapide sicche' mi limitai ad una vigorosa spolverata di quello che sembrava sale non raffinato, aveva un colore che tirava al marrone scuro.

Iachino era di gusti piu' ruspanti, strappatami dalle mani la saliera comincio' ad irrorare il suo cartoccio come se volessere spegnere un incendio; smise soltanto quando gli feci notare che i capillari dei bulbi oculari dell'highlander si stavano riempiendo di sangue viola.




Queen

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Gianni Gandini

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COIO3

Le deliziose scaglie croccanti cominciarono a saltellarci fra le dite quasi trepidassero ansiose di precipitarsi nei nostri esofagi.

Socchiudendo gli occhi ci lasciammo travolgere da un bouquet di sensazioni.

Le mie parlavano di stoccafisso norvegese, quelle di Iachino raccontavano di capitone in umido; in una parola, era una magia per il palato e per l'olfatto.

Il tempo parve fermarsi mentre venivamo rapiti da un vortice di emozioni che ci permise di partecipare della medesima ineffabile estasi che promanava dalla muta e fumosa coscienza dell'abulico nosferatu.

Non duro' a lungo.

Dopo qualche istante, l'imperturbabile ungulato tiro' fuori da un calderone nero, come la coscienza di un democristiano, un cestello di lavatrice zeppo di croccantini dorati che saltellavano come fossero vivi e lo porse all'elefante che avevamo scansato poco prima.

Questi allungata la zampaccia tiro' a se il cestellone e comincio' a spingersi nelle fauci scagliozze incandescenti, un pugno dietro l'altro, come se, invece di ingoiarle, preferisse conficcarsele nel tronco encefalico.

Non posso pensare a quell'individuo senza un moto di disgusto.

Aveva dei pantaloni che facevano pensare a delle maniche a vento che, tempo prima, avevo visto sventolare all'aerporto di Fontanarossa.

La magliettona che lo ricopriva era stata ricavata da una carta geografica in tessuto plastificato.

Sullo stomaco si allargava il Mar Caspio; dietro, all'altezza delle natiche, si scorgeva a destra l'isola di Giava mentre a sinistra si indovinava la sagoma di Sumatra; in mezzo, il canale della sonda riportava alla mente la terrificante bocca eruttiva dell'immane krakatoa.

L'espressione ottusamente porcina decorava un cranio policromo che aveva le dimensioni di una damigiana, vuota.

Guardando cisti, pustole, cicatrici, eczemi e ciuffi di pelo rado mi parve di ravvisarvi i contorni geografici del deserto dei tartari; ci stava tutto.

Su un braccio era tatuata la frase "Mamma Perdonami", sull'altro si poteva leggere "Babbo, pagami l'avvocato".

Aveva una pappagorgia tanto vasta che, lungo la circonferenza, ci si sarebbe potuto tatuare per intero: "Ciambella salvagente, non e' un dispositivo di sicurezza, usare esclusivamente in acque basse e sotto la supervisione di un adulto".

Masticando emetteva rumori che facevano pensare all'indemoniato di Gerasia.

Terminato in una manciata di secondi il fiero pasto, il "sus bucculentus" si produsse, senza preavviso, in una micidiale fumata nera a mach 2 che ci investi' come una raffica di grecale, riuscendo a dissipare la densa cortina fumogena che ci nascondeva allo sguardo dei passanti.

Fra lo sbigottimento generale, un vecchio marinaio sordo smise di ciucciare dalla bottiglia e, spalancati entrambe gli occhi, affermo' che quel fragore gli ricordava il varo inaugurale della poderosa e modernissima motonave Iginia.

A commento di queste parole scoppio' un'uragano di applausi frammisti a fischi d'approvazione;  vi furono anche ampi gesti amichevoli e benauguranti, da parte di tutti i commensali.

Tornata la calma, io e faccia di gomma, con il massimo candore, ci rivolgemmo allo jeti e all'unisono gli domandammo: "Tutto a posto?" facendo in modo che la esse di posto sibilasse come la esse di sci.

Il facocero fece un cenno affermativo con il capo e si allontano' ballonzolando, senza ulteriori esibizioni, bonta' sua.



Smash Mouth

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Watson

Il primo, figlio nobile dell'alta borghesia, l'altro , ultimo schiavo della gleba.

Iachino terzo di quattro fratelli, era nato in uno sperduto paesino arroccato su una spoglia montagna e diviso in due dall'omonima fiumara Borghesia che divideva la parte alta, da quella adagiata sulla spoglia campagna.

La madre Immacolata Concetta si era risposata dopo aver dato alla luce altre 6 figlie, per via della morte prematura del suo primo marito (si mormora che si fosse esaurito nell'epica impresa di avere finalmente un erede masculo);

Il padre Nobile Umberto, di antiche origini sabaude, pronipote di un garibaldino originario di Cavour, che sbarcato in Sicilia con la famosa spedizione dei Mille, rimase bloccato sull'isola per un improvviso sciopero dei traghettatori dello stretto di Messina;

insieme alla moglie e a tutta la numerosa prole, si occupava di portare avanti l'attività dell'antico avo, grande esperto in esplosivi, che si traduceva nella più grande impresa famigliare dell'isola, sulla fabbricazione dei fuochi pirotecnici.

Ogni mattina tutta la famiglia scendeva dalla lunga scalinata che collega l'umile dimora posta nella parte più alta del piccolo paesino, per raggiungere la sottostante strada e l'ancor più sottostante campagna, dove tra una macchia di arancio, ed una d'olivo si trovava l'ancor più umile laboratorio;

la vita di Iachino venne da subito segnata da questi suoi frequenti spostamenti o a dirla papale papale, la sua vita venne fisicamente segnata da questi frequenti ruzzolamenti con sbattimenti di capa e corne, che comportavano visite quasi giornaliere al lontano policlinico del capoluogo;

per sua grandissima fortuna, non potendo i suoi genitori assentarsi dalla loro frenetica attività, i trasferimenti verso il capoluogo avvenivano grazie all'interessamento delle tre sorelle Lescano, vicine di casa, le quali si prodigavano in lunghe serie di commenti amorevoli e di toccamenti al confine del lecito, che segnarono per sempre l'esistenza del povere piccino;

che da quei lontani giorni diventò per tutti Iachino facci di gumma, sciupa femmine di professione e studente fuori corso di medicina.



L'altro, figlio unico di una giovane coppia, il padre Maestro di letteratura russa, la madre giovane archeologa di storia antica e defunta, dopo aver vinto una borsa di studi sulla tesi "l'arca ai tempi dei due cavalli di mesopotamia...", si recarono nella lontana Turchia per ricercare gli stimoli per una grande impresa, ma furono interrotti dalla scoperta di aspettare un piccolo bebè;

dopo che Margherita, la madre, finì di svezzarlo, venne affidato alle cure di una giovane collaboratrice che si prese in carico anche i figli di altre 4 ricercatrici femmine, combinazione nati tutti nello stesso periodo, preoccupandosi di riportarli sani e salvi nella natia  terra del loro padre;

il fato volle che giunti a Sirmione per imbarcasi verso la sicilia, le indicazioni di un locale marittimo, un certo Behemot, li portarono verso un mercantile tedesco, il Woland, che aveva si come destinazione finale la città di Arcangelo sul mar Bianco, ma prima doveva affrontare uno scalo nella lontana Vladivostok sull'oceano Pacifico;

durante la lunga traversata del globo terraqueo, l'altro crebbe forte e vigoroso, con uno spiccata propensione alla scoperta del firmamento celeste e dei complessi calcoli matematici per conoscere la posizione precisa del mercantile lungo il suo tortuoso navigare per tutti i sette mari conosciuti;

divenne il servo fedele della povera collaboratrice Gleba Nataša, che alle prese con i 5 fanciulli, spesso e volentieri dimenticava cosa fare e come chiamarli, rimanendo per sempre affascinato dal suo aspetto angelico e delicato.

giunti finalmente nella città natale dei suoi genitori, ebbe la fortuna di essere parcheggiato presso una locale comunità ex-sessantottina, dove fece conoscenza e amicizia con una folta schiera di pittorici personaggi, tra cui Iachino facci i gumma.



Dall'incontro di questi due nacque una sincera amicizia, trasformatasi ben presto in una lunga corsa verso improbabili ma reali avventure, in cui Iachino e l'altro saranno lieti di raccontare se solo seguirete l'evolversi di queste pagine.


Attenti a quei due


John Barry

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COIO3

Toni, onoratissimo di accoglierti su questo 3d, e grazie per lo sforzo di fantasia in cui ti sei prodotto  (superok)

Dovremo ricordarci di ringraziare tutti quelli che contribuiscono a tenere acceso questo forum.

In quale altra palestra io e te potremmo esercitare i nostri muscoli?  (muoio)

Allo stato attuale mi manca la musica ma io non ho fretta, l'ispirazione e' come la jella, prima o poi ti si attacca addosso.

Mi servirebbe qualcosa che suonasse con tonalita' dantesche; se puoi aiutami, in ogni caso non mettermi fretta  ;D



Cranberries

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pata2cv

#22
è bello ascoltarsi una vecchia o nuova canzone chessia..  ma diciamocelo e condividerne le sensazioni, sperando vengano recepite nel medesimo modo è ancor più piacevole
regalare è meglio che ricevere ed è spesso vero  ;D
quindi BECCATEVI 'sta samfing di george Harrison
...mi soffermerei sul video che penso non essendoci all'epoca nessuna clip da associare abbiano  fatto questa sorta di montaggio, dove si notano le tipe e mogli dei quattro baronetti, mi piace notare e condividere queste immagini e tralascerei un po la canzone
I visi angelici senza zigomi alla joker di Batman o labbra rifatte, nasi caratteristici ed importanti, cuprosi, belle guanciotte insomma piacevoli ..no? Ma chi lo dice a 'ste donne che le rivogliamo così!!!!?  (superok)

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pardon ....la yoko ono però...... quel viso mattonato.......   (muoio)
ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati

Watson

Citazione da: krasni dvalòsciadi - 01 Febbraio 2010, 17:42:06 PM
In quale altra palestra io e te potremmo esercitare i nostri muscoli?  (muoio)

Allo stato attuale mi manca la musica ma io non ho fretta, l'ispirazione e' come la jella, prima o poi ti si attacca addosso.

Attualmente un ipotetico incontro di  (scontro) finirebbe al primo raund per ko mio....

.... scrivere quel brevissimo raccontino mi è costato una fatica immane ed uno sforzo non indifferente  (nonso)


Però leggere e rileggere tutte le evoluzioni dei due protagonisti  (cane) (gatto) mi ha fatto apprezzare maggiormente le tue doti scrittoriche non indifferenti (post)



(vecchio) Ho molta pazienza, non preoccuparti, nessuna fretta ....


.... mi sono posizionato sul lato della collinetta ed attenderò con calma ed in rispettoso silenzio l'evolversi del tempo.

Kate Bush

[youtube=425,350]IRHA9W-zExQ[/youtube]

W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

COIO3

Vuotammo anche noi i nostri cartocci e ci industriammo per recuperare da essi il sale residuo, era compreso nel prezzo; lo raccogliemmo e ce lo rovesciammo nella strozza con gesto elegante; terminammo l'operazione con un sonoro schiocco di lingua.

Come di consueto, accomodatesi in fondo ai nostri stomaci, le scagliozze ci regalarono un'intenso e caratteristico retrogusto.

In esso io vi ravvisai una sfumatura di sarde alla beccafico, Iachino disse invece di riuscire a percepire indizi che rimandavano al cetriolo di mare spruzzato di limone.

Capitone? Cetriolo? Le proiezioni gustative di faccia di gomma mi parvero perlomeno sospette; sghignazzando rumorosamente gli chiesi, con ovvia ironia, se avesse mai sentito parlare di Sigmud Freud.

Iachino mi fulmino' con lo sguardo, facendomi cenno con la mano di abbassare il tono della voce, ammiccando alle mie spalle.

Mi voltai e vidi una decina di galantuomini che, bottiglie alla mano, mi guardavano protervi, come se gli avessi appena orinato sulle scarpe.

Vinto dall'entusiasmo di aver trovato un valido argomento per canzonare quella sua testa tonda avevo inavvertitamente e malauguratamente tolto la parola di bocca a qualcuno degli altri avventori.

Uno di loro, un tizio dallo sguardo disturbato (gli vibrava la palpebra sinistra), con una fisionomia che faceva pensare al macellaio di Rostov, mi punto' alla radice del naso il dito indice, unto e nodoso come un semiasse svergolato dal mozzo.

Chiese sgarbatamente se ne avessi da vendere di quel "froid".

Nel caso che gliene incartassi mezzo chilo, diversamente che mi togliessi dal mezzo delle fratte, le sue fratte mi parve di capire, oppure che mi "accucciassi" zitto e buono in un angolo.

Cominciai ad avvertire vibrazioni negative nell'aria, aria gia pesante di suo.

Seppure il sudicio schizofrenico mi concedeva di scegliere, presagi' che non avrei avuto una buona digestione qualora avessi preferito trovarmi un angolino per godere ulteriormente della graziosa compagnia.

Tuttavia se mi fossi tolto dalle peste, mi parve, sarebbe equivalso ad ammettere il torto che sapevo di non aver commesso, non in piena consapevolezza comunque, offrendogli implicitamente motivo di vendicarsene.

Per quanto ricco e stimolante fosse il variegato popolo della strada era pur vero che risultava difficilissimo entrarne a far parte, non dico da protagonista quanto anche da spettatore.

I soliti argomenti con cui noi ragazzi ampliavamo il giro delle nostre conoscenze, bacco, tabacco e venere, risultavano di poca presa in quell'ambiente.

Non era gente quella che amasse parlar di lavoro, in ogni caso non oltre l'orario d'ufficio, il loro ufficio intendo.

Quanto a guadagnarci la loro benevolenza, anche a volerla elemosinare con meschina adulazione, ci avevamo rinunciato da un pezzo.

Non erano personalita' quelle che potessero gradire l'approvazione di individui del nostro censo, non piu' di quanto un capitano d'industria mostri di apprezzare la stima tributatagli dall'ultimo dei suoi meccanici.

Trascorsero alcuni istanti mentre pensavo al modo piu' conveniente per uscire da quel ginepraio, che non apparisse troppo vile o irrimediabilmente provocatorio.

Lo psicopatico parve interpretare il mio imbarazzo come se gli stessi opponendo una qualche forma di virile resistenza.

Come un maschio alfa che si esalti all'opportunita' offertagli di far mostra del proprio rango, piego' il capo e comincio' a guardarmi in viso ostentando la curiosita' di chi guardi una strana bestia resa inoffensiva da una robusta gabbia.

Sprofondai in un imbarazzo ancor meno gestibile e, accennando un sorrisino fesso, sentendomi formicolare il capo, alzai la mano destra per darmi una grattatina alla nuca.

Il capo branco parve soddisfatto per l'evidente disagio fisico nel quale era riuscito a costringermi.

Si esibi' in un offensivo sorriso a bocca larga e comincio' a grattarsi sotto la patta dei pantaloni con studiata energia, quasi volesse dissodare il campo dopo averlo tenuta a maggese.

Riconobbi in quella gestualita' volgare la stessa sgangherata virilita' con cui solevamo offendere le nostre coetanee quando quelle ci rimproveravano l'imbecillita' di cui non perdevamo occasione di fare mostra.

A questo pensiero senti' montarmi il sangue al viso, per la vergogna; arrossi' come una verginella che si ritrovasse in stereovisione a mezzo metro dalle pudenda dei Bronzi di Riace.

Lo psicotico volle celebrare la vittoria appena ottenuta offrendo un giro di birra ai suoi compari; prima pero' avrebbe gradito rinfrescarsi la bocca sgranocchiando "uno - perche' no?- magari anche due finocchi freschi", disse accennando col capo in direzione di Iachino che fino a quel momento si era tenuto a distanza di sicurezza.

Ci stavano offendendo, impossibile equivocare.

Faccia di gomma si rabbuio' in viso vedendo calpestato il proprio prestigio da quella mandria suburbana.

Mi tolse dalle mani il cartoccio unto e appallottolatolo assieme al suo si incarico' di cestinarli entrambe dentro una carriola arruginita poco discosta dal banco di mescita.

A nessuno in quel luogo era consentito buttare cartacce per terra.

Trovai giudizioso che faccia di gomma cestinasse senza esibirsi in un tiro libero, come era solito fare, quasi fosse arruolato al N.B.A.; sapevo per certo come in quella periferia il basket fosse considerato uno sport per spilungoni affeminati.

Si sposto' verso un rustico distributore di carta da abluzioni, strappo' due fogli da un quotidiano d'informazione sportiva che penzolava da un gancio arruginito e me ne porse uno, affinche' mi togliessi l'unto dalle mani.

"Amuninni!" mi intimo' con voce severa Iachino, producendosi nel miglior dialetto che poteva, ruotando il braccio destro come un addetto al traffico e indicando col dito teso in direzione del policlinico.

"Bravo, e ricordati di chiudere a chiave la porta della stalla, o ti ritroverai con la vacca gravida", lo incoraggio' una voce sgradevole, metallica e crepitante come un Messerschmitt al decollo.

Subito dopo, mentre mi dirigevo ubbidiente nella direzione impostami, venni colpito vigliaccamente alle spalle da un tappo di birra.

Mi guardai bene dal reagire tuttavia rimasi oltremodo mortificato dall'inutile offesa; volli trovare un modo per fare un'uscita che fosse meno umiliante.

Intravidi una mastodontica sagoma verde fra la nebbia che si andava riaddensando dopo la prodigiosa bordata del bibendum flatulente.

Il bus era vuoto come la platea di un cineforum durante la proiezione di un film della transavanguardia Cecoslovacca.

Indovinai si trattasse del bus numero 7 che all'epoca collegava il quartiere di Ritiro, in zona nord, a quello di Gazzi, in zona sud, il quartiere dove ci trovavamo in quel momento.

Sghignazzando rumorosamente cominciai a lanciare gesti poco costumati a beneficio del conducente; quello, con aria rassegnata, mi saluto' agitando con gesto molle il pugno chiuso dal quale lasciava che emegessero il mignolo e l'indice, in posizione eretta.

Mi sforzai di ruttare con quanto fiato avevo in corpo, ebbi successo e potei allontanarmi senza ulteriori offese; nessuno avrebbe osato picchiare lo scemo del villaggio, non nella pubblica piazza, non sulla strada maestra.

Per quanto stupida possa sembrarmi oggi la mia reazione in quel particolare frangente, a quei tempi avevo il mio credo: meglio scemo che *********.



Aerosmith

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Gianni Gandini

Arrivando a Genova vedrai una città imperiosa, coronata da aspre montagne, superba per uomini e per mura, signora del mare.
Francesco Petrarca (1358)
Chi da a mente a tutte e nuvie, no se mettià mai in viagio.  Corona nobilium, crux populi, griphi notariorum.

COIO3

Quelle rivolte al conducente del bus furono le ultime risate che riusci' a produrre.

Stavo cadendo vittima della rinomata sindrome post-scagliozza, la secchezza delle fauci, come Iachino stesso ebbe modo di erudirmi in una precedente sortita.

Rivolgendomi al mio compare riusci' ad informarlo che la mia lingua stava cominciando ad aderire in maniera preoccupante al mio palato; conclusi sostenendo di non sapere, al momento, come fare per convincerla a desistere da tale atteggiamento fastidiosamente autolesivo.

Faccia di gomma, facendo sfoggio di erudizione non richiesta, comincio' a dissertare riguardo gli effetti di una eccessiva salivazione associata alla eccessiva ingestione di sale, concomitanza di fattori che, a suo dire, faceva virare il ph del cavo orofaringeo all'alcalino.

Prosegui' sostenendo che pur non potendo pronunciarsi sulla reale composizione chimica della pozione usata per friggere le scagliozze poteva tuttavia approssimare che si trattasse di acidi grassi a vari livelli di rancidita'.

Concluse sostenendo che nella mia bocca, nelle nostra bocche, era probabile fosse in atto un processo di saponificazione dei suddetti acidi grassi; lui non riteneva fosse ragione di preoccuparcene.

Diverso il caso qualora si fossero realizzate le premesse per l'avvio del processo di transesterizzazione dei suddetti acidi, nel qual caso i risultanti composti oleofinici avrebbero cominciato a devastarci gli organi interni, ad iniziare dal fegato.

La nostra vicinanza al pronto soccorso del policlinico universitario ci concedeva, fortunatamente, di evitare la morte per avvelenamento; una morte dolorosa a suo dire.

Il mio sguardo interrogo' il ciarlatano chiedendogli se ritenesse strettamente necessario coglioneggiare ad ogni singolo pie' sospinto.

Recuperando un grano di buonsenso, anche questo non richiesto, il luminare volle ammaestrarmi su quanto sarebbe stato giudizioso da parte nostra sorbire le birre dopo aver degustato le delizie della "Meson", e non prima come stoltamente avevamo appena fatto.

Non ho mai conosciuto nessuno che si sia potuto vantare di possedere quella forma di buonsenso appena descritta da faccia di gomma, in ogni caso nessuno che consumasse i propri pasti lontano dal desco familiare sarebbe mai riuscito a rintuzzare le maliziose arti dei ristoratori.

A tal proposito mi viene in mente il simpatico gestore del locale "La Salsedine",  un certo Salieri, sedicente originario della bassa, qualunque cosa possa mai significare il termine "bassa".

Si trattava di un emigrante, un bastian contrario che in iperbolica controtendenza si era trasferito dal norditalia alle rive della nostra ridente citta' impiantandovi un'impresa di straordinario successo commerciale.

Aveva imparato a compitare il dialetto delle genti che gli avevano dato asilo, e lo scodellava ai suoi ospiti condito da una esilarante quanto simpatica cadenza romagnola.

Insomma, un simpaticone.

Il segno distintivo del suo locale era l'onnipresenza di un simpatico androgino nudo, saldamente ancorato alla superfice di ogni singolo tavolo.

Tramite ingegnoso meccanismo quell'inverecondo contenitore riusciva a distribuire sale da ogni singolo orifizio del suo corpaccione, persino da li, sissignore anche da li, davanti e, come si suol dire, didietro.

Ci portavamo le ragazze in quel locale, quelle poche volte che ne avevamo sottomano.

Le ragazze trovavano oltremodo scurrile quella geniale statuetta mentre noi ne andavamo matti e con virile imbecillita' ci rimpinzavamo di sale mentre loro pudicamente se ne astenevano.

Le ragazze ovviamente non ricavavano alcun beneficio di natura economica dalla loro pudicizia visto che eravamo noi, stupidi cazzoni, a pagare per loro, il poco cibo e le numerose bevande.

Ricordo d'avere visto in un giorno d'estate il Salieri alla guida della sua possente e costosissima convertibile, nuova fiammante.

Indossava berretto e t-shirt della Saltzman University, Sault Lake City, Utha.

Insomma, un dritto.



Pink Spiders

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COIO3

Atteggiando il viso all'espressione "trovata geniale" informai Iachino di essermi appena ricordato di una fontanella pubblica che sprecava prezioso liquido a pochi passi da noi, in direzione est.

Iachino fece un cenno di diniego con il capo, poi cinguetto' le ragioni del suo rifiuto; le cinguetto' perche' aveva la bocca atteggiata in guisa di chi stia consumando delle sorbe non ammezzite.

L'erudito ciarlatano comincio' a ciangottare di vita microbiotica, di parassiti orrendi che ti si mangiano vivo da dentro cominciando dalle parti molli e altre amenita' del genere.

Tutto quello che riusci' ad afferrare della sua pomposa intimidazione fu un'interminabile seguenza di termini sconosciuti addosso ai quali proliferava il suffisso "-cocco".

Entrambe ci tacevamo il fatto che ad est da noi si trovava la Z.I.R., la zona morta.

In molti ci si erano avventurati, di giorno e di notte, senza fare mai ritorno; altri ci erano stati portati a viva forza, di giorno e di notte, e anche di questi si erano perse le tracce.

Quand'anche da quella fontanella fosse sgorgata gelida birra spumosa l'uomo giudizioso se ne sarebbe astenuto, lasciando che ne beneficiasse la nuda terra, sempre ammesso che la stessa non fosse gia scomparsa, pure lei.

Venendo a mancare la possibilita' di una rapida irrigazione del cavo orale mi senti' venir meno; non che mi manchi il coraggio, intendiamoci, e' proprio la sofferenza fisica che non riesco a tollerare.

Preda di una spaventosa arsura mi vidi costretto ad un gesto disperato che mai avrei pensato di convincermi a perpetrare.

L'infame cinguettatore, avviluppandosi nel velo del gelido silenzio che ci era piombato addosso, mi teneva sotto tiro col suo occhio di volatile saprofago che subodora prossima la fine della sua vittima.

Sostenedo lo sguardo del mio aguzzino, come una gru, l'uccello intendo, che cerchi il meritato ristoro del sonno, alzai la gamba destra e, abbassando la mia mano monda di peccato, la sinistra, tirai fuori dal calzino una millelire ch'era tutto il mio tesoro.

"Lo sospettavo" squitti' a bocca semichiusa l'orrido marabu', e si avvento' sulle spoglie della mia rispettabilita'.




KC And Sunshine Band

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COIO3

Ci sono momenti nella vita di un'uomo, seppur giovane, in cui le parole non servono.

Mi girai senza fiatare e mi diressi alla volta della "Meson", dove avrei trovato le due birre che ci abbisognavano; non era necessario che dessi ulteriori soddisfazioni a quella gazza ladra.

"Dove Vai?", domando' il volatile; non lo degnai di risposta.

"Ho idea che quei "signori" non ti riserveranno una buona accoglienza", lancio' come esca; non abboccai, tuttavia rallentai il mio passo, cercando di fare mente locale riguardo gli ignoti "signori" di cui stava cianciando.

"Cosa gli racconterai questa volta? magari di come Mr. Bally riusci' ad accumulare un'inestimabile tesoro pirateggiando nei mari del sud, nonostante fosse di nobile stirpe ed alto lignaggio....."

Mi fermai sconfitto; in quei giorni, pur di schivare analisi matematica, avevo divorato con voracita' il "Master of Ballantrae" ed ero stato cosi' sciocco da raccontarglielo.

Intendiamoci, nessuno avrebbe potuto costringere Iachino a farsi leggere un libro di Stevenson, neanche incatenandolo ad una sedia; si sarebbe messo a starnazzare come una papera che deponesse un uovo fuori misura.

Mi ero limitato a raccontargli di come un giovin signore, dalla mente sveglia e di pochi scrupoli, si fosse potuto arricchire in fretta e senza per questo versare una sola stilla di sudore della fronte.

Insomma gli avevo raccontato la parte piu' interessante, la parte che piu' avrebbe potuto interessare un pigro giovinastro che vegetava in una zona economicamente depressa.

Ammisi a me stesso che aveva ragione lui; quella infelice battuta su Freud mi aveva precluso l'accesso alla "Meson, rischiavo le chiappe a tornarci solo e disarmato.

Prossimo ad una crisi respiratoria tornai sui miei passi.

Strinsi la mano a pugno facendovi emergere il dito indice e il dito medio strettamente uniti; in mezzo ci stava la mia millelire, la banconota alla quale, affettuosamente, avevo affibbiato il nomignolo "figlia-unica-di-madre-vedova".

Gli porsi il "giuseppeverdi" con gestualita' disinvolta, facendolo svolazzare, disegnando nell'aria una chiave di violino.

"Portami il resto!", gli intimai con quanta fiele avevo in corpo.

"Ceeeerto che si!", menti' la sua bocca spudorata.

"T'u po' levari da testa", dicevano i suoi occhi canzonatori; i suoi occhi, strano a dirsi, canzonavano in dialetto.

Molti non hanno mai visto una millelire, chi per difetto d'eta' anagrafica, altri a causa d'insanabili ristrettezze.

La superba banconota decorata dell'austera seppur bonaria testa del Cigno di Busseto; quale consolazione per lo spirito poter ammirare il cangiante sguardo del grand'uomo emergere dalla filigrana.

Diedi un'ultimo sguardo alla figura maestosa del grande maestro che parve dirmi col suo sguardo espressivo: "Non dimenticarmi!".

"Non lo faro'!" promisi solennemente, pronunciando le parole con voce rotta dal pianto.

Lo spietato avvoltoio mi strappo' dalle mani quell'inestimabile sindone, con gesto volgare.

Il cigno, accartocciato su se stesso, con un ultimo sguardo disperato parve rimproverarmi: "Come hai potuto farmi cio'?"

"Sono vittima delle circostanze.....", balbettai a mia discolpa, piangendo a dirotto.

La mia banconota! Fu quella l'ultima volta che la vidi.




KC And Sunshine Band

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COIO3

Torno' nel giro di poche decine di secondi tenendo le bottiglie per il collo, impiccate fra le adunche dita della mano mancina.

Il fatto che non avesse gia tracannato la sua birra non lo interpretai come gesto di fraterna solidarieta', ebbi piu' che altro la conferma che i miei orfanelli avrebbero tintinnato nelle sue tasche, da li in avanti.

"Bevi, fratello", mi invito' porgendomi la sola bottiglia, come volevasi dimostrare.

"Strozzati", gli augurai strappandogli la bottiglia dalle mani.

Ci strozzammo entrambe, mentre ci si abluiva.

Nell'intento di lubrificare il cavo orale ci versammo in bocca una bella sorsata di liquido dopo di che, serrate le labbra, con un nervoso e coordinato movimento di lingua e guance cominciammo a sguazzare energicamente.

La birra, per sua stessa natura, non chiede altro che di espandere il proprio volume, basta stuzzicarla, un po' come ......, si, insomma, non v'e' chi non sappia.....

Non era la prima volta che ci trovavamo impegnati in quella sorta di salvataggio in extremis sicche', come rispettando i canoni di un qualche rito esoterico, come sacerdoti del Sacro Ordine del Malto e del Luppolo, ci posizionammo uno di fronte all'altro continuando a sguazzare all'unisono.

Con movimenti coordinati ci curvammo posando le bottiglie ai nostri piedi, ci rialzammo volgendo la fronte al cielo, allo zenit, ci curvammo nuovamente e, sistemate le mani a coppetta, recuperammo la schiuma che nel frattempo stava fuoriuscendo copiosa dalle nostre narici.

Riguadagnammo la posizione eretta e buttammo giu quello che era rimasto in bocca; volgemmo la fronte al cielo, allo zenith, spalancammo la bocca trattenendo il respiro e vuotammo le coppette nella strozza.

Starnutimmo, tossimmo, buttammo giu tutto quello che desiderava andare giu ed espettorammo tutto quello che preferiva venir su.

Ci vuotammo le bottiglie in gola, le strizzammo, come fossero limoni, asciugammo le mani sistemandoci la capigliatura a piu' riprese, evitando di macchiarci gli abiti, le nostre madri picchiavano duro.

A quel punto il rito pote' considerarsi concluso.

"AhhhhhhhhhH!", esclamai io; "AhhhhhhhhhH!", esclamo' Iachino.

Sembrava di stare in riva al mare quando l'onda s'infrange annoiata sulla sabbia, d'estate.

Dopo qualche istante faccia di gomma si produsse in un rituale al quale io, lo ammetto, non ero ancora stato iniziato; lo osservai incuriosito.

Comincio' a palparsi la mammella sinistra, poi la mammella destra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se lo invitasse a tirarsi su.

"Mi sembra che tu sia troppo ottimista", lo ammoni', inducendolo implicitamente a ridimensionare le proprie aspettative; fin sotto il mento? dai, non scherziamo!

Senza badare alle mie parole attacco' a palparsi con impazienza prima la natica di destra, poi la natica di sinistra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se fosse sorpreso di non trovarvelo.

"Fuochino", mi permisi di suggerire, cercando di incoraggiarlo senza mettergli paura, d'altronde se avesse trovato cio' che stava cercando, nel posto dove lo stava cercando, sarebbe stato lui il primo a dolersene.

Facendo tesoro delle mie parole si caccio' le mani nelle tasche, prima la destra, dove solitamente si portano le chiavi di casa, poi la sinistra, dove solitamente si porta il "disturbo", per usare un termine da sartoria.

Subito dopo ripete' l'operazione, nello stesso ordine, affondando le mani ancor piu' in profondita'.

"cacchio, cacchio!", tuono' in preda al panico, fingendo di essere sfavorevolmente impressionato di averne trovato due li dove, a rigor di logica, avrebbe dovuto trovarne soltanto uno.

"Ssseh!, 'e fatt 'a scopert", lo sconfessai, usando un accento partenopeo, facendo in modo, anche stavolta, di far sibilare la esse di scoperta come la esse di sci.

"Accontentati del poco che hai ricevuto in dono, evita piuttosto di perderlo nuovamente", lo rimbrottai con finta severita'.



Simple Minds

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