2CV Club Italia - Forum

Varie e OT => Bar freccia => Topic aperto da: COIO3 - 03 Dicembre 2009, 17:04:19 PM

Titolo: Spirits In The Sky
Inserito da: COIO3 - 03 Dicembre 2009, 17:04:19 PM
Era di prima mattina, una mattina di primavera inoltrata; il mondo vociava allegramente oltre la finestra aperta mentre io ero alle prese con il ponderoso volume di Analisi Matematica II; guardando quel tristo mattone stavo meditando di votarmi anima e corpo all'edilizia, per la vita.

Mentre cercavo un motivo qualsiasi per smettere di farmi del male fui travolto da uno squillante trillo telefonico; mi precipitai sull'apparecchio ma invece di alzare la cornetta mi bloccai in preda al piu' nero scoramento.

Avevo la testa piena di fesserie a quel tempo, anche a quel tempo, e non avrei mai voluto che all'altro capo del telefono si pensasse che fossi ridotto al punto di anelare a semplici chiacchiere da cortile pur di liberarmi dalla mia infelicita'.

Non che fosse tutta colpa mia, anche a quei tempi la tv ti spingeva sotto al naso vagonate di assurde panzane ben sapendo che, prima o poi, avresti finito per ingoiarle con tutto l'amo.

Ricordo come all'epoca pensassi quanto fosse disdicevole per la reputazione di un maschio mediterraneo, nel pieno dei suoi vent'anni, il non avere uno straccio di Cadillac per scorazzare lungo riviere assolate, cercando di tenere a bada frotte di ragazze fin troppo intraprendenti.

Ci fu un momento in cui mi stavo per convincere che, davvero, i soldi non donassero la felicita'; come avrebbero potuto visto che bastava aprire un cassetto qualsiasi per cacciarsene in tasca qualche mazzetta fresca di stampa.

Arrivai al punto da credere che gli avvocati, anche quelli diversamente abili, difendessero i propri assistiti per semplice amor di giustizia e null'altro.

Dopo una serie televisiva fui sul punto di credere che i politici, tutti indistintamente, operassero nell'esclusivo bene della collettivita' i cui interessi avrebbero difeso a costo di calpestare i propri.

Venne il giorno in cui, se solo avessi trovato un compagno alla mia altezza, allora si che anche io avrei ottenuto la piena confessione dal piu' incallito dei criminali, spingendogli dentro le narici la canna cromata del  mio pistolone di immenso calibro.

In quel preciso momento mi sarei accontentato di una semplice segreteria telefonica, magari solo per ascoltare il messaggio dell'ignoto disturbatore, mentre veniva registrato; ovviamente avrei richiamato l'autore del messaggio,  da li a un paio di giorni, non appena fossi rientrato dalle mie meritate vacanze alle Mauritius.

Alla fine recuperai il senso della realta' e al quarto sollecito sollevai la cornetta.

Per darmi un contegno usai il tono di voce che avrebbe usato Louis Pasteur qualora fosse stato costretto, con la forza, a distogliere l'occhio dal suo microscopio e lanciai un "Siiiiiii" molto indisponente al mio ignoto e provvidenziale interlocutore.

Mi giunse all'orecchio una valanga di insulti irripetibili, pronunciati da una voce amica; si trattava di "Iachino facci i gumma", Gioacchino faccia tosta, un caro e vecchio amico che con tono gioviale mi accusava, in sintesi, di essere un irriducibile onanista e per questo stesso fatto mi consigliava di rinunciare alla vita appendendomi all'antenna della tv.

Consoscevo i punti deboli del mio sboccato e fraterno amico sicche' mi limitai ad allontanare la cornetta dall'orecchio astenendomi dal profferire verbo alcuno; il mio silenzio l'avrebbe fatto imbestialire parecchio, prevedevo si sarebbe immediatamente prodotto in una seconda e piu' vigorosa ondata di improperi.

Mi giunse invece la notizia dell'incidente occorso ad un membro della brigata di perdigiorno che frequentavo a quel tempo, Turi 7 panze, Salvatore il corpulento; il funesto evento era aggravato dalla perdita definitiva dell'ultima vespetta marciante, l'ultima non schedata negli archivi delle forze dell'ordine.

Iachino era un ragazzo pieno di fantasia, era impossibile prenderlo sul serio, impossibile anche per me; decisi sul momento che non avrei abboccato alla sua ennesima bufala e dopo averlo ragguagliato circa i miei "progressi" in campo matematico lo congedai col fraterno consiglio di andare a vendersi le chiappe senza tirare troppo sul prezzo.


Doctor & Medics

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Titolo: Spirits In The Material World
Inserito da: COIO3 - 03 Dicembre 2009, 17:34:48 PM
Riguadagnai la postazione di studio deciso a fronteggiare i misteri del cosmo e della fisica ma fui tradito dalle leggi del caos; in mia assenza il volume si era richiuso su stesso, motu proprio, assumendo l'originaria e intollerabile forma di parallelepipedo, un mattone perlappunto.

Il riferimento numerico "II" sorrideva beffardo dalla copertina inducendomi a ripensare con amarezza al fratello primogenito, il dannato Analisi Matematica I che mi aveva portato tanto vicino al completo tracollo psico-fisico nell'inverno precedente a quella spettacolare primavera che mi scoppiava tra le mani, proprio fuori il portone di casa.

Nel giro di trenta secondi ero per strada, ebbro di liberta'.

All'epoca cavalcavo un Califfone della Rizzato, un trabiccolo ostinatamente statico, una bestia malvagia e recalcitrante; sembrava venuto fuori dalle pagine del "prontuario del negromante", al solo scopo di portare alla dannazione eterna chiunque avesse manifestato la volonta' di usarlo come mezzo di locomozione.

Avevo da tempo affidato la mia cavalcatura alle cure e alla custodia del meccanico che da sempre operava al piano terra del mio stabile,  il paziente "Don Carmelo"; entrai nell'officina, salutai, e mi dichiarai risoluto ad usare il mio destriero.

Il generoso palafreniere stava operando a cuore aperto una 127, rustica di nome e coerente di fatto, aveva il colore ma anche l'odore del letame maturo; egli si informo' riguardo la destinazione finale del mio spostamento e quando manifestai l'intenzione di recarmi in zona Policlinico si limito' ad alzare la testa verso il soffitto pronunciando un esplicativo "ntz"; ricaccio' la testa sotto il cofano dell'immondo rottame e mi congedo' con un grugnito di commiato.

Salutai e mi diressi alla fermata del bus montando sul primo mezzo diretto verso sud.

A quei tempi nel norditalia si aggiravano bande di teppisti che rastrellavano beni e servizi nei piu' disparati esercizi commerciali autoapplicandosi un convenientissimo sconto, il famigerato "sconto proletario".

Io all'epoca non avevo una prole pero' avevo una fortissima propensione verso qualsiasi attivita' di carattere riproduttivo; insomma mi mancava la fattrice non certo la buona volonta' sicche' ritenni mio buon diritto viaggiare aggratis, ignorando la polverosa e solitaria obliteratrice in coda al mezzo.

Trovai faccia di gomma nei pressi del pronto soccorso, a quell'epoca era uno studente di medicina e soleva dire come quello fosse l'ambiente piu' stimolante dell'intero nosocomio; indossava un camice bianco, immacolato, il che non gli impediva di litigare vigorosamente con un portantino; aveva vinto, onestamente, una gara di sputi e pretendeva di ricevere il pacchetto di MS che era stato messo in palio.

La scena vergognosa che si svolgeva sotto i miei occhi mi fece ben sperare in una mattinata di fumo a scrocco e fu cosi' che, senza nemmeno presentarmi, mi adoperai per fare in modo che l'infame portantino onorasse i suoi debiti di gioco.

Qualche minuto dopo, terminata la nebulosa degustazione dell'ottimo "biondo delle puglie", ci incamminammo verso il reparto "Grandi Ustionati 2" che in quel periodo dava ospitalita' alle eccedenze di "Traumatologia 1"; non vi giungemmo mai.



Police

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Titolo: Foolin' Around
Inserito da: COIO3 - 04 Dicembre 2009, 19:23:04 PM
Durante la scarpinata lungo il vialone che dava accesso ai vari reparti, parlando del piu' e del meno, spintonandoci a vicenda come due portuali avvinazzati, scorgemmo una stupenda fanciulla che sembrava intenta a litigare con lo sportello di una qualche vettura parcheggiata in mezzo a tante altre; sembrava fosse fuori di testa, in ogni caso bisognosa d'aiuto; accellerammo il passo di muto e comune accordo.

Quando giungemmo ad una ventina di metri dalla superba creatura quella sembro' recuperare la propria sanita' mentale; smise di gesticolare e si incammino' a passo di carica nella nostra direzione.

Alla prima occhiata capi' di trovarmi di fronte ad una di quelle creature caritatevoli sempre pronte a sacrificarsi per il bene del prossimo, sempre pronte a donare il superfluo e finanche il necessario a beneficio dei bisognosi.

Quella celestiale creatura aveva spinto a tal punto la propria generosa abnegazione da disfarsi persino dei beni essenziali, infatti credo non esista nulla di piu' essenziale ad una fanciulla di quanto non lo siano i propri stessi abiti.

La ammirammo mentre ci si avvicinava, maestosamente e sommariamente ricoperta da una qualche sorta di foulard che celava a sufficenza le pudenda, un po' meno varie altre zone che non mancammo di notare, strozzandoci tentando di ingoiare un boccone troppo grosso per andar giu in una volta sola.

Mi sentivo nello stesso stato d'animo del giovane Olenin quando si trovo' di fronte alle maestose cime del Caucaso, intimamente convinto che sarebbe stato piu' facile trovare la morte in battaglia piuttosto che riuscire a scalare le inarrivabili e immacolate cime innevate.

Sapevo per certo che Tolstoj non era tra le letture preferite di Iachino, l'unica cosa che mostro' mai di gradire fu il "Marcovaldo" di Calvino; potevo facilmente supporre che la stupenda ragazza non gli ispirasse di certo casti sentimenti di rinuncia, in ogni caso non mi sorpresi piu' di tanto quando lo vidi allargare le braccia bloccandosi di fronte ad essa.

Non posso ricordare le precise parole con le quali apostrofo' la ragazza, ebbi l'impressione che la volesse sommergere di minchiate, ammannite in un latino che persino io capivo essere approssimativo e maccheronico.

Mi parve di capire che si rammaricasse di non poter emettere una diagnosi accurata; affermava fosse impossibile operare un consulto attendibile senza la piena e consapevole collaborazione del paziente, pertanto invitava la ragazza a spogliarsi del tutto oppure ad esibire delle radiografie accurate; diversamente la stessa avrebbe dovuto rinunciare a pretendere cure mediche appropriate.

A quel tempo avevo conoscenza diretta di due soli tipi di donna; il tipo che con gelida alterigia avrebbe evitato il benche' minimo contatto con il molestatore, foss'anche un semplice contatto verbale; il secondo tipo, piu' sanguigno, avrebbe invece preferito spaccare a meta' la sinfisi pubica di chicchessia, calciando di collo pieno.

Era impossibile pensare che quel tipo di donna, tanto beneficata dalla natura, non avesse mai sperimentato la ruvida e assidua esuberanza dei propri coetanei maschi, tuttavia invece di mostrarsi infastidita sembro' essere in qualche modo stranamente compiaciuta.

Si fermo' a mezzo metro da faccia di gomma e gli regalo' un mezzo sorriso malvagio che suono' tragico, come un assolo d'organo dentro una sala cinematografica, mentre le viscere sanguinanti della vittima sembrano voler uscire fuori dallo schermo, insozzando gli spettatori.

Prima di allora non mi era mai capitato di vedere faccia di gomma perdere la sua prodigiosa presenza di spirito, nemmeno quella volta che tento' di svitare sirena e lampeggiante dal tetto di una volante per dimostrare la propria sobrieta' al maresciallo di ronda; andammo a dormire molto tardi quella notte.


F. Mercury

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Titolo: Born To Run
Inserito da: COIO3 - 09 Dicembre 2009, 09:55:46 AM
Uno stridente fracasso di balestre maltrattate venne a liberarci, me dal mio stupore, il mio compagno dal suo smarrimento.

Dalla portiera aperta di una Land Rover color cistifellea venne giu una valanga di carne umana, qualcosa che somigliava vagamente ad un Cimmero, come ai tempi di Conan il Barbaro.

Sulle prime sospettammo che la bestia fosse in qualche modo sentimentalmente coinvolta con la ragazza che avevamo importunato, o per meglio dire, che faccia di gomma aveva importunato, sia detto per amor di precisione.

Quando la valanga comincio' a muggire come un toro scatenato ogni dubbio scompari' dalle nostre menti; il silver-back, oh! Giusto Cielo, era il fidanzato di quella delicata e fine opera di cesello, di quella Venere del Botticelli.

No, signori miei, non esiste giustizia e nemmeno buonsenso a questo mondo, aspettatevi sempre il peggio e rimarrete sempre e comunque pienamente soddisfatti.

Il cimmero aveva il collo taurino; il bruto aveva le braccia taurine; la bestia era piantata su enormi gambe taurine; a dirla tutta gli mancavano le escrescenze cheratinose in fronte, tuttavia, a giudicare dalla facilita' con cui la sua ganza dava via le proprie cose, per le corna non avrebbe dovuto attendere parecchio.

Comincio' a saltellare pestando i piedi come se si ripromettesse di ricavare mosto da qualcosa che si fosse beccato sotto le suole degli stivaloni, pericolosamente appuntiti.

Lo vedemmo digrignare i denti mentre si spingeva i pugni chiusi contro le tempie, come dicesse a se stesso "non ci posso credere"; noi ovviamente, di qualunque cosa si trattasse, non provammo nemmeno a canvincerlo del contrario.

Si tolse i pugni dalle tempie e con gli stessi, dopo qualche istante, comincio' a piantarsi mazzate sul torace, colpi d'inaudita violenza e in rapida successione, come solo nei migliori documentari avevo mai visto fare.

Si vocifera che ognuno di noi si porti dentro al petto due cuori, uno d'asino e l'altro di leone; disgrazia vuole che entrambe i quadrupedi siano forniti di folta criniera cosi' come di criniera era dotata la pompa che quel mattino era in servizio attivo sotto le mie costole.

Se solo fossi stato capace di scollare la lingua dal palato, avrei potuto capire se di raglio o di ruggito fossi capace; se solo fossi stato capace di distogliere lo sguardo dal periglio, avrei potuto esplorarmi le pieghe inguinali, difatti non v'e' chi non sappia.....

Rercuperato un contegno unamo il bruto ci pianto addosso degli occhiacci pericolosamente arrossati, si rizzo' sulle punte degli stivaloni e spinse le braccia lungo i fianchi aprendo e chiudendo rapidamente i pugni.

Volemmo credere si preparasse a comunicare sebbene la sua barbara mimica facesse pensare al preludio di un imminente olocausto.

Sbraitando come un orso del Labrador ci fece capire che conosceva le nostre madri ma non ne serbava un buon ricordo e ci addito' come grandissimi figli delle medesime.

Ci lascio' intendere come egli stesso fose aduso a cibarsi di carne di porco, come la nostra, di preferenza all'alba, a prima fame, come si dice da queste parti.

Essendo mattino inoltrato, ci informo', avrebbe riservato a noi altro trattamento; promise che ci avrebbe messo le mani addosso e da quel momento in poi, a suo dire, non avremmo piu' avuto problemi di costipazione addominale.

Nessun avrebbe potuto tollerare siffatte ingiurie, neanche noi; il sangue ci monto' alla testa, cominciammo a vedere rosso e, ragliandoci l'un l'altro la nostra disperazione, ci demmo istantaneamente alla macchia.



B. Springsteen

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Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: lucajack2cv - 10 Dicembre 2009, 17:29:19 PM
 :D Quest'uomo.. Quest'uomo.. 

(muoio)
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Watson - 11 Dicembre 2009, 11:57:52 AM
Domanda, ma la storia continua  (?) ....

... e "Iachino facci i gumma" sopravvive alla carica del taurino  (pugil)

(felice)
Titolo: Big Mouth Strikes Again
Inserito da: COIO3 - 14 Dicembre 2009, 16:08:46 PM
Ci allontanammo procedendo di moto uniformemente accellerato; io, personalmente, accellerai fino a quando non senti' i calcagni martellarmi ritmicamente all'altezza delle scapole e a quel punto cercai di mantenere la velocita' guadagnata.

Correvamo tanto veloci che temetti fossimo prossimi a squarciare il tessuto spazio-temporale che ci teneva in vita; temetti che da un momento all'altro saremmo stati precipitati in un buio pozzo infinito di tenebra eterna.

Bruciammo i tremila siepi in poco meno di nove secondi, un record.

Non saprei dire come finimmo dentro uno scantinato malamente illuminato da una luce giallastra; ci serrammo una porta alle spalle e ci accasciammo al suolo, esausti.

Col fiato mozzo mi guardai attorno spaurito e diffidente, come una lepre appena sfuggita alla tagliola; il locale puzzava fieramente, capi' di essere capitato dentro un laboratorio di analisi.

Un tizio in camice bianco ci guardo' per qualche istante poi, senza fiatare, torno' a concentrarsi su qualcosa che ritenni essere la fonte del suo reddito.

Riempiva una siringa dietro l'altra di un liquido scuro che odorava di reagente chimico e probabilmente lo era; vuotava le siringhe dentro delle fiale che contenevano un liquido immondo che odorava di urina vecchia e probabilmente lo era.

Il fatto che lo stesso non si allarmasse per la nostra rumorosa invasione non deve sorprendere piu' di tanto; non e' infrequente dalle mie parti che i medici vengano fisicamente aggrediti da pazienti poco pazienti, dai e dai ci si fa l'abitudine.

In questa luminosa Isola vige la regola "sbagliando s'impara", il fatto che anche la classe medica onori questa regola puo' quindi avere un senso, volendovelo trovare; non a caso la mia citta' vanta uno dei piu' apprezzati cimiteri monumentali dell'intera nazione.

Lentamente recuperammo per intero le nostre facolta' psicomotorie e ci guardammo in viso, io e il maldestro molestatore di leggiadre pulzelle.

Sentendosi in qualche modo responsabile per l'inconveniente occorsoci il ribaldo tento' di rabbonirmi dicendomi che "accidenti, stavamo per superare la barriera del suono"; lo disse con un sorrisino fesso stampato sul viso ancor paonazzo per l'immenso sforzo sostenuto.

Giudicai scandalosa la sua arrogante invasione nel mio personale campo di studi sicche' pensai bene di invadere anche io il suo personale campo di studi.

Gli consigliai di autosomministrarsi, non appena gli fosse stato possibile, un enteroclisma di un qualche drastico risolvente; accompagnai la prescrizione con un sorrisino appena accennato sulla mia faccia ancor gialla per l'immensa strizza patita.

Nel momento stesso in cui chiudevo la bocca, vidi la testa di Iachino crollare, come fosse stato un asino che stramazzi al suolo sotto il peso della propria soma.

Fui assalito dal dubbio di aver parlato troppo e male.

Sentirci impegnati in si dotte disquisizioni accademiche indusse il coprofilo a dubitare riguardo la liceita' della nostra ulteriore permanenza in quel luogo d'analisi escrementizie.

Ci invito' ad allontanarci, invito accompagnato dalla minaccia di spingerci fuori con le sue stesse mani, senza levarsi i guanti, verdastri, in lattice; ci congedammo senza indugio.

Non appena l'aria si fece piu' respirabile seppi con certezza di aver parlato troppo e male, in quell'occasione.

Il metodico analista poteva far finta di non vedere due fuggiaschi ma non aveva tollerato di assistere passivamente a quella che aveva l'aria di assomigliare ad una crisi coniugale.

La saggezza, come spesso accade, scelse la bocca sbagliata per diffondere il proprio verbo.

"Non imparerai mai ad abbassare la tavoletta, vero?", mi rimprovero' quell'inconcludente maniaco.

"Non avrei avuto motivo di alzarla se tu avessi tenuto a freno il tuo copriwater ", risposi piccato, felicissimo di cedergli il mio pesante fagotto di responsabilita'.

Sia detto a nostro onore, cessammo immediatamente di rinfacciarci i nostri torti, non aveva senso, non eravamo nemmeno sposati.

In qualunque consorzio vediate due individui che collaborano per ottenere un qualche risultato, bene, in quell'occasione state guardando due individui che, alla peggio, vedranno dimezzati i propri sforzi.

In qualunque consorzio vediate due individui che litigano senza che questo porti giovamento ad almeno uno dei due, bene, in quell'occasione state guardando due idioti che sciupano il proprio tempo.

Se non proprio questi, di tale natura erano i pensieri che popolavano le nostre menti in quel frangente.

Ma chi sto prendendo in giro? niente di serio, onesto o decoroso mi e' mai passato per la mente e se lo ho fatto non vi ha messo radici, non prima dei trentacinque anni comunque.

Preferimmo tacere percorrendo lentamente il buio corridoio, per riprendere fiato; sospettavamo, temevamo ci fosse da correre, ancora.



The Smiths

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Titolo: Salva Il Giovane
Inserito da: COIO3 - 14 Dicembre 2009, 16:20:37 PM
Cacciati dal rifugio emergemmo dallo scantinato in prossimita' dell'ingresso sud dell'immenso nosocomio.

Iachino, per rendersi meno riconoscibile, si libero' del camice abbandonandolo su di una siepe di bosso derelitto; disse che era una pratica comune fra i medici, lo disse senza che io gli chiedessi ragione del suo operato.

Guadagnare l'uscita non fu impresa semplice, nulla attira l'attenzione degli sfaccendati quanto chi cerchi di passare inosservato.

Scegliemmo un vialetto ombreggiato che puntava in direzione della rampa d'accesso alla struttura e cominciammo la fuga.

Stavamo per sbucare fuori dal vialetto quando, come fosse in agguato, ci si paro' davanti una figura d'uomo vestito di nero.

Quel "malaugurio" era avvolto in un ampio e luguberrimo tabarro uguale, penso, a quelli in uso agli edepti della carboneria nel diciannovesimo secolo.

Allargando le braccia, quasi si preparasse a concupirci, ci chiese, con voce untuosa, se avessimo mai pensato seriamente alla morte; cosi' dicendo ci infilo' in mano dei cartoncini che odoravano di fiori appassiti e davano mostra d'essere biglietti da visita.

Senza dargli il tempo di scoprirci sorpresi risposi che "si, neanche a farlo apposta, avevo proprio pensato alla morte, appena una decina di minuti prima"; cosi' dicendo rivolsi uno sguardo ironico a Iachino che, nel frattempo, si era infilato la mano libera dentro la tasca per una "punizione a due".

Nell'attesa che faccia di gomma proseguisse l'azione con la palla che gli avevo appena elegantemente passato buttai un occhio al cartoncino.

La "Tadarida Brasiliensis S.A.S", prometteva di riservavare una degna sepoltura a tutti quelli che lasciavano in vita qualcuno che potesse spendere con ampia disponibilita' di contante.

Iachino ando' a rete nel giro di due secondi; disse di aver gia contribuito a portare clienti alla categoria e in conseguenza di cio', al momento, si stava concentrando nella ricerca di un penalista che fosse in grado di sostenerlo in primo grado.

L'uccellaccio si allontano' mostrandoci le palme delle mani in segno di resa e chinando il capo in segno di rispetto.

Tornati padroni delle nostre mosse ci liberammo dei cartoncini bordati di nero lanciandoli dentro un'aiuola, polvere alla polvere, cenere alla cenere, sudiciume al sudiciume.

Senza dare l'impressione di essere in fuga ci affrettammo sulla via, ignorando, per quanto possibile, un buon numero di sinistri individui dei quali il nosocomio pareva fosse pieno.

Un venditore di paccottiglia ci offri' un palloncino a forma di gallinaceo, disse che andavano molto di moda in quel periodo; in alternativa ci consigliava un portachiavi "faunistico", due scimmie che simulavano il coito; "questa roba va forte", ci informo'.

Un addetto alle cucine ci offri' un contenitore zeppo di cibo rifiutato in corsia; volendo potevamo portar via anche il contenitore, con minimo sovrapprezzo; ci consiglio' di approfittare della generosa offerta, a suo dire i porci andavano matti per quella roba.

Una donna dalla voce sospettosamente profonda ma che odorava di gelsomino dell'Aspromonte si pregio' di informarci, con accento vagamente lusitano, che se era compagnia che cercavamo, bene, che sospendessimo ulteriori ricerche, l'avevamo trovata; disse di chiamarsi Furia, come il celeberrimo cavallo nero.

Un infermiere guercio ci domando', a bassa voce, se fossimo degli scappati di casa; la sua non era semplice curiosita', per poche centinaia di biglietti da mille ci offriva vitto e alloggio a tempo indeterminato, in corsia, presso "Chirurgia Sperimentale"; il primario, un certo Josif Mengele, ultranovantenne, non avrebbe fatto caso alla nostra presenza.

L'ultimo intoppo realmente degno di nota, lo superammo proprio in vista del traguardo, vicino alla rampa d'accesso.

Scorgemmo una ragazza dalla faccia buona e gentile che brandiva un libro voluminoso come se volesse darlo addosso a chiunque gli capitasse a tiro.

Quando le passammo accanto, invece di colpirci con quello che si rivelo' essere un libro di preghiere, ci chiese, con voce soave, se sapessimo di possedere un'anima.

Faccia di gomma tiro' diritto, io mi fermai ammaliato.

Raramente guardavo il viso delle ragazze all'epoca, non subito perlomeno; in quel caso non si poteva fare altro, quella predicatrice era talmente ricoperta di vestiario da poter raccogliere more in un roveto senza graffiarsi.

L'ovale del suo angelico viso parlava di comunione dello spirito e di mortificazione corporale.

Il suo esile collo alabastrino era circondato, all'altezza dell'ugola, da un colletto che ornava la parte superiore del suo saio di monastica fattura e che faceva pensare alla corolla di un fiore.

Come due palpitanti tortorelle vidi le giugulari sforzarsi, strozzate com'erano, di pomparle sangue al cervello.

Altro non potei vedere, ugualmente rapito ne rimasi.

Iachino guardandosi attorno nervosamente, come fosse determinato ad evitare una qualche catastrofe che presentisse imminente torno' indietro e, uncinatomi all'altezza del gomito, si sforzo' di liberarmi dai lacci con i quali la maliarda mi aveva soggiogato.

La ragazza, vedendosi portar via quello che credeva fosse un futuro adepto, gli ripete' la stessa domanda di prima, e lui, sgarbatamente, le rispose che sapeva benissimo di possedere un'anima ma non intendeva cederla, a meno di non ricevere una sostanziosa offerta in dollari; non avrebbe accettato altra valuta, concluse.

Scandalizzata, la ragazza comincio' a redarguire faccia di gomma, con voce dura, usando oscuri termini ecclesiastici; termino' la reprimenda intimandogli di non sciupare gli ultimi sette giorni, e cosi' dicendo si pose la mano sul cuore rivelando, suo malgrado, un petto che raccontava della creazione e della costola d'adamo.

Iachino, frapponendosi fra me e la costola che sapevo mancarmi, sibilo' alla ragazza di smettere di fare la gatta morta, oppure, nel caso non riuscisse ad impedirsi di farlo, che almeno cambiasse sarta.

La ragazza, vistasi sopraffatta da quel satiro nerboruto, si segno' e poi si allontano' per consultare il suo librone, usando un laccio rosso per aprirlo, quasi a meta' delle pagine.

Riguadagnatomi al peccato, il satiro mi trascino' via promettendomi, se solo avessi smesso di sbavare, di presentarmi la sorella di "Debhora la sciantosa" che minacciava di voler prender i voti prima dell'estate, se solo non avesse trovato uno straccio di maschio nel frattempo, come seppi in seguito.

Non ho mai accettato mezze misure per quello che concerne le faccende di cuore; recalcitrando dichiarai che se non potevo avere una santa allora non avrei accettato niente che fosse meno di una sciantosa.

Iachino mi promise la sciantosa e io mi lasciai portar via.



Zucchero

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Titolo: Promised You A Miracle
Inserito da: COIO3 - 17 Dicembre 2009, 17:12:38 PM
Passammo davanti al gabiotto del custode, occupato da un tutore delle forze dell'ordine che avrebbe dovuto garantire l'uso della rampa d'accesso ai soli veicoli autorizzati; per quanto gli concerneva "Caron Dimonio" in persona avrebbe potuto traghettargli frotte di dannati urlanti sotto gli occhi senza vedersi intimare l'alt.

Lo indovinammo impegnato a pascersi di approfondimenti sportivi, attingendo da un quotidiano color "Rosa Fumetto".

Alle sue spalle erano accatastati vari contenitori somiglianti in tutto e per tutto a quelli stessi che avremmo potuto acquistare poco prima e a poco prezzo.

Proprio sopra i contenitori era appeso un calendario sponsorizzato da un'azienda specializzata nella produzione di guarnizioni d'attrito per mezzi pesanti; un'accaldata fotomodella garantiva, ammiccando, la qualita' dei prodotti.

Accanto al profano calendario era appeso il poster della bandiera Statunitense tipograficamente decorata dall'impegnativa promessa: "In God We Thrust".

Rimunginando su quella promessa scritta giudicai che, tutto sommato, nessuno avrebbe potuto pretendere un guardiania piu' qualificata.

Mi sorpresi a pensare che non mi sarebbe dispiaciuto essere pagato per fare quel tipo di lavoro, in fondo si trattava di dare una leggera mano d'aiuto a Uno che il mestiere lo conosceva davvero.

Sul vetro del gabiotto, insolitamente pulito, un cartello prometteva "Alvarez riceve qui, rivolgersi al personale in servizio".

Fuori dal gabiotto, proprio all'altezza della promessa di Alvarez, una tetra ammiraglia mercedes occupava per intero la rampa d'accesso pretendendo di usarla come rampa d'uscita; era guidata da un distinto gentiluomo che aveva l'aria di aver appena commesso un'efferato delitto ma che non disperasse tuttavia di farla franca.

Un pulmino Fiat 850 Panorama, di proprieta' del "Pio Ricovero Del Lacero e Del Ramingo", occupava per intero la rampa d'accesso pretendendo, giustamente a mio modesto avviso, di usarla come rampa d'accesso; il pratico mezzo era guidato da una voluminosa suora che aveva tutta l'aria di essere prossima ad andar fuori dalle grazie di Dio.

Dietro il pulmino martellava asmatico un motocarro Guzzi, ansioso anch'esso d'accedere alla struttura; aveva il cassone pieno di contenitori che si autodenunciavano come idonei al trasporto di Rifiuti Tossici Speciali; il pilota del gagliardo mezzo sembrava li portasse addosso i rifiuti speciali, dalla cabina di pilotaggio si diffondeva un rubusto sentore di birra acida ed ovile affollato.

Dietro il motocarro si divincolava a fatica una lunga teoria di veicoli rabbiosamente determinati a proseguire lungo la diritta ed angusta via che si portava quella stessa rampa d'accesso come una perenne spina nel fianco.

La situazione che si era venuta a creare prometteva di arricchirsi di minuto in minuto di interessanti e gustosi sviluppi tanto che avrei voluto fermarmi per godere dell'imprevisto spettacolo che si stava allestendo, ma Iachino non volle saperne.

Finalmente liberi e salvi sgusciammo via fra le vetture incolonnate.



Simple Minds

[youtube=425,350]hd6riYfLPXk[/youtube]
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Gianni Gandini - 17 Dicembre 2009, 23:15:56 PM
Complimenti ma .............

.... meno male che sono io quello che, non facendo nulla, ha tanto tempo libero!  ;D ;D ;D
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Watson - 18 Dicembre 2009, 08:44:17 AM
Tu non sai, ma penso di aver trovato la fonte delle sue ispirazioni....

.... il suo rifornitore personale, neh  ;).....
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: gio K 5000 - 18 Dicembre 2009, 09:05:21 AM
 ;D
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: scanner79 - 18 Dicembre 2009, 13:23:17 PM
Grande Mimmo!!!!

Un mito!!!

Vi assicuro che dal vivo è ancora peggio!!!

(felice)
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: COIO3 - 18 Dicembre 2009, 16:31:20 PM
Citazione da: GIANNI da Genova - 17 Dicembre 2009, 23:15:56 PM
Complimenti ma .............

.... meno male che sono io quello che, non facendo nulla, ha tanto tempo libero!  ;D ;D ;D

Non e' questione di tempo libero, 'sta roba mi tracima dal cervello senza che io mi sforzi di produrla; ho cominciato a considerarla alla stregua del cerume delle orecchie; magari non proprio quotidianamente  ;D  ma bisogna pur disfarsene, giusto?

Il vero sforzo e' cercare di mettere la sella a quell'indomabile puledra che e' la lingua italiana; per quanto penoso mi possa risultare era ora, penso, che mi decidessi ad imparare questa benedetta lingua madre  (appl)

io proseguirei, se non e' di disturbo  (muoio)


Bye. Mimmo.
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Gianni Gandini - 18 Dicembre 2009, 18:07:50 PM
Disturbo? ? ? ? ? ;D (su)

Prego si accomodi!!!!!  ;D (superok) (su)
Titolo: You Might Think (i'm crazy)
Inserito da: COIO3 - 18 Dicembre 2009, 19:18:29 PM
Perche' ci fosse tanta fauna esotica entro il perimetro di un luogo di cura non posso saperlo con certezza, probabilmente per lo stesso motivo per cui le mosche cavalline bazzicano dentro le stalle; in ogni caso sapevo per certo che l'esotismo non era relegato alle sole zone perimetrali.

A tal proposito mi viene in mente un episodio che mi vide protagonista qualche settimana prima, nello stesso luogo.

Ci eravamo accordati, io e faccia di gomma, di impegnarci in una raccolta di fondi da investire in una corsa di cavalli che si sarebbe tenuta la domenica mattina seguente, all'alba, lungo il torrente Giostra.

Ci eravamo accordati, io e faccia di gomma, di incontrarci presso il reparto di Terapia Intensiva di Medicina dello Sport.

A giudicare da quanto lo stato investiva nella Sanita' Pubblica, un'ospedale era il posto migliore per mettere insieme una somma decente.

Ero uscito di casa molto presto, per guadagnare tempo; avrei voluto usare la mia cavalcatura a motore e qualcosa mi faceva presagire che avrei dovuto faticare parecchio per convincerla ad accompagnarmi.

Venti minuti dopo, madido di sudore e pieno di pazza rabbia, saltai sul primo bus diretto verso sud.

Il bus era insolitamente vuoto e occupai un sedile senza dover litigare con nessuno; il bus andava insolitamente spedito, le auto si scansavano per farci passare, incoraggiando la vettura a colpi di clacson.

In attesa nelle affollate fermate, quasi tutti mi salutavano sghignazzando e producendosi in gesti poco costumati, guardandosi bene dal salire in vettura.

Cominciai a ricambiare i saluti sforzandomi di sorridere giovialmente e descrivendo traiettorie circolari con il pugno chiuso dal quale lasciavo che emergessero il mignolo e l'indice, in posizione eretta; i beneficiari, vedendomi contento, raddoppiavano i loro sforzi.

Ovviamente, prima di salutare, aspettavo che il conducente chiudesse le porte, una cosa e' la giovialita' ben altra la coglioneria.

Capii di essere montato, senza avvedermene, sulla vettura che copriva l'infelice tratta numero 7; in compenso arrivai a destinazione in forte anticipo.

Iachino rimase inspiegabilmente turbato mentre lo salutavo.

Era alle prese con una nervosa laureanda che lo fulminava con occhi spiritati e lo strattonava appendendoglisi al bavero del camice, come a chiedergli ragione di qualcosa che lei stessa non sapeva spiegarsi.

Iachino, scuro in viso, mi chiese di attendere nel corridoio mentre lui, nel giro di qualche minuto, avrebbe ragguagliato la ragazza riguardo qualcosa che, evidentemente, stava molto a cuore ad entrambe.

Dico cio' perche', mentre lui mi indicava la porta che dava sul corridoio, lei era gia pronta con la mano sulla maniglia della stessa per chiudermela dietro, a chiave, come mi parve di udire.

Mi allontanai per dar loro modo di ragguagliarsi per benino, senza mettergli fretta; daltronde, trattandosi di terapia intensiva, non ne avrebbero avuto per molto.

Bighellonando per i corridoi con aria di studiata indifferenza trovai una porta socchiusa a cui qualcuno aveva attaccato il poster dei Kraftwerk; ci infilai la testa dentro e, in un ambiente saturo di piume, vidi due cattedratici che si rincorrevano girando attorno ad un mastodontico macchinario per radiografie.

Impegnati nella loro inspiegabile giostra, i due canuti luminari mostravano di sapersi esprimere con la stessa garbata franchezza con cui due garzoni di macelleria dimostrano di essere insoddisfatti del proprio apprendistato.

Si avvidero della mia presenza proprio mentre un bellicoso gallinaccio mi si avventava contro, cercando di cavarmi gli occhi.

Vistomi aggredito, reagi' istantaneamente assestando una vigorosa pedata nel deretano del diabolico oviparo il quale, com mia grande soddisfazione, mostro', se non proprio di aver gradito il trattamento, quantomeno di aver capito l'antifona.

La mia determinazione mi guadagno' la fiducia dei due luminari; mi invitarono ad entrare e mi chiesero collaborazione promettendomi una lauta ricompensa.

Accettai sui due piedi e, complice una innata predisposizione alla crudelta' nonche' una robusta montatura dotata di cristalli al piombo, ebbi rapidamente ragione del diabolico pennuto.

Consegnai il gallo, vivo e vegeto, seppur indignato, dopo avergli legato le zampe con una fascetta simile a quelle che usano in ostetricia per impedire che qualcuno si porti a casa il figlio di qualcun'altro.

Ci guadagnai un'impegnativa per radiografie, in bianco, da usare a mia discrezione nonche' l'impegnativa verbale di non recare eccessivo nocumento al volatile, in ogni caso non piu di quanto non gliene avessi gia arrecato io stesso.

I due professori non avevano voluto sentir parlare di vile denaro e la cosa mi sorprese parecchio, fonti attendibili mi avevano informato diversamente, senza ombra di dubbio e carnet alla mano.

A dirla tutta non vollero nemmeno spiegarmi cosa ci facesse un gallo dentro un'ospedale, "segreto professionale", dissero, vincolandomi implicitamente al silenzio; a me quel gallo faceva venire in mente i capponi del buon Tramaglino, tuttavia tenni il pensiero per me solo.

Quella mattina i due studiosi, forti della mia collaborazione, poterono coronare di successo le loro ricerche in campo radiologico.

Quella mattina Iachino e la spiritata, forti della loro collaborazione, portarono felicemente a termine la loro prova da sforzo, seppur distanti da cardiologia.

La domenica mattina divisi equamente con faccia di gomma il ricavato dell'impegnativa radiologica che rivelo' avere un notevole, quanto insospettato, valore di scambio, perlomeno lo aveva nell'ambiente delle corse clandestine.

Per quel che mi riguarda, feci la mia puntata ma non ebbi fortuna, "CantaLaNotte", rinomato stallone locale, usci' sonfitto, per due lunghezze, dalla sfida contro "KuluVasciu", castrone focosissimo, seppur basso al garrese.





Cars

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Titolo: Walk This Way
Inserito da: COIO3 - 20 Dicembre 2009, 18:51:12 PM
Una volta usciti dalla struttura, mescolati tra la folla, l'infame bontempone sembro' recuperare subitaneamente e per intero il suo inestinguibile buonumore.

Osservo' come la mia deambulazione apparisse scoordinata e vagamente "dilatata".

"Non ti preoccupare" mi conforto', spiegandomi che non appena le teste dei miei femori avessero ritrovato la propria sede naturale avrei recuperato la piena funzionalita' degli arti inferiori nonche' una postura "maschiamente dignitosa".

Di solito mi risultava gradevole il suo umorismo signorile e raffinato ma in quell'occasione lo trovai oltremodo indigesto.

In primo luogo perche' realmente avvertivo dei dolori articolari, come se fossi appena sceso dal lettino del ginecologo; in secondo luogo perche' quella scimmia lasciva non sembrava avesse sofferto granche' a causa del galoppo sfrenato a cui ci eravamo sottoposti.

Mi voltai inviperito domandandogli che fine avrebbe fatto la sua, di mascolinita', se per caso il bruto urlante fosse riuscito a rettificargli il collettore di scarico, come prometteva di fare.

Gli rinfacciai inoltre come non mi sembrasse molto virile il fatto che per correre piu' velocemente si fosse tirato il camice sui fianchi, come fosse stato una vecchia comare che tentasse di preservare la propria illibatezza dalla libidine violenta di un carrettiere ubriaco.

Forse fu l'immaginare la scena che cosi' pittorescamente avevo appena  descritto o forse fu proprio la tensione nervosa che andava allentandosi, fatto sta che cominciammo a ridere, in un primo momento sommessamente, a bocca stretta, poi via via sempre piu' sgangheratamente per finire in un parossismo di ilarita' che ci procurava l'irrefrenabile stimolo alla minzione spontanea.

Dopo qualche minuto, per il gran ridere, fummo vinti da un intenso dolore addominale che, tormentandoci le viscere, ci costrinse a ritornare seri, appena in tempo per riportare a case le brache asciutte.

Massaggiandosi l'addome dolorante quell'emerito discepolo d'Ippocrate sentenzio' che si rendeva necessario un intervento di natura omeopatica; a suo dire, volendo curare il simile con il simile, nulla si sarebbe dimostrato piu' efficace di una ricca padellata di roba fritta; una birra "bella fresca" avrebbe aiutato i succhi gastrici a portare a termine il lavoro.

A quel tempo non sapevo nemmeno di averlo il fegato sicche' la proposta di una frugale colazione di mezza mattina mi trovo' pieno di famelico entusiasmo; ci vuotammo le tasche, frugandoci l'un l'altro, amichevolmente, e risulto' che lui aveva abbastanza spiccioli per affrontare la faccenda legalmente.

Non era un'idea brillante quella di recarsi in una friggitoria avendo i soldi contati ma, come tutti sanno, c'e' un'eta' per la saggezza cosi' come c'e' un'eta' per le disfunzioni erettili; noi non avevamo l'eta' per preoccuparci dei soldi cosi' come non ci preoccupavamo di qualsivoglia altra disfunzione, d'altronde non v'e' chi non sappia ...........

Attraversammo la strada diretti alla "Meson della Scagliozza", scritto proprio cosi', all'angolo ovest dello Stadio Comunale.

Il fatto che il Policlinico Universitario fosse stato edificato a pochi metri dallo Stadio Comunale non deve sorprendere.

Ai tempi in cui le strutture furono edificate la gente era solita camminare a piedi sicche' il viottolo interpoderale che garantiva l'accesso ad entrambe risultava piu' che adeguato; in ogni caso le strutture giacevano, e continuano a giacere, sulle opposte e distanti sponde dell'ampio torrente Gazzi (si chiama proprio cosi', io non ne ho colpa, e comunque si pronuncia con la zeta dolce).

Nei tempi andati la "Meson" era una friggitoria semovente ricavata nella struttura di quello che appariva essere il celeberrimo "Leprotto OM"; cosi' si poteva dedurre osservando il fiero ghigno espresso dalla griglia del radiatore.

Si trattava di uno di quegli infaticabili mezzi che venivano ridotti all'osso girando, per il lungo e per il largo, l'operosa pianura padana; una volta che fossero stati radiati dal parco circolante i suddetti mezzi vivevano una seconda giovinezza qualora la sorte, o chi per lei, gli avesse fatto imboccare la "Salerno-Reggio Calabria", imboccare in direzione sud, ovviamente.

Potevo ancora ricordare i tempi in cui quel mezzo riusciva a sostenersi sulle sue stesse ruote.

Negli anni, come spesso accade, lungo tutto il perimentro della struttura metallica comincio' a fiorire, spontaneamente, un robusto cordolo di conglomerato cementizio che, al momento e suo malgrado, vincolava la suddetta struttura a quello che nelle carte bollate ci si ostina a definire "suolo pubblico".

Quella impresa commerciale era nata dal sodalizio verbale di due amici che con una stretta di mano erano diventati anche soci; col tempo ne rimase soltanto uno.



Aerosmith

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Titolo: Who Want To Live Forever
Inserito da: COIO3 - 21 Dicembre 2009, 15:50:19 PM
Ci infilammo dentro la densa caligine che circondava perennemente la Meson e i suoi avventori.

Scansammo un pachiderma che sembrava custodisse una boa da ormeggio sotto la maglia e Iachino, che si era guardato bene dall'affidarmi le sue monetine, si incarico' di ordinare due birre "belle fresche" e due porzioni "abbondanti" di scagliozze.

Si espresse con un tono di voce secco, come chi fosse abituato a non ripetere due volte gli stessi ordini.

Il cambusiere, come si dice in questi casi, non se ne dette per inteso e continuo' a fissare la fitta nebbia che lui stesso si incaricava di alimentare con quotidiana pervicacia.

Si scosse dal suo torpore comatoso solo quando faccia di gomma gli mostro' la mano aperta, mano nella quale quell'inquietante individuo butto' un solo occhio e per una breve frazione di secondo.

Come facesse a muovere gli occhi indipendentemente uno dall'altro era continuo oggetto di discussione fra i clienti occasionali, piu' che altro mormorazioni condotte a bassa voce, fra ripetuti segni della croce; gli aficionados invece gli riconoscevano quella dote e non ci facevano piu' caso.

Contare i denari con la rapidita' del fulmine era invece dote diffusissima fra i commercianti dell'isola e, probabilmente, frutto di atavica miseria.

Il dispensatore di leccornie stappo', con le unghie, due bottiglie di "Birra Messina" e le lascio' cadere con malagrazia sul bancone, tanto lucido e tanto unto che le dovemmo rincorrere per un pezzo, per impedire che andassero a rovesciare il loro contenuto fuori dalle nostre gole.

Stacco' dalla parete alle sue spalle un cestello che somigliava ad una giostra per criceti e probabilmente lo era; cosi' facendo disturbo' una imprecisata quantita' di mosche che evidentemente svernavano li.

Subito dopo alzo' il lembo di una federa di cuscino, molto maculata, e con gesti saettanti comincio' a raccattare scagliozze trasferendole nella giostra, in quantita' equivalente alle monetine intascate, dedotte le birre.

Torno' immobile dopo aver immerso la gabbia per criceti dentro una pentolaccia nera, come la coscienza di un assessore all'urbanistica.

Durante l'operazione nemmeno per un istante stacco' gli occhi dalla nebbia.

Si favoleggiava riguardo la broda fumante dentro cui le scagliozze venivano fritte; si dava per certo che fosse nera, come la morchia che decorava le smisurate unghie del capo-chef.

In realta' nessuno conosceva la composizione della mistura, se di quello si trattava; l'unica cosa su cui i consumatori finali concordavano era che non si trattasse di olio, perlomeno non soltanto olio.

Va specificato che le scagliozze altro non sono che sottili triangolini di polenta di mais o di ceci, materia vile; solo la prolungata immersione nella magica pozione  riusciva a trasformare quella pastura per volatili in una deliziosa leccornia.

Molto tempo prima, per una sola volta, avevo assaggiato scagliozze fritte in olio di semi e ne avevo tratto la sensazione di stare succhiando il manico di un giravite.

Quella pozione, miracolosa e benefica per ingestione, risultava essere perniciosa all'organismo umano nel caso di uso esterno.

L'abulico ibrido che ne possedeva il segreto e che ne respirava gli effluvi in dosi massicce ne aveva subito i devastanti effetti vedendosi distruggere le zone del cervello che presiedono all'uso del linguaggio; era sotto gli occhi di tutti.

Iachino nella sua giovanile impazienza, sentendosi montare l'acquolina in bocca, si permise di suggerire al cuoco una cottura non troppo prolungata; non si espresse sgarbatamente, non quella volta.

Resta il fatto che rinuncio' ad ulteriori consigli quando vide le unghie retrattili del cuoco affondarsi nel tavolaccio di legno di faggio che una targhetta denunciava come inventariato presso l'Istituto di Medicina Legale, nel 1939.

Avevamo appena terminato le birre e stavamo ancora strizzando le bottiglie, come si fa con i limoni, allorche' la creatura della notte lacero' con le affilate unghie le pagine di un quotidiano ricavandone due cartocci conici a doppio strato.

Tiro' fuori la gabietta dalla broda e lancio' in aria il contenuto facendo in modo che i croccantini trovassero posto nei cartocci mentre l'alchermes residuo precipitasse nella pentolaccia; rimanemmo affascinati dalla sua saettante maestria.

Anche stavolta durante l'operazione in nessun momento stacco' gli occhi dalla nebbia.

Anche stavolta uso' il consueto garbo nel posare i cartocci sul bancone a cui, per loro stessa natura, rimasero incollati.

Non altrettanto fecero le scagliozze che si dispersero per buona parte lungo il polveroso margine del cordolo di cemento; le raccogliemmo senza fiatare e le ricacciammo nei rispettivi cartocci.

Mi impadroni' della saliera che sul momento credetti essere realizzata in vetro di Murano, dato che da quelle parti hanno il cattivo vezzo di colorare il vetro affinche' non risulti trasparente, e quello non lo era.

A quel tempo erano le donne l'unica cosa in grado di farmi montare la pressione sanguigna, tuttavia non ho mai prediletto le pietanze troppo sapide sicche' mi limitai ad una vigorosa spolverata di quello che sembrava sale non raffinato, aveva un colore che tirava al marrone scuro.

Iachino era di gusti piu' ruspanti, strappatami dalle mani la saliera comincio' ad irrorare il suo cartoccio come se volessere spegnere un incendio; smise soltanto quando gli feci notare che i capillari dei bulbi oculari dell'highlander si stavano riempiendo di sangue viola.




Queen

[youtube=425,350]Db65ZsVsLWo[/youtube]
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Gianni Gandini - 21 Dicembre 2009, 17:49:39 PM
 (appl) (su) (superok) (appl) (su) (superok) (felice)
Titolo: Can't Get Enough Of You Baby
Inserito da: COIO3 - 22 Dicembre 2009, 15:52:44 PM
Le deliziose scaglie croccanti cominciarono a saltellarci fra le dite quasi trepidassero ansiose di precipitarsi nei nostri esofagi.

Socchiudendo gli occhi ci lasciammo travolgere da un bouquet di sensazioni.

Le mie parlavano di stoccafisso norvegese, quelle di Iachino raccontavano di capitone in umido; in una parola, era una magia per il palato e per l'olfatto.

Il tempo parve fermarsi mentre venivamo rapiti da un vortice di emozioni che ci permise di partecipare della medesima ineffabile estasi che promanava dalla muta e fumosa coscienza dell'abulico nosferatu.

Non duro' a lungo.

Dopo qualche istante, l'imperturbabile ungulato tiro' fuori da un calderone nero, come la coscienza di un democristiano, un cestello di lavatrice zeppo di croccantini dorati che saltellavano come fossero vivi e lo porse all'elefante che avevamo scansato poco prima.

Questi allungata la zampaccia tiro' a se il cestellone e comincio' a spingersi nelle fauci scagliozze incandescenti, un pugno dietro l'altro, come se, invece di ingoiarle, preferisse conficcarsele nel tronco encefalico.

Non posso pensare a quell'individuo senza un moto di disgusto.

Aveva dei pantaloni che facevano pensare a delle maniche a vento che, tempo prima, avevo visto sventolare all'aerporto di Fontanarossa.

La magliettona che lo ricopriva era stata ricavata da una carta geografica in tessuto plastificato.

Sullo stomaco si allargava il Mar Caspio; dietro, all'altezza delle natiche, si scorgeva a destra l'isola di Giava mentre a sinistra si indovinava la sagoma di Sumatra; in mezzo, il canale della sonda riportava alla mente la terrificante bocca eruttiva dell'immane krakatoa.

L'espressione ottusamente porcina decorava un cranio policromo che aveva le dimensioni di una damigiana, vuota.

Guardando cisti, pustole, cicatrici, eczemi e ciuffi di pelo rado mi parve di ravvisarvi i contorni geografici del deserto dei tartari; ci stava tutto.

Su un braccio era tatuata la frase "Mamma Perdonami", sull'altro si poteva leggere "Babbo, pagami l'avvocato".

Aveva una pappagorgia tanto vasta che, lungo la circonferenza, ci si sarebbe potuto tatuare per intero: "Ciambella salvagente, non e' un dispositivo di sicurezza, usare esclusivamente in acque basse e sotto la supervisione di un adulto".

Masticando emetteva rumori che facevano pensare all'indemoniato di Gerasia.

Terminato in una manciata di secondi il fiero pasto, il "sus bucculentus" si produsse, senza preavviso, in una micidiale fumata nera a mach 2 che ci investi' come una raffica di grecale, riuscendo a dissipare la densa cortina fumogena che ci nascondeva allo sguardo dei passanti.

Fra lo sbigottimento generale, un vecchio marinaio sordo smise di ciucciare dalla bottiglia e, spalancati entrambe gli occhi, affermo' che quel fragore gli ricordava il varo inaugurale della poderosa e modernissima motonave Iginia.

A commento di queste parole scoppio' un'uragano di applausi frammisti a fischi d'approvazione;  vi furono anche ampi gesti amichevoli e benauguranti, da parte di tutti i commensali.

Tornata la calma, io e faccia di gomma, con il massimo candore, ci rivolgemmo allo jeti e all'unisono gli domandammo: "Tutto a posto?" facendo in modo che la esse di posto sibilasse come la esse di sci.

Il facocero fece un cenno affermativo con il capo e si allontano' ballonzolando, senza ulteriori esibizioni, bonta' sua.



Smash Mouth

[youtube=425,350]HIfRzqzL6bc[/youtube]
Titolo: The Persuaders
Inserito da: Watson - 01 Febbraio 2010, 14:28:07 PM
Il primo, figlio nobile dell'alta borghesia, l'altro , ultimo schiavo della gleba.

Iachino terzo di quattro fratelli, era nato in uno sperduto paesino arroccato su una spoglia montagna e diviso in due dall'omonima fiumara Borghesia che divideva la parte alta, da quella adagiata sulla spoglia campagna.

La madre Immacolata Concetta si era risposata dopo aver dato alla luce altre 6 figlie, per via della morte prematura del suo primo marito (si mormora che si fosse esaurito nell'epica impresa di avere finalmente un erede masculo);

Il padre Nobile Umberto, di antiche origini sabaude, pronipote di un garibaldino originario di Cavour, che sbarcato in Sicilia con la famosa spedizione dei Mille, rimase bloccato sull'isola per un improvviso sciopero dei traghettatori dello stretto di Messina;

insieme alla moglie e a tutta la numerosa prole, si occupava di portare avanti l'attività dell'antico avo, grande esperto in esplosivi, che si traduceva nella più grande impresa famigliare dell'isola, sulla fabbricazione dei fuochi pirotecnici.

Ogni mattina tutta la famiglia scendeva dalla lunga scalinata che collega l'umile dimora posta nella parte più alta del piccolo paesino, per raggiungere la sottostante strada e l'ancor più sottostante campagna, dove tra una macchia di arancio, ed una d'olivo si trovava l'ancor più umile laboratorio;

la vita di Iachino venne da subito segnata da questi suoi frequenti spostamenti o a dirla papale papale, la sua vita venne fisicamente segnata da questi frequenti ruzzolamenti con sbattimenti di capa e corne, che comportavano visite quasi giornaliere al lontano policlinico del capoluogo;

per sua grandissima fortuna, non potendo i suoi genitori assentarsi dalla loro frenetica attività, i trasferimenti verso il capoluogo avvenivano grazie all'interessamento delle tre sorelle Lescano, vicine di casa, le quali si prodigavano in lunghe serie di commenti amorevoli e di toccamenti al confine del lecito, che segnarono per sempre l'esistenza del povere piccino;

che da quei lontani giorni diventò per tutti Iachino facci di gumma, sciupa femmine di professione e studente fuori corso di medicina.



L'altro, figlio unico di una giovane coppia, il padre Maestro di letteratura russa, la madre giovane archeologa di storia antica e defunta, dopo aver vinto una borsa di studi sulla tesi "l'arca ai tempi dei due cavalli di mesopotamia...", si recarono nella lontana Turchia per ricercare gli stimoli per una grande impresa, ma furono interrotti dalla scoperta di aspettare un piccolo bebè;

dopo che Margherita, la madre, finì di svezzarlo, venne affidato alle cure di una giovane collaboratrice che si prese in carico anche i figli di altre 4 ricercatrici femmine, combinazione nati tutti nello stesso periodo, preoccupandosi di riportarli sani e salvi nella natia  terra del loro padre;

il fato volle che giunti a Sirmione per imbarcasi verso la sicilia, le indicazioni di un locale marittimo, un certo Behemot, li portarono verso un mercantile tedesco, il Woland, che aveva si come destinazione finale la città di Arcangelo sul mar Bianco, ma prima doveva affrontare uno scalo nella lontana Vladivostok sull'oceano Pacifico;

durante la lunga traversata del globo terraqueo, l'altro crebbe forte e vigoroso, con uno spiccata propensione alla scoperta del firmamento celeste e dei complessi calcoli matematici per conoscere la posizione precisa del mercantile lungo il suo tortuoso navigare per tutti i sette mari conosciuti;

divenne il servo fedele della povera collaboratrice Gleba Nataša, che alle prese con i 5 fanciulli, spesso e volentieri dimenticava cosa fare e come chiamarli, rimanendo per sempre affascinato dal suo aspetto angelico e delicato.

giunti finalmente nella città natale dei suoi genitori, ebbe la fortuna di essere parcheggiato presso una locale comunità ex-sessantottina, dove fece conoscenza e amicizia con una folta schiera di pittorici personaggi, tra cui Iachino facci i gumma.



Dall'incontro di questi due nacque una sincera amicizia, trasformatasi ben presto in una lunga corsa verso improbabili ma reali avventure, in cui Iachino e l'altro saranno lieti di raccontare se solo seguirete l'evolversi di queste pagine.


Attenti a quei due


John Barry

[youtube=425,350]aO_yyCPmTu0[/youtube]
Titolo: Just My Imagination
Inserito da: COIO3 - 01 Febbraio 2010, 17:42:06 PM
Toni, onoratissimo di accoglierti su questo 3d, e grazie per lo sforzo di fantasia in cui ti sei prodotto  (superok)

Dovremo ricordarci di ringraziare tutti quelli che contribuiscono a tenere acceso questo forum.

In quale altra palestra io e te potremmo esercitare i nostri muscoli?  (muoio)

Allo stato attuale mi manca la musica ma io non ho fretta, l'ispirazione e' come la jella, prima o poi ti si attacca addosso.

Mi servirebbe qualcosa che suonasse con tonalita' dantesche; se puoi aiutami, in ogni caso non mettermi fretta  ;D



Cranberries

[youtube=425,350]KrqulgcQpeU[/youtube]
Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: pata2cv - 01 Febbraio 2010, 19:56:00 PM
è bello ascoltarsi una vecchia o nuova canzone chessia..  ma diciamocelo e condividerne le sensazioni, sperando vengano recepite nel medesimo modo è ancor più piacevole
regalare è meglio che ricevere ed è spesso vero  ;D
quindi BECCATEVI 'sta samfing di george Harrison
...mi soffermerei sul video che penso non essendoci all'epoca nessuna clip da associare abbiano  fatto questa sorta di montaggio, dove si notano le tipe e mogli dei quattro baronetti, mi piace notare e condividere queste immagini e tralascerei un po la canzone
I visi angelici senza zigomi alla joker di Batman o labbra rifatte, nasi caratteristici ed importanti, cuprosi, belle guanciotte insomma piacevoli ..no? Ma chi lo dice a 'ste donne che le rivogliamo così!!!!?  (superok)

[youtube=425,350]<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/xzkhOmKVW08&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/xzkhOmKVW08&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>[/youtube]

pardon ....la yoko ono però...... quel viso mattonato.......   (muoio)
Titolo: Cloudbusting
Inserito da: Watson - 02 Febbraio 2010, 11:34:55 AM
Citazione da: krasni dvalòsciadi - 01 Febbraio 2010, 17:42:06 PM
In quale altra palestra io e te potremmo esercitare i nostri muscoli?  (muoio)

Allo stato attuale mi manca la musica ma io non ho fretta, l'ispirazione e' come la jella, prima o poi ti si attacca addosso.

Attualmente un ipotetico incontro di  (scontro) finirebbe al primo raund per ko mio....

.... scrivere quel brevissimo raccontino mi è costato una fatica immane ed uno sforzo non indifferente  (nonso)


Però leggere e rileggere tutte le evoluzioni dei due protagonisti  (cane) (gatto) mi ha fatto apprezzare maggiormente le tue doti scrittoriche non indifferenti (post)



(vecchio) Ho molta pazienza, non preoccuparti, nessuna fretta ....


.... mi sono posizionato sul lato della collinetta ed attenderò con calma ed in rispettoso silenzio l'evolversi del tempo.

Kate Bush

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Titolo: Dude (Looks Like A Lady)
Inserito da: COIO3 - 12 Febbraio 2010, 16:38:33 PM
Vuotammo anche noi i nostri cartocci e ci industriammo per recuperare da essi il sale residuo, era compreso nel prezzo; lo raccogliemmo e ce lo rovesciammo nella strozza con gesto elegante; terminammo l'operazione con un sonoro schiocco di lingua.

Come di consueto, accomodatesi in fondo ai nostri stomaci, le scagliozze ci regalarono un'intenso e caratteristico retrogusto.

In esso io vi ravvisai una sfumatura di sarde alla beccafico, Iachino disse invece di riuscire a percepire indizi che rimandavano al cetriolo di mare spruzzato di limone.

Capitone? Cetriolo? Le proiezioni gustative di faccia di gomma mi parvero perlomeno sospette; sghignazzando rumorosamente gli chiesi, con ovvia ironia, se avesse mai sentito parlare di Sigmud Freud.

Iachino mi fulmino' con lo sguardo, facendomi cenno con la mano di abbassare il tono della voce, ammiccando alle mie spalle.

Mi voltai e vidi una decina di galantuomini che, bottiglie alla mano, mi guardavano protervi, come se gli avessi appena orinato sulle scarpe.

Vinto dall'entusiasmo di aver trovato un valido argomento per canzonare quella sua testa tonda avevo inavvertitamente e malauguratamente tolto la parola di bocca a qualcuno degli altri avventori.

Uno di loro, un tizio dallo sguardo disturbato (gli vibrava la palpebra sinistra), con una fisionomia che faceva pensare al macellaio di Rostov, mi punto' alla radice del naso il dito indice, unto e nodoso come un semiasse svergolato dal mozzo.

Chiese sgarbatamente se ne avessi da vendere di quel "froid".

Nel caso che gliene incartassi mezzo chilo, diversamente che mi togliessi dal mezzo delle fratte, le sue fratte mi parve di capire, oppure che mi "accucciassi" zitto e buono in un angolo.

Cominciai ad avvertire vibrazioni negative nell'aria, aria gia pesante di suo.

Seppure il sudicio schizofrenico mi concedeva di scegliere, presagi' che non avrei avuto una buona digestione qualora avessi preferito trovarmi un angolino per godere ulteriormente della graziosa compagnia.

Tuttavia se mi fossi tolto dalle peste, mi parve, sarebbe equivalso ad ammettere il torto che sapevo di non aver commesso, non in piena consapevolezza comunque, offrendogli implicitamente motivo di vendicarsene.

Per quanto ricco e stimolante fosse il variegato popolo della strada era pur vero che risultava difficilissimo entrarne a far parte, non dico da protagonista quanto anche da spettatore.

I soliti argomenti con cui noi ragazzi ampliavamo il giro delle nostre conoscenze, bacco, tabacco e venere, risultavano di poca presa in quell'ambiente.

Non era gente quella che amasse parlar di lavoro, in ogni caso non oltre l'orario d'ufficio, il loro ufficio intendo.

Quanto a guadagnarci la loro benevolenza, anche a volerla elemosinare con meschina adulazione, ci avevamo rinunciato da un pezzo.

Non erano personalita' quelle che potessero gradire l'approvazione di individui del nostro censo, non piu' di quanto un capitano d'industria mostri di apprezzare la stima tributatagli dall'ultimo dei suoi meccanici.

Trascorsero alcuni istanti mentre pensavo al modo piu' conveniente per uscire da quel ginepraio, che non apparisse troppo vile o irrimediabilmente provocatorio.

Lo psicopatico parve interpretare il mio imbarazzo come se gli stessi opponendo una qualche forma di virile resistenza.

Come un maschio alfa che si esalti all'opportunita' offertagli di far mostra del proprio rango, piego' il capo e comincio' a guardarmi in viso ostentando la curiosita' di chi guardi una strana bestia resa inoffensiva da una robusta gabbia.

Sprofondai in un imbarazzo ancor meno gestibile e, accennando un sorrisino fesso, sentendomi formicolare il capo, alzai la mano destra per darmi una grattatina alla nuca.

Il capo branco parve soddisfatto per l'evidente disagio fisico nel quale era riuscito a costringermi.

Si esibi' in un offensivo sorriso a bocca larga e comincio' a grattarsi sotto la patta dei pantaloni con studiata energia, quasi volesse dissodare il campo dopo averlo tenuta a maggese.

Riconobbi in quella gestualita' volgare la stessa sgangherata virilita' con cui solevamo offendere le nostre coetanee quando quelle ci rimproveravano l'imbecillita' di cui non perdevamo occasione di fare mostra.

A questo pensiero senti' montarmi il sangue al viso, per la vergogna; arrossi' come una verginella che si ritrovasse in stereovisione a mezzo metro dalle pudenda dei Bronzi di Riace.

Lo psicotico volle celebrare la vittoria appena ottenuta offrendo un giro di birra ai suoi compari; prima pero' avrebbe gradito rinfrescarsi la bocca sgranocchiando "uno - perche' no?- magari anche due finocchi freschi", disse accennando col capo in direzione di Iachino che fino a quel momento si era tenuto a distanza di sicurezza.

Ci stavano offendendo, impossibile equivocare.

Faccia di gomma si rabbuio' in viso vedendo calpestato il proprio prestigio da quella mandria suburbana.

Mi tolse dalle mani il cartoccio unto e appallottolatolo assieme al suo si incarico' di cestinarli entrambe dentro una carriola arruginita poco discosta dal banco di mescita.

A nessuno in quel luogo era consentito buttare cartacce per terra.

Trovai giudizioso che faccia di gomma cestinasse senza esibirsi in un tiro libero, come era solito fare, quasi fosse arruolato al N.B.A.; sapevo per certo come in quella periferia il basket fosse considerato uno sport per spilungoni affeminati.

Si sposto' verso un rustico distributore di carta da abluzioni, strappo' due fogli da un quotidiano d'informazione sportiva che penzolava da un gancio arruginito e me ne porse uno, affinche' mi togliessi l'unto dalle mani.

"Amuninni!" mi intimo' con voce severa Iachino, producendosi nel miglior dialetto che poteva, ruotando il braccio destro come un addetto al traffico e indicando col dito teso in direzione del policlinico.

"Bravo, e ricordati di chiudere a chiave la porta della stalla, o ti ritroverai con la vacca gravida", lo incoraggio' una voce sgradevole, metallica e crepitante come un Messerschmitt al decollo.

Subito dopo, mentre mi dirigevo ubbidiente nella direzione impostami, venni colpito vigliaccamente alle spalle da un tappo di birra.

Mi guardai bene dal reagire tuttavia rimasi oltremodo mortificato dall'inutile offesa; volli trovare un modo per fare un'uscita che fosse meno umiliante.

Intravidi una mastodontica sagoma verde fra la nebbia che si andava riaddensando dopo la prodigiosa bordata del bibendum flatulente.

Il bus era vuoto come la platea di un cineforum durante la proiezione di un film della transavanguardia Cecoslovacca.

Indovinai si trattasse del bus numero 7 che all'epoca collegava il quartiere di Ritiro, in zona nord, a quello di Gazzi, in zona sud, il quartiere dove ci trovavamo in quel momento.

Sghignazzando rumorosamente cominciai a lanciare gesti poco costumati a beneficio del conducente; quello, con aria rassegnata, mi saluto' agitando con gesto molle il pugno chiuso dal quale lasciava che emegessero il mignolo e l'indice, in posizione eretta.

Mi sforzai di ruttare con quanto fiato avevo in corpo, ebbi successo e potei allontanarmi senza ulteriori offese; nessuno avrebbe osato picchiare lo scemo del villaggio, non nella pubblica piazza, non sulla strada maestra.

Per quanto stupida possa sembrarmi oggi la mia reazione in quel particolare frangente, a quei tempi avevo il mio credo: meglio scemo che *********.



Aerosmith

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Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Gianni Gandini - 14 Febbraio 2010, 11:35:07 AM
   (su)  10 +   (su) ;D
Titolo: Gimme Chemicals
Inserito da: COIO3 - 14 Febbraio 2010, 18:13:40 PM
Quelle rivolte al conducente del bus furono le ultime risate che riusci' a produrre.

Stavo cadendo vittima della rinomata sindrome post-scagliozza, la secchezza delle fauci, come Iachino stesso ebbe modo di erudirmi in una precedente sortita.

Rivolgendomi al mio compare riusci' ad informarlo che la mia lingua stava cominciando ad aderire in maniera preoccupante al mio palato; conclusi sostenendo di non sapere, al momento, come fare per convincerla a desistere da tale atteggiamento fastidiosamente autolesivo.

Faccia di gomma, facendo sfoggio di erudizione non richiesta, comincio' a dissertare riguardo gli effetti di una eccessiva salivazione associata alla eccessiva ingestione di sale, concomitanza di fattori che, a suo dire, faceva virare il ph del cavo orofaringeo all'alcalino.

Prosegui' sostenendo che pur non potendo pronunciarsi sulla reale composizione chimica della pozione usata per friggere le scagliozze poteva tuttavia approssimare che si trattasse di acidi grassi a vari livelli di rancidita'.

Concluse sostenendo che nella mia bocca, nelle nostra bocche, era probabile fosse in atto un processo di saponificazione dei suddetti acidi grassi; lui non riteneva fosse ragione di preoccuparcene.

Diverso il caso qualora si fossero realizzate le premesse per l'avvio del processo di transesterizzazione dei suddetti acidi, nel qual caso i risultanti composti oleofinici avrebbero cominciato a devastarci gli organi interni, ad iniziare dal fegato.

La nostra vicinanza al pronto soccorso del policlinico universitario ci concedeva, fortunatamente, di evitare la morte per avvelenamento; una morte dolorosa a suo dire.

Il mio sguardo interrogo' il ciarlatano chiedendogli se ritenesse strettamente necessario coglioneggiare ad ogni singolo pie' sospinto.

Recuperando un grano di buonsenso, anche questo non richiesto, il luminare volle ammaestrarmi su quanto sarebbe stato giudizioso da parte nostra sorbire le birre dopo aver degustato le delizie della "Meson", e non prima come stoltamente avevamo appena fatto.

Non ho mai conosciuto nessuno che si sia potuto vantare di possedere quella forma di buonsenso appena descritta da faccia di gomma, in ogni caso nessuno che consumasse i propri pasti lontano dal desco familiare sarebbe mai riuscito a rintuzzare le maliziose arti dei ristoratori.

A tal proposito mi viene in mente il simpatico gestore del locale "La Salsedine",  un certo Salieri, sedicente originario della bassa, qualunque cosa possa mai significare il termine "bassa".

Si trattava di un emigrante, un bastian contrario che in iperbolica controtendenza si era trasferito dal norditalia alle rive della nostra ridente citta' impiantandovi un'impresa di straordinario successo commerciale.

Aveva imparato a compitare il dialetto delle genti che gli avevano dato asilo, e lo scodellava ai suoi ospiti condito da una esilarante quanto simpatica cadenza romagnola.

Insomma, un simpaticone.

Il segno distintivo del suo locale era l'onnipresenza di un simpatico androgino nudo, saldamente ancorato alla superfice di ogni singolo tavolo.

Tramite ingegnoso meccanismo quell'inverecondo contenitore riusciva a distribuire sale da ogni singolo orifizio del suo corpaccione, persino da li, sissignore anche da li, davanti e, come si suol dire, didietro.

Ci portavamo le ragazze in quel locale, quelle poche volte che ne avevamo sottomano.

Le ragazze trovavano oltremodo scurrile quella geniale statuetta mentre noi ne andavamo matti e con virile imbecillita' ci rimpinzavamo di sale mentre loro pudicamente se ne astenevano.

Le ragazze ovviamente non ricavavano alcun beneficio di natura economica dalla loro pudicizia visto che eravamo noi, stupidi cazzoni, a pagare per loro, il poco cibo e le numerose bevande.

Ricordo d'avere visto in un giorno d'estate il Salieri alla guida della sua possente e costosissima convertibile, nuova fiammante.

Indossava berretto e t-shirt della Saltzman University, Sault Lake City, Utha.

Insomma, un dritto.



Pink Spiders

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Titolo: Boogie Shoes
Inserito da: COIO3 - 14 Febbraio 2010, 18:23:11 PM
Atteggiando il viso all'espressione "trovata geniale" informai Iachino di essermi appena ricordato di una fontanella pubblica che sprecava prezioso liquido a pochi passi da noi, in direzione est.

Iachino fece un cenno di diniego con il capo, poi cinguetto' le ragioni del suo rifiuto; le cinguetto' perche' aveva la bocca atteggiata in guisa di chi stia consumando delle sorbe non ammezzite.

L'erudito ciarlatano comincio' a ciangottare di vita microbiotica, di parassiti orrendi che ti si mangiano vivo da dentro cominciando dalle parti molli e altre amenita' del genere.

Tutto quello che riusci' ad afferrare della sua pomposa intimidazione fu un'interminabile seguenza di termini sconosciuti addosso ai quali proliferava il suffisso "-cocco".

Entrambe ci tacevamo il fatto che ad est da noi si trovava la Z.I.R., la zona morta.

In molti ci si erano avventurati, di giorno e di notte, senza fare mai ritorno; altri ci erano stati portati a viva forza, di giorno e di notte, e anche di questi si erano perse le tracce.

Quand'anche da quella fontanella fosse sgorgata gelida birra spumosa l'uomo giudizioso se ne sarebbe astenuto, lasciando che ne beneficiasse la nuda terra, sempre ammesso che la stessa non fosse gia scomparsa, pure lei.

Venendo a mancare la possibilita' di una rapida irrigazione del cavo orale mi senti' venir meno; non che mi manchi il coraggio, intendiamoci, e' proprio la sofferenza fisica che non riesco a tollerare.

Preda di una spaventosa arsura mi vidi costretto ad un gesto disperato che mai avrei pensato di convincermi a perpetrare.

L'infame cinguettatore, avviluppandosi nel velo del gelido silenzio che ci era piombato addosso, mi teneva sotto tiro col suo occhio di volatile saprofago che subodora prossima la fine della sua vittima.

Sostenedo lo sguardo del mio aguzzino, come una gru, l'uccello intendo, che cerchi il meritato ristoro del sonno, alzai la gamba destra e, abbassando la mia mano monda di peccato, la sinistra, tirai fuori dal calzino una millelire ch'era tutto il mio tesoro.

"Lo sospettavo" squitti' a bocca semichiusa l'orrido marabu', e si avvento' sulle spoglie della mia rispettabilita'.




KC And Sunshine Band

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Titolo: Please Don't Go
Inserito da: COIO3 - 14 Febbraio 2010, 18:38:48 PM
Ci sono momenti nella vita di un'uomo, seppur giovane, in cui le parole non servono.

Mi girai senza fiatare e mi diressi alla volta della "Meson", dove avrei trovato le due birre che ci abbisognavano; non era necessario che dessi ulteriori soddisfazioni a quella gazza ladra.

"Dove Vai?", domando' il volatile; non lo degnai di risposta.

"Ho idea che quei "signori" non ti riserveranno una buona accoglienza", lancio' come esca; non abboccai, tuttavia rallentai il mio passo, cercando di fare mente locale riguardo gli ignoti "signori" di cui stava cianciando.

"Cosa gli racconterai questa volta? magari di come Mr. Bally riusci' ad accumulare un'inestimabile tesoro pirateggiando nei mari del sud, nonostante fosse di nobile stirpe ed alto lignaggio....."

Mi fermai sconfitto; in quei giorni, pur di schivare analisi matematica, avevo divorato con voracita' il "Master of Ballantrae" ed ero stato cosi' sciocco da raccontarglielo.

Intendiamoci, nessuno avrebbe potuto costringere Iachino a farsi leggere un libro di Stevenson, neanche incatenandolo ad una sedia; si sarebbe messo a starnazzare come una papera che deponesse un uovo fuori misura.

Mi ero limitato a raccontargli di come un giovin signore, dalla mente sveglia e di pochi scrupoli, si fosse potuto arricchire in fretta e senza per questo versare una sola stilla di sudore della fronte.

Insomma gli avevo raccontato la parte piu' interessante, la parte che piu' avrebbe potuto interessare un pigro giovinastro che vegetava in una zona economicamente depressa.

Ammisi a me stesso che aveva ragione lui; quella infelice battuta su Freud mi aveva precluso l'accesso alla "Meson, rischiavo le chiappe a tornarci solo e disarmato.

Prossimo ad una crisi respiratoria tornai sui miei passi.

Strinsi la mano a pugno facendovi emergere il dito indice e il dito medio strettamente uniti; in mezzo ci stava la mia millelire, la banconota alla quale, affettuosamente, avevo affibbiato il nomignolo "figlia-unica-di-madre-vedova".

Gli porsi il "giuseppeverdi" con gestualita' disinvolta, facendolo svolazzare, disegnando nell'aria una chiave di violino.

"Portami il resto!", gli intimai con quanta fiele avevo in corpo.

"Ceeeerto che si!", menti' la sua bocca spudorata.

"T'u po' levari da testa", dicevano i suoi occhi canzonatori; i suoi occhi, strano a dirsi, canzonavano in dialetto.

Molti non hanno mai visto una millelire, chi per difetto d'eta' anagrafica, altri a causa d'insanabili ristrettezze.

La superba banconota decorata dell'austera seppur bonaria testa del Cigno di Busseto; quale consolazione per lo spirito poter ammirare il cangiante sguardo del grand'uomo emergere dalla filigrana.

Diedi un'ultimo sguardo alla figura maestosa del grande maestro che parve dirmi col suo sguardo espressivo: "Non dimenticarmi!".

"Non lo faro'!" promisi solennemente, pronunciando le parole con voce rotta dal pianto.

Lo spietato avvoltoio mi strappo' dalle mani quell'inestimabile sindone, con gesto volgare.

Il cigno, accartocciato su se stesso, con un ultimo sguardo disperato parve rimproverarmi: "Come hai potuto farmi cio'?"

"Sono vittima delle circostanze.....", balbettai a mia discolpa, piangendo a dirotto.

La mia banconota! Fu quella l'ultima volta che la vidi.




KC And Sunshine Band

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Titolo: Glittering Prize
Inserito da: COIO3 - 16 Febbraio 2010, 16:45:56 PM
Torno' nel giro di poche decine di secondi tenendo le bottiglie per il collo, impiccate fra le adunche dita della mano mancina.

Il fatto che non avesse gia tracannato la sua birra non lo interpretai come gesto di fraterna solidarieta', ebbi piu' che altro la conferma che i miei orfanelli avrebbero tintinnato nelle sue tasche, da li in avanti.

"Bevi, fratello", mi invito' porgendomi la sola bottiglia, come volevasi dimostrare.

"Strozzati", gli augurai strappandogli la bottiglia dalle mani.

Ci strozzammo entrambe, mentre ci si abluiva.

Nell'intento di lubrificare il cavo orale ci versammo in bocca una bella sorsata di liquido dopo di che, serrate le labbra, con un nervoso e coordinato movimento di lingua e guance cominciammo a sguazzare energicamente.

La birra, per sua stessa natura, non chiede altro che di espandere il proprio volume, basta stuzzicarla, un po' come ......, si, insomma, non v'e' chi non sappia.....

Non era la prima volta che ci trovavamo impegnati in quella sorta di salvataggio in extremis sicche', come rispettando i canoni di un qualche rito esoterico, come sacerdoti del Sacro Ordine del Malto e del Luppolo, ci posizionammo uno di fronte all'altro continuando a sguazzare all'unisono.

Con movimenti coordinati ci curvammo posando le bottiglie ai nostri piedi, ci rialzammo volgendo la fronte al cielo, allo zenit, ci curvammo nuovamente e, sistemate le mani a coppetta, recuperammo la schiuma che nel frattempo stava fuoriuscendo copiosa dalle nostre narici.

Riguadagnammo la posizione eretta e buttammo giu quello che era rimasto in bocca; volgemmo la fronte al cielo, allo zenith, spalancammo la bocca trattenendo il respiro e vuotammo le coppette nella strozza.

Starnutimmo, tossimmo, buttammo giu tutto quello che desiderava andare giu ed espettorammo tutto quello che preferiva venir su.

Ci vuotammo le bottiglie in gola, le strizzammo, come fossero limoni, asciugammo le mani sistemandoci la capigliatura a piu' riprese, evitando di macchiarci gli abiti, le nostre madri picchiavano duro.

A quel punto il rito pote' considerarsi concluso.

"AhhhhhhhhhH!", esclamai io; "AhhhhhhhhhH!", esclamo' Iachino.

Sembrava di stare in riva al mare quando l'onda s'infrange annoiata sulla sabbia, d'estate.

Dopo qualche istante faccia di gomma si produsse in un rituale al quale io, lo ammetto, non ero ancora stato iniziato; lo osservai incuriosito.

Comincio' a palparsi la mammella sinistra, poi la mammella destra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se lo invitasse a tirarsi su.

"Mi sembra che tu sia troppo ottimista", lo ammoni', inducendolo implicitamente a ridimensionare le proprie aspettative; fin sotto il mento? dai, non scherziamo!

Senza badare alle mie parole attacco' a palparsi con impazienza prima la natica di destra, poi la natica di sinistra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se fosse sorpreso di non trovarvelo.

"Fuochino", mi permisi di suggerire, cercando di incoraggiarlo senza mettergli paura, d'altronde se avesse trovato cio' che stava cercando, nel posto dove lo stava cercando, sarebbe stato lui il primo a dolersene.

Facendo tesoro delle mie parole si caccio' le mani nelle tasche, prima la destra, dove solitamente si portano le chiavi di casa, poi la sinistra, dove solitamente si porta il "disturbo", per usare un termine da sartoria.

Subito dopo ripete' l'operazione, nello stesso ordine, affondando le mani ancor piu' in profondita'.

"cacchio, cacchio!", tuono' in preda al panico, fingendo di essere sfavorevolmente impressionato di averne trovato due li dove, a rigor di logica, avrebbe dovuto trovarne soltanto uno.

"Ssseh!, 'e fatt 'a scopert", lo sconfessai, usando un accento partenopeo, facendo in modo, anche stavolta, di far sibilare la esse di scoperta come la esse di sci.

"Accontentati del poco che hai ricevuto in dono, evita piuttosto di perderlo nuovamente", lo rimbrottai con finta severita'.



Simple Minds

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Titolo: Walking In Your Footsteps
Inserito da: COIO3 - 23 Febbraio 2010, 17:23:00 PM
"Le sigarette.......", sospiro' piagnucolando, come parlasse di una persona a lui cara, di cui avesse appena appreso la triste dipartita.

"Quello stupido gorilla!", invei', mentre la "esse" gli sibilava in mezzo ai denti; "devo averle perse mentre ci allontanavamo....." concluse amareggiato.

Capi' immediatamente a quale gorilla si riferisse, rimasi invece interdetto sentendolo parlare di allontanamento.

Ricordavavo perfettamente come ci fossimo "allontanati" alla stessa velocita' con cui i protoni vengono sparati fuori da un tubo catodico; questa mi sarebbe sembrata una descrizione appropriata del nostro "allontanamento".

Gia sui banchi di scuola avevo cominciato a sospettare come la storia rispettasse non gia la veridicita' degli eventi che pretendeva di testimoniare, quanto piuttosto il punto di vista dello scrivano e piu' ancora quello del munifico mecenate.

Giudicai probabile che prima del tramonto faccia di gomma sarebbe andato in giro raccontando agli amici come le avesse cantate sul muso ad un'idiota palestrato, proprio quella mattina.

Giudicai probabile che avrebbe offerto un giro di birra agli amici per celebrare, anche lui, la sua vittoria, perche' la verita e' gratuita mentre, come tutti sanno, la fantasia e' a pagamento.

L'eco dei miei pensieri non si era ancora spenta nella mia mente quando senti' nascermi da "dentro" un'improvvisa necessita' di cacciarmi qualcosa in bocca, qualsiasi cosa fosse sufficentemente combustibile da potersi "accendere" ad un'estremita'.

E' stupefacende notare come prima della notizia dell'avvenuta perdita non avrei pensato a fumare una sigaretta piu' di quanto non avrei pensato a risolvere un'equazione di Lagrange.

Faccia di gomma pareva fosse impegnato nello stesso stupefacente processo mentale perche' lo vidi infilarsi in bocca due delle tre falangi del dito indice della mano destra, assumendo un aspetto pensieroso.

Dopo qualche istante si tolse il dito dalla bocca, deformando il viso in una smorfia di disgusto (lo credo bene) e lascio' scivolare la mano in direzione della tasca corrispondente.

Senza pensarci un attimo lo informai: "Non ti basteranno!".
Senza pensarci un attimo mi confermo': "Vero! non bastano".

Parlavamo degli spiccioli, i miei spiccioli che disonestamente teneva segregati nel suo taschino.

Calcolare istantaneamente i denari anche senza vederli, solo semplicemente pensando ai beni o ai servizi che essi stessi potevano pagare, era per noi un dono innato e, tutto sommato, diffusissimo fra le nostre genti.

Non staro' a tirarla tanto in lungo; a quei tempi frugando dentro i calzini della popolazione maschile lo stato avrebbe recuperato risorse sufficienti a pagare un'intera manovra finanziaria.

A quei tempi nessun maschio si sarebbe accontentato di avere un solo asso, nei calzoni, tutti ne volevano uno anche nella manica, da tirare fuori all'occorrenza.

Nascondevamo i soldi nelle calze per barare, per sorprendere, cosi' come "Nick manolesta" sbaragliava gli altri giocatori allargando sul tavolo il suo poker, mentre gli assi legittimi riposavano ignari nel mazzo.

Avevamo, tutti indistintamente, la testa piena di fotogrammi e di colonne sonore.

Visto che conoscevo il finale di quel film, gli posi una mano sulla spalla per aiutarlo a non cadere, gli sapevo le fette piatte come il Tirreno sotto la sferza dello scirocco.

"Vediamo di risolverla 'sta cosa" dissi con tono di voce per quanto possibile persuasivo.

"Tira fuori, dai!" lo incoraggiai con fermezza non scevra da una certa perentorieta', vedendolo fissarmi titubante, come fosse assorbito da un ponderoso calcolo mentale.

Sostenedo il mio sguardo, come una gru, l'uccello intendo, che cerchi il meritato ristoro del sonno, si persuase ad alzare la gamba destra e, abbassando la mano monda di peccato, la sinistra, comincio' ad armeggiare con il mocassino, all'altezza del calcagno.

I calzini, deboli d'elastico, non avrebbero potuto trattenere nulla, si ripiegavano in artistiche volute, all'altezza delle caviglie.

Senza staccare i suoi occhi dai miei, il folle riusci' a togliersi la scarpa che precipito' al suolo emettendo un singhiozzo sordo, quasi esprimesse sollievo, cosi' mi parve di poter interpretare.

Venimmo immeditamente circondati da una debole nebbiolina giallastra che puteva di Maiorchino di montagna, al giusto grado di maturazione.

Mi preparai mentalmente e fisicamente all'aggressione.

Non avevo nulla da rimproverargli, con quel caldo, dopo quella galoppata; quanto alla natura stessa dell'aggressione, in tutta onesta' non avevo proprio nulla da invidiargli.

L'untore comincio' a denudare l'orrida zampa.

Il calzino aderiva tenacemente alla pelle umidiccia; quel'avvelenatore lo tiro' via con un movimento lento e misurato che faceva pensare ad un erpetologo che scuoiasse un boa constrictor, putrefatto.

Lascio' cadere al suolo il calzino che vi si adagio' rimanendo in piedi, mantenendo inalterata la sua forma seppur afflosciandosi all'altezza della caviglia.

Da Est, dal mare, si levarono prepotenti strida che ricordavano i lamenti funebri con i quali le belle Troiane piangevano i propri soldati morti, scarmigliandosi sulla soglia delle porte scee.

Ebbi un leggero mancamento dal quale mi ripresi in tempo utile per seguire l'evolversi della situazione.

Appiccicata a quella che avrebbe dovuto essere l'arcata plantare di faccia di gomma, aderiva una striscia di carta grigia che dava l'idea di poter essere una banconota ripiegata piu' volte su se stessa.

Mi porto' alla mente l'immagine di una fetta di prosciutto appiccicata ad un tramezzino imburrato.

Operando con le unghie di indice e pollice gli riusci' di tirar via quell'orribile francobollo dalla raccapricciante estremita'.

"Tienimi!" mi grido', mentre cercavo di allontanarmi, in preda ad un irrefrenabile disgusto.

Poi, dovendo ricoprire il cadavere appena esumato, guardandosi bene dall'affidarmi quella "cosa" che io, peraltro, mi sarei guardato bene dal prendere in affido, se la spinse sul dorso della mano sinistra e quella, orribilia visu, vi rimase attaccata.

Recupero' il calzino e se lo infilo' al piede, o per meglio dire, lo calzo' come fosse una vecchia pantofola; quindi infilo' la punta della zampa nel mocassino e comincio' a ruotare il tallone come se schiacciasse una blatta; il mocassino reagi' con un gemito' esausto e alla fine si rassegno'.

"Bene, adesso abbiamo di che fumare" volle informarmi, regalandomi uno sguardo odioso, come di chi sia appena riuscito a vendicarsi di un torto precedentemente subito.

Si scollo' la banconota dal dorso della mano e, dopo averla spiegazzata me la sventolo' sotto il naso, orrido vessillo della sua stessa perfidia.

Io arretrai, tirando via il capo con raccapriccio, appena in tempo per vedere uno stormo di rapaci gabbiani che si precipitava su di noi.

Li vidi remare controvento con le ali per arrestare la corsa; poi li vidi librarsi sui nostri capi come fossero interdetti; ad un certo punto, convinti fossimo stati noi ad occultare la carogna che erano venuti a spolpare, cominciarono a darsi di voce e qualche scagazzata intimidatrice comincio' a venir giu, quasi con indolenza.

Convinti com'eravamo di star per subire una doccia non prevista ci scambiammo uno sguardo d'intesa e attaccammo quella che all'occhio dei profani volatili doveva sembrare una fuga per la salvezza.

Ci fermammo dopo venti metri esatti ed invertimmo il senso della corsa; gli stolidi pennuti, tratti in inganno, avevano gia "mollato" il loro carico di lordura che precipito' al suolo imbrattando l'asfalto, gia lordo di suo.

Tornarono a librarsi sui nostri capi e, dopo averci aspramente rimproverato con striduli versi, si allontanarono tornando alle ineffabili sabbie che offrivano il fianco alle acque dello stretto.

Magnanimamente indicammo loro la strada, puntando al cielo i nostri pugni destri, chiusi, dai quali lasciavamo che emergesse il dito medio, eretto ed ammonitore.

Quanto e' vero che la natura e' maestra!

Tenetevi lontani dalla pazza folla, lasciategli il tempo di sfogare la propria pazza rabbia, e la vedrete disperdersi, la vedrete disgregarsi in un numero imprecisato di idioti che se ne tornano a casa con le pive nel sacco.

Ripresi i sensi che ancora il bieco avvelenatore mi sventolava sotto al naso quella fetta di gorgonzola color grigio perla.

Poi, constatando che tenevo gli occhi fissi nel vuoto, mi rivolse uno sguardo incuriosito come se mi vedesse per la prima volta.

Comincio' a pungolarmi con la punta delle dita, come se fossi una strana bestia immobile e lui volesse accertarsi se fossi vivo o meno.

"Oh!, ...... Oh!", ripeteva mentre continuava a sollecitarmi la spalla sinistra con le dita.

Abbassai lo sguardo e mi avvidi che fra l'indice e il pollice della mano con cui mi pungolava teneva stretto il fetido frammento filigranato.

"Toglimi da sotto al naso quella porcheria" protestai, arretrando di un passo, "o finiro' per sentirmi male sul serio!".



Police

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Titolo: Everybody Wants To Rule The World
Inserito da: COIO3 - 02 Marzo 2010, 13:00:12 PM
"Bentornato!" esclamo' Iachino, come se mi stesse portando il caffe' a letto di primo mattino; poi mi chiese se mi capitasse spesso di dormire in piedi come i cavalli, ad occhi aperti come i vampiri.

Mi resi conto di essermi "assentato" per qualche secondo sicche', non facendo caso al suo sarcasmo, mi affrettai a raccontargli di come avessi "visto", con gli occhi della mente, dei gabbiani seriamente intenzionati a scagazzarci sulla testa.

"Scagazzarci in testa?" domando' cogitabondo faccia di gomma, tamburellandosi il mento con l'unghia del dito indice, fingendosi clinicamente interessato al mio caso.

"Sarebbe interessante sapere cosa ne penserebbe Freud di queste "tue" attivita' oniriche", concluse, come se lo domandasse a se stesso.

Non mi e' mai piaciuto l'eccesso di ironia e di sarcasmo, in special modo quando non sono io ad esercitarlo su qualcun'altro.

Fingendomi entusiasta, mi compiacqui del suo interessamento, se non altro perche', spiegai, nel mio sogno i gabbiani intendevano scagazzare anche la "sua" testa e, sempre nel mio sogno, come al solito, lui riusciva a correre comunque piu' veloce di me.

Con aria di sufficenza Iachino mi consiglio' di astenermi dalle droghe pesanti, "bacco e tabacco sono gia piu' che sufficenti per un maschio adulto di corporatura media" sentenzio', pesando la mia figura con sguardo di ostentata commiserazione.

Avrei lasciato estinguersi quell'inutile battibecco se non fosse che il perfido ciarlatano aveva volontariamente escluso l'ultimo termine dalla triade della depravazione, quella venere a cui tanto tenevo, per inclinazione naturale, come lui ben sapeva.

Ribattei piccato che, a mio avviso, aveva sorbito la sua ultima birra troppo in ritardo perche', avesse avuto in bocca saponine oppure oleofine, qualunque cosa fossa era riuscita a raggiungergli le estremita' inferiori producendo effetti perniciosi per la salute umana, ne ero testimone vivente, seppur ancora leggermente allucinato.

Conclusi suggerendogli di non scalzarsi in presenza di cardiopatici, diversamente si sarebbe ritrovato a dover rispondere della sua scelleratezza in corte d'assise.

Faccia di gomma approfitto' della mia esagitazione per far mostra di una classe e di una dignita' di comportamento che era lungi dal possedere.

Con finta signorilita' volle troncare il discorso e, porgendomi la biascicata millelire, ordino' "EmmeEsse", come se ordinasse "vino della casa" restituendo la lista al sommelier di un ristorante a quattro forchette.

"Non toccherei quella porcheria neanche se me la presentassi in fotocopia!" profferi', indignato per l'oscena proposta.

Il balordo dispiego' la banconota come se volesse stirarla, poi se la infilo' fra il pollice e il medio della mano destra, in ultimo la blocco' spingendola in basso con il dito indice, facendola assomigliare ad una sassola.

Sorridendo idiotamente fece un gesto con la mano, come se volesse raccogliere granaglie da un sacco di iuta con quel cucchiaio improvvisato, e comincio' a cantilenare invitante: "Sigarettine?"

Ci trovavamo nel bel mezzo del viale giostra, sgombro di vetture, disperatamente ingolfate nella stradina che portava al policlinico.

Avevamo due tabacchini a cui poter accedere, uno all'angolo apposto dello stadio, l'altro, piu' vicino, a poche decine di metri dall'ingresso del nosocomio.

Iachino non poteva fisicamente avvicinarsi al tabacchino che ci era piu' prossimo, contemporamente si rifiutava di percorrere tutta la strada che ci avrebbe condotto all'altra rivendita.

Io non avrei avuto difficolta' alcuna a fare il giro dello stadio, in ogni caso avrei preferito disertare il tabacchino a cui faccia di gomma non poteva neanche avvicinarsi, in ultimo mi rifiutavo categoricamente di mettermi in mano quella porcheria a corso legale.

"Andiamo" dissi incoraggiante, "sono solo cinquecento metri, duecentocinquanta ad andare e duecentocinquanta a tornare".

"Vai e compra 'ste sigarette, qui all'angolo" insistette Iachino, "non c'e' motivo di scarpinare per mezzo chilometro, con questo caldo!".

Che mezzo chilometro corrispondesse al millimetro a cinquecento metri lo sapevamo entrambe tuttavia, a livello psicologico, il chilometro pesava molto piu' del metro, fra essi vi si poteva ravvisavare la medesima distanza che corre fra l'epiteto "cornuto" e la locuzione "sfortunato in amore".

Ci impegnammo per qualche minuto in quella singolar tenzone, gesticolando ognuno per proprio conto, ciascuno indicando una direzione opposta a quella indicata dall'altro.

Presagivo sarei uscito sconfitto da quella disputa sapendomi tendenzialmente giudizioso e sostanzialmente remissivo.

Iachino, diversamente da me, era naturalmente incline ad esercitare la propria volonta' esasperando i propri antagonisti, fiaccandone le resistenze non vi sed saepe cadendo.

Mentre continuavo a opporgli quella che ai suoi occhi doveva sembrare un'inusitata ostinazione, inusitata trattandosi di me, faccia di gomma, sentendosi montare la fregola del tabagista, volle risolversi ad un gesto che, a suo giudizio, avrebbe troncato ogni mia ulteriore resistenza.

Mentre si sbracciava si era accorto egli stesso come la fetida banconota gli rimanesse appiccicata alle dita, ora al pollice ora all'indice, in modo da contraddire le piu' elementari leggi della fisica; uno spettacolo repellente, ad assistervi a breve distanza.

All'improvviso tacque; rivoltato il lembo inferiore della camicia si diede a lustrare la bonconota che, intrisa d'immonde secrezioni, resisteva al trattamento contorcendosi come argilla pesante all'ugello dell'estrusore.

Terminata l'operazione di pulizia tese il braccio lontano dalla propria persona e, tenendo la mille lire appesa come un quarto di manzo al gancio del macellaio, guardandomi fisso negli occhi, apri' le dita.

La banconota scivolo' verso il basso, per qualche centimetro, prima di cadere vittima della leggera brezza primaverile che dal mare spirava verso i monti, brezza che comincio' a sospingere il lucido foglio imprimendogli un movimento incerto ed ondeggiante, imprevedibile per portata e direzione.

Chiunque abbia poche risorse da spendere matura istintivamente un sacro rispetto per il denaro, lo coccola, se ne prende cura e lo custodisce come si fa con i cuccioli della propria specie.

Disfarsi del denaro senza ricavarne frutto alcuno, dilapidarlo senza rispetto ne soggezione, aveva alla luce del mio buonsenso la stessa criminale valenza del vilipendio ad una qualche forma di religione, era come infrangere un tabu'.

Non fu per debolezza d'animo ne per cupidigia di beni materiali che persi la sfida lanciatami dallo scellerato scialacquatore.

Non c'e' una grossa differenza tra il remissivo ed il prepotente, fra lo sconfitto e il vincitore, se non una maggiore rapidita' di pensiero del primo, una piu' rapida  acquisizione di consapevolezza riguardo l'inutilita' nel sostenere ogni tipo di lotta.

Persi lo scontro per una sola frazione di secondo.

Se solo mi fossi impedito di pensare alla stupidita' del gesto compiuto da quel senzadio, egli stesso si sarebbe messo a rincorrere la banconota, come un cane della prateria dietro ad una lepre selvatica, proprio l'istante successivo a quello che impiegai io per afferrare al volo l'orfanella vagante.

Puzzava terribilmente tuttavia la ripiegai e me la infilai in tasca, incamminandomi in direzione del tabacchino sito in prossimita' del policlinico.

"Andiano!" ordinai con tono autoritario a faccia di gomma che, peraltro, si era gia incamminato.

"Curnutu!" lo gratificai.

Lo "sfortunato in amore" mi sorrise, a bocca stretta, come gatto silvestro davanti alla gabbietta del canarino, vuota.




Tears For Fears

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Titolo: Why Don't You Do Right
Inserito da: COIO3 - 02 Marzo 2010, 17:05:22 PM
Ben prima che io nascessi Rocco XXX gestiva una rivendita all'ingrosso di sale marino; la rivendita era sita nella stradina che qualche anno appresso avrebbe ospitato la rampa d'accesso al Policlinico Universitario.

Morto Rocco, prematuramente come usava all'epoca, la rivendita passo' nelle mani del figlio primogenito il quale seppe manovrare in modo da dotarsi, nel giro di pochi mesi, di una insegna nuova di zecca che lo autorizzava alla rivendita di sale e tabacchi.

Pur rinunciando a vendere sale gli affari del giovane andavano a gonfie vele tuttavia non gli riusci' mai d'arricchirsi, complice la completa dedizione alle sale corse e al lupanare.

In breve tempo il figlio della buonanima di Rocco si vide affibiare, a pieno merito, il nomignolo di "Ianu pediIpoccu", Sebastiano il libidinoso.

Iano gesti' la rivendita per quasi trent'anni, fino al giorno in cui un colpo apoplettico non lo diosarciono', proprio in dirittura d'arrivo, mentre correva il suo ultimo gran premio nell'ippodromo "Za' Maria, soddinnai?", da zia Maria si paga in anticipo, sito in un vicolo della zona industriale.

Nel giro di quattro settimane Sebastiano si ritrovo' in un letto del "Pio Ricovero del Lacero e del Ramingo" mentre i parenti intascavano il ricavato della vendita della licenza.

Alessandro XXX parti' per Milano poco piu' che ventenne e ivi rimase per poco piu' di trent'anni lavorando come tipografo al capezzale delle rotative che stampavano un quotidiano a diffusione nazionale.

Dalla sua permanenza milanese Alessandro ricavo' un reddito "sicuro", una moglie florida e vivace come una "mandragora officinarum", una figlia appartenente alla stessa specie botanica della madre, se si esclude un solo particolare anatomico.

Il nostro eroe era un lavoratore indefesso e coscenzioso tuttavia la moglie, anch'essa oriunda dell'isola, aveva una testa degna del piu' capace "cummenda"; cominciando come lavascale, sapendo fare, nel giro di dieci anni si ritrovava a gestire una fiorente impresa di pulizie.

Quando fu chiaro che tutto il piombo che Alessandro maneggiava avrebbe finito per portarlo anzitempo nel regno delle tenebre, la moglie liquido' l'impresa e si trascino' dietro il marito giu nelle terre natie affinche' si godesse la meritata pensione, almeno per qualche anno.

Alessandro, condannato all'inattivita', dava segno di poter morire di noia sicche' la moglie decise di comprare la licenza del libidinoso, trovando modo cosi' di impiegare anche l'unica figliola che Alesandro era stato capace di regalargli, prima che il piombo gli scaricasse le cartucce.

Per specifico desiderio d'Alessandro il tabacchino comincio' a vendere anche giornali e riviste.

Alessandro rinaque a nuova vita sebbene segnato dal precedente usurante lavoro; dopo qualche tempo la voce popolare gli affibbio' il nomignolo "Lisciandro dormi-dormi", Alessandro il contemplativo.

La figlia dimostro' presto di possedere le medesime doti imprenditoriali della madre e la rivendita comincio' a prosperare.

Del proprio intero corredo cromosomico il povero Lisciandro riusci' a trasferire alla figlia il solo gene risultante dalle migliaia di litri di latte che, per contratto, era costretto a sorbire sul posto di lavoro.

In breve tempo la voce popolare affibbio' alla ragazza il nomignolo "Rosa Latteria", Rosaria la prosperosa.

Giusto per capirci, per misurarla tutta un metro da sarto non sarebbe bastato, come avemmo modo di calcolare, a occhio e croce, io e Iachino la prima volta che entrammo nel tabacchino per far rifornimento di "bionde".

In quell'occasione io mi diressi in fondo al locale per consultare le riviste, Iachino si incarico' di prendere le sigarette.

Passando buttai un occhio alla tabaccaia e per poco non mi strozzai.

Quella creatura aveva un decollete' prodigioso, ci si sarebbe potuto apparecchiare per quattro, compreso menu e cestello dei vini; era la copia esatta della celeberrima tabaccaia dell'immortale maestro, col favor degli anni verdi.

Con modestia riusci' a chiudere la bocca che mi si era involontariamente spalancata e mi diedi a sfogliare riviste controllato dall'occhio vigile del silenzioso e cogitabondo Lisciandro.

Iachino senza guardare la tabaccaia negli occhi, non ci sarebbe riuscito, comincio' a farle perdere tempo domandandole che tipo di sigarette avrebbe potuto comprare con la banconota che aveva a disposizione.

Ovviamente avrebbe potuto comprare qualsiasi pacchetto di qualsiasi marca tuttavia, sovrastato da quella "mora" portentosa, non riusciva proprio a concentrarsi su delle banalissime "bionde", come mi confesso' in seguito.

Qualche secondo piu' tardi, mentre leggevo i titoli di una rivista, udi' chiaramente la Rosa esclamare, indignata: "PORCO!" 

L'istante successivo si verifico' quella che puo' essere definita un'esplosione di movimento; fu come se qualcuno avesse introdotto un topo vivo in un rettilario affollato.

Avverti' uno spostamento d'aria e mi accorsi che i giornali cominciavano a svolazzare per aria con movimenti circolari.

Mi avvidi del fatto che Iachino cominciava a correre, a scappare per meglio dire, inseguito dal mutangolo Lisciandro che per l'occasione sfoggiava sul volto plumbeo un'espressione luciferina.

Raggiunsi il marciapiede e vidi che faccia di gomma aveva acquisito un notevole vantaggio sull'inseguitore che, dal canto suo, cercava di accorciare le distanze lanciandogli dietro una ponderosa copia dell'almanacco di Frate Indovino, in confezione blisterata, che per poco non trancio' di netto l'orecchio sinistro di quel suino da corsa.

Il sonnolento rientro' alla base dopo aver recuperato il volume che, ad una prima analisi visiva, non sembrava aver subito danni dal trattamento inflittogli.

La tabaccaia, vera figlia di madre, intasco' la banconota orfana senza dare nulla in cambio, ne io mi azzardai a rivendicare alcunche' visto che nessuno mi aveva riconosciuto come compare di quel laido fuggiasco.

Iachino, che ritrovai intento a blandire una giovane infermiera nei pressi del pronto soccorso, dichiaro' che non avrebbe mai piu' frequentato quella rivendita.

Sgattaiolando fuori dal locale, ancor gravido di tensione, avevo lanciato uno sguardo in tralice alla disonesta banconista e l'avevo sorpresa a guardarmi con una espressione che somigliava a quella che esibivo io quando sbirciavo le ragazze in palestra, al liceo; ne rimasi turbato.



Amy Irving

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Titolo: Il Gabbiano Infelice
Inserito da: COIO3 - 02 Marzo 2010, 17:17:19 PM
Mi recavo malvolentieri in quel tabacchino.

C'era sempre la fila per comprare le sigarette; la gente metteva i soldi sul bancone e poi indietreggiava di un passo per comprendere appieno tutta l'opulenza della spettacolare tabaccaia, opulenza che per essere abbracciata interamente avrebbe richiesto il cinemascope.

Quelle poche volte che ero costretto ad entrare in quella rivendita tenevo un attegiamento irreprensibile, ben sapendo cosa si sarebbe potuto scatenare qualora la pettoruta avesse anche minimamente potuto male interpretare le mie intenzioni.

Eppure, in qualche modo, per qualche oscuro motivo, la mia modestia sembrava offendere la ragazza che non mancava mai di lanciarmi sguardi ostili, apostrofandomi con toni verbali tali da indisporre qualsiasi maschio, pur pronunciando esclusivamente i pochi monosillabi inerenti al completamento della transazione finanziaria.

Entrai nel tabacchino, mi fermai davanti al banco e guardando in alto indicai fra gli innumerevoli pacchetti cellofanati la fila che garantiva la qualita' del tabacco delle puglie.

"Emme esse" pronunciai in tono asciutto, "il pacchetto da venti", precisai come se, potendo scegliere fra confezioni di vario taglio, avessi preferito ripiegare sulle classiche venti che, ancora oggi, ritengo siano la dose perfetta per un tabagista non particolarmente arrabbiato.

La tabaccaia, come si dice in questi casi, non se ne dette per intesa, e rimase immobile a fissarmi.

Abbassai lo sguardo e incatenai i miei occhi dentro i suoi, ferocemente determinato a non procedere oltre; mi avvidi che mi offendeva con un'espressione dubbiosa sicche' infilate due dita in tasca ne trassi fuori la banconota ancor umidiccia.

Quella millelire puzzava tanto da disgustare; il cigno di busseto vi giaceva mostrando uno sguardo spento e senza vita; fu l'unico giuseppeverdi fisicamente morto che potei mai vedere su una millelire; quella banconota era una lapide a tutti gli effetti, mancava solo l'epitaffio.

Nell'istante stesso in cui posavo la millelire sul banco mi assali' la paura che potesse rimanermi appiccicata alle dita.

Con gesto risoluto allungai la mano sinistra e mi impadroni' di una scodella d'ottone lucido che, accanto alla cassa, agevolava lo scambio di monete spicciole, e la piazzai sul foglio da mille, per bloccarlo al suolo.

Ritirate entrambe le mani feci in modo da regalare uno sguardo di sfida alla malfidata pettoruta.

Questa presa la banconota se la porto' al naso e volle informarmi che quella "cosa" puzzava di grasso rancido di gobba di capodoglio morto; "morto da un bel pezzo", concluse.

Si espresse in perfetto italiano, lo stesso usato dalle annunciatrici alla tv; questo mi indusse a domandarmi dove cacchio mai avesse potuto vedere un capodoglio morto una che era nata e cresciuta, e quanto, in mezzo alla pianura padana.

Producendomi in uno sguardo da ebete non le diedi il tempo di aggiungere altro e rinnovai la mia richiesta con un tono di voce neutro; finalmente, rifiutandosi di discutere con un idiota, quella si decise a prendermi l'agognato pacchetto.

Notai un lampo di indecifrabile malizia nei suoi occhi mentre si voltava, allungando il braccio verso gli scaffali.

La tabaccaia si mise in mano il pacchetto, raacimolo' un certo numero di monete da darmi di resto e poi, invece di consegnarmi la merce e il denaro, si piego' su un fianco appoggiando il gomito sinistro al bancone e accomodando il mento dentro il cavo della mano.

Lascio' spiaggiare i suoi capodogli sul bancone poi, sorridendo beffarda, come una gabianella che sia riuscita a sgraffignarti il muggine dalla lenza proprio quando l'avevi tirato in secca, poso' monete e sigarette in un mucchietto proprio sulla battigia, a meta' strada esatta fra Scilla e Cariddi.

Infilo' il pollice destro nel passante della cintura e conficco' i suoi occhi scuri dentro i miei occhi chiari.

Negli ultimi giorni della mia infanzia, ricordo, mi si paro' davanti una ragazzina con la quale ero solito giocare; mi mostrava orgogliosa il suo splendido vestitino nuovo.

Era un vestitino da femminuccia che non assomigliava per niente agli abiti che lei stessa era solita indossare per correre, saltare, azzuffarsi, rotolarsi per terra e, perche' no, alla bisogna fare a botte con noi maschi; dalle mie parti, a quei tempi, le ragazzine picchiavano duro.

Vedendola agghindata con tanti fiocchi e tanti nastrini mi lasciai scappare: "brava scema! come farai a giocare senza sporcarti?".

Puo' darsi che la bambina non volesse affatto giocare quel pomeriggio o puo' anche darsi che fossi io a non capire a che gioco stesse giocando lei in quel preciso momento.

Mi trafisse all'istante con uno sguardo carico di disprezzo, e da quel momento in poi non mi rivolse mai piu' la parola, neanche' quando in seguito gli capito' di picchiarmi, duramente, nel mezzo di una rissa, organizzata alla buona, fra noi bambini.

Tornai con la mente all'indisponente tabaccaia; sarebbe bastato allungare una mano per portar via quello che era gia mio ma rischiavo di infrangere le mie dita contro i suoi promontori o, peggio ancora, avrei potuto involontariamente sfiorare i suoi fari di segnalazione.

Abbassai lentamente lo sguardo sul suo viso di ragazza qualunque e notai al suo collo una robusta catenella d'oro; qualunque cosa fosse appesa a quella catenella era ormai precipitata dentro al fiordo che, sia pur decorosamente coperto, rivelava la sua profondita' stante la maliziosa postura.

Non riusci' ad abbracciare per intero, con un solo sguardo, le due coppe che celebravano la sua vittoria.

Indugiai per il tempo strettamente necessario a raccogliere la mia roba poi, alzai lo sguardo e la fissai, dentro i suoi occhi scuri, per un ultimo istante.

Usci' senza salutare, avevo pagato per quello che mi ero portato via.




Il Guardiano Del Faro

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Titolo: Re: Spirits In The Sky
Inserito da: Watson - 12 Marzo 2010, 15:09:45 PM
I miei complimenti  (appl)

Interessante come si evolve il racconto, ti fa venire molta sete  (birra) non pensavo che esistesse una sindrome post-scagliozza  ;D

Mi permetto di postare qui di seguito due puntate di questa lunga telenovelas Peloritana, perchè per cause non dovute alla sua conoscenza storica della musica, per qualche oscuro motivo i brani selezionati sono stati sequestrati (police)


Con la presente le auguro una lunga permaneza tra queste pagine e una vita millenaria al suo interessante racconto musicale  (abbraccio)
Titolo: Re: Walk This Way
Inserito da: Watson - 12 Marzo 2010, 15:12:05 PM
Citazione da: krasni dvalòsciadi - 20 Dicembre 2009, 18:51:12 PM
Una volta usciti dalla struttura, mescolati tra la folla, l'infame bontempone sembro' recuperare subitaneamente e per intero il suo inestinguibile buonumore.

Osservo' come la mia deambulazione apparisse scoordinata e vagamente "dilatata".

"Non ti preoccupare" mi conforto', spiegandomi che non appena le teste dei miei femori avessero ritrovato la propria sede naturale avrei recuperato la piena funzionalita' degli arti inferiori nonche' una postura "maschiamente dignitosa".

Di solito mi risultava gradevole il suo umorismo signorile e raffinato ma in quell'occasione lo trovai oltremodo indigesto.

In primo luogo perche' realmente avvertivo dei dolori articolari, come se fossi appena sceso dal lettino del ginecologo; in secondo luogo perche' quella scimmia lasciva non sembrava avesse sofferto granche' a causa del galoppo sfrenato a cui ci eravamo sottoposti.

Mi voltai inviperito domandandogli che fine avrebbe fatto la sua, di mascolinita', se per caso il bruto urlante fosse riuscito a rettificargli il collettore di scarico, come prometteva di fare.

Gli rinfacciai inoltre come non mi sembrasse molto virile il fatto che per correre piu' velocemente si fosse tirato il camice sui fianchi, come fosse stato una vecchia comare che tentasse di preservare la propria illibatezza dalla libidine violenta di un carrettiere ubriaco.

Forse fu l'immaginare la scena che cosi' pittorescamente avevo appena  descritto o forse fu proprio la tensione nervosa che andava allentandosi, fatto sta che cominciammo a ridere, in un primo momento sommessamente, a bocca stretta, poi via via sempre piu' sgangheratamente per finire in un parossismo di ilarita' che ci procurava l'irrefrenabile stimolo alla minzione spontanea.

Dopo qualche minuto, per il gran ridere, fummo vinti da un intenso dolore addominale che, tormentandoci le viscere, ci costrinse a ritornare seri, appena in tempo per riportare a case le brache asciutte.

Massaggiandosi l'addome dolorante quell'emerito discepolo d'Ippocrate sentenzio' che si rendeva necessario un intervento di natura omeopatica; a suo dire, volendo curare il simile con il simile, nulla si sarebbe dimostrato piu' efficace di una ricca padellata di roba fritta; una birra "bella fresca" avrebbe aiutato i succhi gastrici a portare a termine il lavoro.

A quel tempo non sapevo nemmeno di averlo il fegato sicche' la proposta di una frugale colazione di mezza mattina mi trovo' pieno di famelico entusiasmo; ci vuotammo le tasche, frugandoci l'un l'altro, amichevolmente, e risulto' che lui aveva abbastanza spiccioli per affrontare la faccenda legalmente.

Non era un'idea brillante quella di recarsi in una friggitoria avendo i soldi contati ma, come tutti sanno, c'e' un'eta' per la saggezza cosi' come c'e' un'eta' per le disfunzioni erettili; noi non avevamo l'eta' per preoccuparci dei soldi cosi' come non ci preoccupavamo di qualsivoglia altra disfunzione, d'altronde non v'e' chi non sappia ...........

Attraversammo la strada diretti alla "Meson della Scagliozza", scritto proprio cosi', all'angolo ovest dello Stadio Comunale.

Il fatto che il Policlinico Universitario fosse stato edificato a pochi metri dallo Stadio Comunale non deve sorprendere.

Ai tempi in cui le strutture furono edificate la gente era solita camminare a piedi sicche' il viottolo interpoderale che garantiva l'accesso ad entrambe risultava piu' che adeguato; in ogni caso le strutture giacevano, e continuano a giacere, sulle opposte e distanti sponde dell'ampio torrente Gazzi (si chiama proprio cosi', io non ne ho colpa, e comunque si pronuncia con la zeta dolce).

Nei tempi andati la "Meson" era una friggitoria semovente ricavata nella struttura di quello che appariva essere il celeberrimo "Leprotto OM"; cosi' si poteva dedurre osservando il fiero ghigno espresso dalla griglia del radiatore.

Si trattava di uno di quegli infaticabili mezzi che venivano ridotti all'osso girando, per il lungo e per il largo, l'operosa pianura padana; una volta che fossero stati radiati dal parco circolante i suddetti mezzi vivevano una seconda giovinezza qualora la sorte, o chi per lei, gli avesse fatto imboccare la "Salerno-Reggio Calabria", imboccare in direzione sud, ovviamente.

Potevo ancora ricordare i tempi in cui quel mezzo riusciva a sostenersi sulle sue stesse ruote.

Negli anni, come spesso accade, lungo tutto il perimentro della struttura metallica comincio' a fiorire, spontaneamente, un robusto cordolo di conglomerato cementizio che, al momento e suo malgrado, vincolava la suddetta struttura a quello che nelle carte bollate ci si ostina a definire "suolo pubblico".

Quella impresa commerciale era nata dal sodalizio verbale di due amici che con una stretta di mano erano diventati anche soci; col tempo ne rimase soltanto uno.


Aerosmith

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Titolo: Re: Glittering Prize
Inserito da: Watson - 12 Marzo 2010, 15:15:13 PM
Citazione da: krasni dvalòsciadi - 16 Febbraio 2010, 16:45:56 PM
Torno' nel giro di poche decine di secondi tenendo le bottiglie per il collo, impiccate fra le adunche dita della mano mancina.

Il fatto che non avesse gia tracannato la sua birra non lo interpretai come gesto di fraterna solidarieta', ebbi piu' che altro la conferma che i miei orfanelli avrebbero tintinnato nelle sue tasche, da li in avanti.

"Bevi, fratello", mi invito' porgendomi la sola bottiglia, come volevasi dimostrare.

"Strozzati", gli augurai strappandogli la bottiglia dalle mani.

Ci strozzammo entrambe, mentre ci si abluiva.

Nell'intento di lubrificare il cavo orale ci versammo in bocca una bella sorsata di liquido dopo di che, serrate le labbra, con un nervoso e coordinato movimento di lingua e guance cominciammo a sguazzare energicamente.

La birra, per sua stessa natura, non chiede altro che di espandere il proprio volume, basta stuzzicarla, un po' come ......, si, insomma, non v'e' chi non sappia.....

Non era la prima volta che ci trovavamo impegnati in quella sorta di salvataggio in extremis sicche', come rispettando i canoni di un qualche rito esoterico, come sacerdoti del Sacro Ordine del Malto e del Luppolo, ci posizionammo uno di fronte all'altro continuando a sguazzare all'unisono.

Con movimenti coordinati ci curvammo posando le bottiglie ai nostri piedi, ci rialzammo volgendo la fronte al cielo, allo zenit, ci curvammo nuovamente e, sistemate le mani a coppetta, recuperammo la schiuma che nel frattempo stava fuoriuscendo copiosa dalle nostre narici.

Riguadagnammo la posizione eretta e buttammo giu quello che era rimasto in bocca; volgemmo la fronte al cielo, allo zenith, spalancammo la bocca trattenendo il respiro e vuotammo le coppette nella strozza.

Starnutimmo, tossimmo, buttammo giu tutto quello che desiderava andare giu ed espettorammo tutto quello che preferiva venir su.

Ci vuotammo le bottiglie in gola, le strizzammo, come fossero limoni, asciugammo le mani sistemandoci la capigliatura a piu' riprese, evitando di macchiarci gli abiti, le nostre madri picchiavano duro.

A quel punto il rito pote' considerarsi concluso.

"AhhhhhhhhhH!", esclamai io; "AhhhhhhhhhH!", esclamo' Iachino.

Sembrava di stare in riva al mare quando l'onda s'infrange annoiata sulla sabbia, d'estate.

Dopo qualche istante faccia di gomma si produsse in un rituale al quale io, lo ammetto, non ero ancora stato iniziato; lo osservai incuriosito.

Comincio' a palparsi la mammella sinistra, poi la mammella destra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se lo invitasse a tirarsi su.

"Mi sembra che tu sia troppo ottimista", lo ammoni', inducendolo implicitamente a ridimensionare le proprie aspettative; fin sotto il mento? dai, non scherziamo!

Senza badare alle mie parole attacco' a palparsi con impazienza prima la natica di destra, poi la natica di sinistra, poi ripete' la palpazione, nello stesso ordine di prima.

"cacchio!" esclamo', come se fosse sorpreso di non trovarvelo.

"Fuochino", mi permisi di suggerire, cercando di incoraggiarlo senza mettergli paura, d'altronde se avesse trovato cio' che stava cercando, nel posto dove lo stava cercando, sarebbe stato lui il primo a dolersene.

Facendo tesoro delle mie parole si caccio' le mani nelle tasche, prima la destra, dove solitamente si portano le chiavi di casa, poi la sinistra, dove solitamente si porta il "disturbo", per usare un termine da sartoria.

Subito dopo ripete' l'operazione, nello stesso ordine, affondando le mani ancor piu' in profondita'.

"cacchio, cacchio!", tuono' in preda al panico, fingendo di essere sfavorevolmente impressionato di averne trovato due li dove, a rigor di logica, avrebbe dovuto trovarne soltanto uno.

"Ssseh!, 'e fatt 'a scopert", lo sconfessai, usando un accento partenopeo, facendo in modo, anche stavolta, di far sibilare la esse di scoperta come la esse di sci.

"Accontentati del poco che hai ricevuto in dono, evita piuttosto di perderlo nuovamente", lo rimbrottai con finta severita'.



Simple Minds

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Titolo: Park Life
Inserito da: COIO3 - 12 Maggio 2010, 10:52:00 AM
Trovai faccia di gomma qualche decina di metri piu' avanti.

Le spalle appoggiate al muro, teneva il capo fisso e muoveva i soli occhi a destra e a sinistra in un modo tale da riuscire a spaventare i passanti che difatti lo guardavano e, a scanso d'equivoci, cambiavano banchina.

Mi fermai a mezzo metro dal lucertolone e volli ragguagliarlo sugli ultimi sviluppi.

"Il vecchio Lisciandro farebbe meglio ad allentare la guardia sulla sua figliola; la ragazza e' grande ormai, e mi sembra di averla vista piu' nervosa del solito".

Iachino non volle commentare, si limito' ad osservare i gesti indolenti con i quali operavo attorno al pacchetto di sigarette allo scopo di liberarne il contenuto.

Guardandolo in viso, notando una certa impazienza nel suo sguardo, i miei gesti rallentarono, involontariamente, mentre affidavo alla leggerissima brezza il trasparente velo plastico che si dileguo' indisturbato.

Chiunque abbia mai acquisito una qualche dipendenza fisica, che so, alcool, tabacco ma anche pasta con le sarde o rosticciane, elabora una qualche forma di cerimoniale per nobilitare in qualche modo la brutale consumazione della sostanza che stimola i propri appetiti.

Strappai il lembo superiore del pacchetto all'altezza della marca del monopolio poi, con gesto elegantissimo, somministrai due colpetti al fondo del pacchetto, con il pollice.

Nel far cio' lanciai uno sguardo al bruto che mi stava di fronte, e non potei trattenermi dal meditare su quanto volgare fosse l'animo di chi non riesce a godere il piacere dell'attesa.

Era come se io stessi operando attorno ad un samovar d'argento finemente cesellato, attendendo pazientamente i prescritti tempi d'infusione per il the, mentre lui fremesse d'impazienza tenendo un filone di pane raffermo sotto al braccio, pronto, quando mi fossi spicciato, ad inzupparcelo dentro.

Ne vennero fuori quattro sigarette, una in procinto di cadere fuori le rimanenti pronte ad essere risospinte dentro.

Proprio in quel momento faccia di gomma allungo' la mano destra di piatto muovendo nervosamente le sole falangi delle quattro dita, alla stregua di Bruce Lee, quando invitava i propri avversari a farsi massacrare, quegli avversari che ancora si reggevano in piedi.

Avrei preferito non mi avesse rivolto quel gesto nervoso, non fosse altro perche', per qualche motivo che non so spiegare, cercavo realmente di esasperarlo mettendo alla prova la sua pazienza.

In breve, avrei preferito che subisse senza reagire.

Mi infilai in bocca il pivot, poi risospinsi delicatamente le altre bionde nel pacchetto, in ultimo lanciai in aria il medesimo, come se avessi tolto dal fuoco una padella senza manico.

Iachino si stacco' dal muro e comincio' a zampettare per aria, come fosse un geco che cercasse di procurarsi un pasto decente, lanciando un fulmineo agguato, emergendo dall'ombra di una plafoniera che, in una calda sera d'estate, illumina di luce giallastra la parete spruzzata a calce di una veranda con vista mare.

Mentre il sauropode brancicava per aria feci scoppiare un cerino che si mise a sfrigolare fra le mie mani chiuse a coppetta, com'e' d'uopo tra i fumatori che popolano aree geograficamente ventose.

Stabilizzatasi la fiamma, allungai le labbra come se tirassi da una cannuccia e la mia bionda prese fuoco; in quel preciso istante meditai su come sarebbe stata noiosa una vita senza donne, e in effetti lo era.

Soffocai il cerino scuotendolo come se aspergessi una folla di fedeli devoti, quindi apri' le dita e lo abbandonai al suo destino di disoccupato, senza pensione ne buonuscita.

Mi riusci' di aprire le labbra un istante prima che la zampaccia del caimano artigliasse la sigaretta strappandomela di bocca.

Era riuscito ad agguantare il pacchetto di sigarette e lo aveva gia occultato dopo averne sfilata una, la stessa che stava accendendo servendosi della mia, guardamdoni sott'occhio mentre tirava a muso stretto, come se stesse baciando il tartufo del bastardissimo volpino della madre.

Sbuffo' una nuvola di fumo azzurro poi, mentre lo tenevo sotto punteria, volle vendicarsi dello sgarbo subito lanciando in aria la mia sigaretta, facendola schizzare via sospinta dal dito indice opposto al pollice.

Mentre si concentrava sul lancio allungai la mano e tolsi la sua sigaretta dalla sua bocca, senza che lui riuscisse ad impedirmelo.

I maschi non riescono a fare due cose importanti contemporaneamente, le ragazze al liceo ci fregavano sistematicamente sfruttando questa nostra congenita incapacita', tutte le volte che gliene offrivamo l'occasione.

Gli riusci' di riagguantare al volo la mia ex sigaretta prima che questa prendesse terra, zampettando per aria ancora un po', temendo di afferrarla per il lato sbagliato.

"Se non altro hai fatto un po' di moto" lo consolai sbuffandogli in faccia una boccatona di fumo azzurro, mentre mi guardava con sguardo carico di rimprovero.

Poi, come parlassi a me stesso, borbottai "per risparmiarti quattro passi mi hai costretto a farmi insolentire da quell'indisponente ragazza".

"Un giorno di questi mi si tira dietro al banco, e mi violenta!", confessai a bassa voce, rivelando il vero motivo del mio malumore, mentre gesticolavo come se volessi ingranare una terza marcia recalcitrante.

"Bene" rispose allusivo faccia di gomma, "cosi' almeno farai un po' di moto anche tu", e mi sbuffo' in faccia una boccatona di fumo azzurro, mentre mi guardava con sguardo carico di commiserazione.

Scoppiai a ridere mio malgrado, la sua presenza di spirito riusciva invariabilmente a mettermi di buon umore.

Lo gratificai col solito affettuoso appellativo, "Curnutu!", scuotendo il capo come a voler suggellare la pace fatta; in ogni caso avevo imparato da tempo a lasciargli l'ultima battuta, quella d'uscita.

Ci guardammo attorno con indolenza, se avessimo avuto qualcosa da fare saremmo andati a farla; in quel particolare frangente cercavamo di arrivare all'ora di pranzo senza annoiarci.

Sull'asfalto accanto alla banchina erano sparpagliati innumerevoli mezzi semoventi, in statica attesa.

Alla nostra sinistra si stava raggruppando una folla di curiosi, a quei tempi un blocco stradale riusciva ancora a suscitare curiosita'.

Ci prendemmo a braccetto, come due fidanzatini, e ci avviammo verso l'ingresso del Policlinico.




Blur

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Titolo: Rock Steady
Inserito da: COIO3 - 12 Maggio 2010, 11:11:04 AM
Passando accanto ad un furgone, lercio come la lettiera di una bufala, vedemmo un braccio venire fuori dal finestrino; il braccio si muoveva lentamente dall'alto in basso, imitando i gesti di un cantoniere che vi inviti a rallentare la marcia della vostra vettura in prossimita' di una strettoia.

Il furgone dichiarava di appartenere alla "Bradypus Torquatus", azienda municipalizzata impegnata nella bonifica e nell'irrigimentazione delle acque di un torrente che aveva smesso di scorrere gia ai tempi in cui Garibaldi andava ancora in giro con i calzoni corti.

Il braccio era attaccato alla spalla di uno spilungone di carnagione scura con la faccia zeppa di barba di una settimana, il cranio zeppo di capelli corvini, dritti e lucidi come una forchettata di linguine al nero di seppia.

Indicando con il pollice  nella direzione della lontana e fumosa "meson", il bradipo ci chiese se saremmo stati cosi' gentili da andare a prendergli una birra; ce l'avrebbe pagata al nostro ritorno.

"Vorrei ma non posso", risposi io.

Indicando con il pollice nella direzione del vicino ed arduo tabacchino, il bradipo ci chiese se saremmo stati cosi' gentili da andare a prendergli un quotidiano d'informazione sportiva; ce l'avrebbe pagato al nostro ritorno.

"Vorrei ma non posso", rispose Iachino.

V'era qualcosa nelle nostre risposte che puzzava di sfotto' tuttavia mancava dai nostri volti la colpevole mimica di chi volontariamente provochi le giuste ire del prossimo.

Il nostro indolente fumacchiare poteva denotare imbecillita' congenita, ma anche un'incrollabile fiducia nei nostri mezzi.

Il bradipo indugio' per un attimo sui nostri volti inespressivi e, non volendo approfondire la natura della nostra sonnolente sicumera, ci congedo' sventolando la mano con gesto negligente, rinunciando a spaccarci quello che, almeno per un attimo, era stato sicuro di poterci spaccare.

Poco piu' avanti notammo un motocarro che si agitava gemendo sui suoi propri semiassi; apparteneva alla "Putorius Furo S.R.L.", azienda specializzata nella consegna ultrarapida di materiale elettrico all'ingrosso.

Dentro si agitava un individuo dalla faccia onesta e sudaticcia che aveva il panico nella voce e negli occhi; il classico dipendente privato in ritardo sulla tabella di marcia.

Appena ci vide ci chiese se saremmo stati cosi' gentili da dare un'occhiata al furgoncino mentre lui si sarebbe recato a telefonare in ditta, per giustificare il proprio ritardo; era questione di vita o di morte, ci garanti', diversamente non ci avrebbe disturbato.

Mentre ci spiegava il motivo delle sue ambasce vedemmo nei suoi occhi apparire un'espressione che faceva pensare alla valutazione di un rischio calcolato.

Quello sventato di faccia di gomma offri' piena collaborazione, con troppo altruistico entusiasmo; si permise di suggerire al bravo ed onesto stakanovista di lasciarci le chiavi del mezzo, "nel caso si renda necessario spostarlo", spiego', indicando il traffico paralizzato.

Non seppi mai se faccia di gomma avesse davvero avuto l'intenzione di fare incetta di cavo elettrico ed interruttori.

L'onesto lavoratore aveva gia chiuso lo spertello della motoApe e si rigirava titubante le chiavi tra le mani, chiavi assicurate ad un'artistica trecciola di cavo elettrico blu-grigio-gialloverde, quello da 10 ampere per capirsi, quando una mano, tanto pallida quanto ricca di pelo rado e scuro, porse all'omino un block-notes arancione a cui era agganciata una Bic a scatto color vinaccia.

Ci girammo, tutt'e tre, e vedemmo un impermeabile, double-face, color cotenna di maiale deceduto, con i risvolti del bavero color palude di mangrovie, stretto in vita ad un individuo dall'aspetto sinistro che ricordava in maniera impressionante il Tenente Sheridan, quello della TV.

Aveva il piu' bel cranio a lampadina che avessi mai visto fino a quel giorno, una lampadina da 200 candele, quelle da rivendita di sedicente pesce fresco, accese nelle sere d'estate lungo le puteolenti banchine del lungomare della riviera nord.

Era stempiato, alla diabolik, e aveva i capelli "leccati" come fossero dipinti sul bulbo della lampadina stessa.

Sotto l'ascella sinistra portava una cartella per documenti color oliva acerba ancor ricoperta da pruina, di sbieco vi si poteva leggere, impresso a china e in corsivo, "Corax & associati".

"Segni il numero di telefono, prevvedero' io stesso a telefonare" si offri' il tenente da 200 candele.

L'omino dell'Ape rimase interdetto per qualche istante, evidentemente non era avvezzo a ricevere tante grazie, e da piu' di un santo, nello stesso giorno per giunta; infine si decise e scribacchio' qualcosa mentre ringraziava con un leggero imbarazzo nella voce.

"Lei e' gentilissimo", tentar non nuoce penso', "ho segnato il numero di targa del mezzo, la prego di segnalarlo in ditta" si raccomando' il sudaticcio, "il numero di targa" ribadi' mentre restituiva biro e notes.

Chiunque abbia mai lavorato per un'impresa privata sa per esperienza che il responsabile del parco mezzi e' un distinto gentiluomo, laddove il responsabile del personale e' sufficente che turpiloquisca con fantasia e, all'occorrenza, sappia menare le mani.

Il diabolik leccato raccolse notes e biro facendole scomparire in una tasca interna del suo impermeabile da taccheggio, si strinse la cinghia del suddetto e, prima di allontanarsi, quasi con imbarazzo, si rivolse al suo beneficando.

"Credo che le portero' una birra fresca", pausa, "lei e' sudato", concluse, abbassando lo sguardo in terra, quasi a volersi scusare dell'ultima osservazione.

Come qualsiasi altro disperato di qualsiasi altra parte del mondo, lo zelante motocarrista, pur diffidando delle grazie, credeva ciecamente nei miracoli.

Comincio' a balbettare mentre le guance e il mento prendevano a tremargli per l'intensa commozione che non riusciva a mascherare e prese a tastarsi con vigore nervoso come se tentasse di risospingersi dentro delle ernie che gli si protundessero in rapida successione in zona addominale.

"A-a-aspetti, n-n-no-non po-po-sso per-per-metterlo!" balbettava, smanacciandosi furiosamente fino a riuscire a tirar fuori da qualche tasca una millelire che sembrava venuta fuori da un pestaggio con accoltellamento.

"Non e' necessario" tento' di schermirsi il paludato ma il sudaticcio con fare autoritario gli caccio' in mano la banconota all'arma bianca, esibendo una ciera risoluta come se, a buon diritto, gli stesse strappando dalle mani il reggiseno della moglie che quello avesse tentato di trafugare.

Benefattore e beneficando si guardarono negli occhi per qualche istante, trattenendo a stento l'emozione; infine l'uomo della provvidenza fece un cenno con il capo, come se annuisse, si volto' e scomparve tra la folla.

L'incredulo motocarrista a sua volta giro' sui tacchi e riaperto lo sportello del suo pratico mezzo ci si infilo' dentro, senza degnarci di uno sguardo, come se ci avesse appena spuzzato sul muro scalcinato di una qualche traversa buia, prima di allontanarsi frettoloso, dopo essersi sgrullato perbenino il pappafico.

La cicca fumante all'angolo della bocca, rimasi interdetto per qulche istante, come se vedessi scorrere i titoli di coda di "Miracolo nella 34a Strada".

Mi volsi in direzione di Iachino e lo interrogai con lo sguardo, "what's going on"?

Faccia di gomma, che stava torcendo il collo alla sua cicca, mi rassicuro' con sguardo saputo, da uomo rotto a tutte le esperienze, "none of our business!".

"Il mare e' pieno di pesci" sentenzio' "e giocoforza che qualcosa abbocchi, prima o poi", concluse.

Guardai con ammirazione quel saggio perdigiorno, per un attimo il suo profilo mi ricordo' l'espressione vissuta di Spencer Tracy ne "Il Vecchio e il Mare".

Proseguimmo dirigendoci verso l'affollato epicentro del marasma ribollente di vita.

Cominciammo a sgomitare per farci largo fra la turba sfaccendata, prima affidandoci all'agilita' delle nostre membra poi, man mano che le maglie s'inffittivano ricorrendo ai soliti espedienti utili a guadagnarsi un posto in prima fila, anche nella vita.

Io cominciai a puntellare a destra e a manca, le donne dandomi del porco, gli uomini dandomi del pederasta.

Iachino comincio' a gesticolare furtivo, le donne stringendosi al petto le borsette, gli uomini spostando il portafogli dalla natica al taschino interno della giacca.

In vista della rampa d'accesso, quasi al centro di quella galassia umana, mi vidi occlusa la via e la visuale da un umanoide di ipotizzabile sesso femminile, inequivocabilmente affetto da acromegalia.



Sting

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Titolo: Titanic
Inserito da: COIO3 - 12 Maggio 2010, 11:27:51 AM
Bloccato a poppavia di quella gigantessa mi trovai in forte imbarazzo.

Non v'era nulla in quel corpaccione a cui io potessi fisicamente puntellarmi se non alle scarpacce da cui straripavano fuori dei talloni talmente callosi da far pensare a dei copertoni incatenati a coppia alle banchine d'attracco per navi di grosso tonnellaggio.

Ricordai con amarezza il pomeriggio in cui andai a prendere una ragazza per portarla un po' in giro, dietro compenso giurato di tre versioni di greco tradotte e in bella copia, nonche' la consumazione pagata al bar; mi era parso uno scambio equo.

Formavamo una bella coppia, lei offriva allo sguardo una muliebre avvenenza senz'altro paragonabile alla mia virile prestanza; sarebbe stato un successo se fossimo riusciti a non farci prendere a pietrate lungo la strada.

I genitori della secchiona ci passarono in rivista mentre uscivamo dalla porta di casa, temendo, forse auspicando, che sfrenassi la loro puledra gia sulla porta dell'ascensore.

Il pechinese dell'unica figlia di cotanti lombi diffido' di me sin dal primo istante in cui misi piede in quella casa.

Proprio sulla porta dell'ascensore penso' bene di vendicarsi in anticipo del presunto ratto di padroncina e, appellandosi alla legge del contrappasso, apri' le danze di quello che si sarebbe rivelato un pomeriggio di un giorno letteralmente da cani.

La bestia mi si attacco' alla scarpa destra e comincio' a darci dentro come un indemoniato, come se lo stesso belfagor lo istigasse pungolandogli le chiappe col forcone.

La gigantessa stazzava ad occhio poco meno di due quintali, per poco meno di due metri dalla linea di galleggiamento al castello di prua.

Mentre frugavo con lo sguardo lungo l'immenso fasciame per trovarvi un qualche possibile varco non potei fare a meno di notare come il medesimo fosse chiassosamente decorato a motivi variopinti di colori sgargianti.

Mi faceva venire alla mente la carta da parati di un qualche bordello parigino di fine ottocento che avevo visto in una riproduzione di un dipinto d'epoca.

Non avevo bisogno di girare attorno alla carretta di mare per ammirarne la prua, la supponevo di aspetto repellente; l'avvenenza di una donna e' inversamente proporzionale alla quantita' di "profumo" col quale la medesima si asperge.

Si diffondeva dalla carcassa di quel natante un afrore spaventoso, qualcosa che stava a meta' strada tra una fumeria d'oppio e un banco mescita d'assenzio e laudano.

Un vago tanfo di sentina rugginosa denunciava come l'aspersione dell'essenza profumata fosse avvenuta servendosi di una qualche pennellessa inzuppata dentro un qualche secchiellone metallico.

Dopo qualche decina di secondi, non trovando di meglio da fare, cercai di forzare il blocco fingendo una perdita d'equilibrio, buttandomi a corpo morto e naso turato a babordo della corazzata.

L'ammiraglia non si sposto' di un solo millimetro, tuttavia con lo slancio acquisito fini' rimbalzando per spingere di lato un robusto lavoratore del braccio che stava di fianco alla fregata, il che mi fece guadagnare il lato sinistro del gigantesco natante.

Il mercantile allungo' il capone di babordo e apri' la benna avvolgendomi il cranio per intero, intendendo probabilmente evitarmi una possibile caduta.

"Fai attenzione, ragazzo!" mi ammoni', con voce che sembrava venire fuori dai registri bassi di un organo da cattedrale.

Detto cio' tento' di riposizionarmi a poppavia, tenendomi stretto per il cranio e girando il polso in senso antiorario, con la forza di un argano.

All'epoca avevo tanti capelli in testa sicche', sacrificandone una quantita' imprecisata, riusci' a vincere la morsa di quel mostruoso bozzello fino a scivolare proprio davanti agli osteriggi di proravia.

Il bracciante contuso, vedendosi sopravanzato, si premuro' d'informarmi che la mia bella testa somigliva straordinariamente ad un prepuzio; aveva l'aria di sapere il fatto suo in materia, non volli contraddirlo.

Anche la Potemkin non parve contenta della mia invasione, mi riusci' di avvertire lo spostamento d'aria della gru e del bozzello che crollavano in posizione di riposo, quindi un lungo sbuffo dai pelosi fumaioli che riusci' a farmi sventolare la camicia come se procedessi a forte andatura sulla motoretta.

Raggiunta la nuova postazione ebbi una visione piu' chiara della situazione.

Causa dell'ingombro era un vecchio residuato bellico a tre assi che si era irrimediabilmente incuneato tra una Fiat 600 Multipla e il motocarro ancora in attesa sulla rampa d'accesso al policlinico.

La folla dei curiosi si era disposta ad emiciclo attorno al teatro di quella si sarebbe potuto definire una farsa; per strano che possa sembrare la situazione sulla rampa d'accesso era la medesima di quella osservata venti minuti prima, motocarro, pulmino e contrammiraglia mercedes.

Il popolo degli sfaccendati astanti si interrogava rumorosamente sull'origine di quell'intoppo viario, e in molti formulavano ipotesi che pero' non ebbi modo di approfondire perche' ad un certo punto fu come se le mie percezioni uditive si andassero progressivamente affievolendo.

Scossi lievemente il capo come per sturarmi le orecchie e, con mia sorpresa, la tempia sinistra colpi' un voluminoso oggetto che reagi' emettendo un clangore metallico.

Entro' nel mio campo visivo periferico una spaventosa sagoma pletoricamente decorata a colori chiassosi e sgargianti.

Il gigantesco catamarano alle mie spalle stava spingendo, mi si passi l'ossimoro, le poppe di proravia contro il mio cranio riuscendo a piegarmi i padiglioni auricolari.

Si fermo' solo quando le riusci' di bloccarmi l'intera zona occipitale, con una mossa che oserei definire "a tenaglia".

In poche parole, il gigantesco catamarano, come obbedendo a una qualche forma di turpe contrappasso, stava puntellando me.

Non potendo, "avio priva", cazzare il tangone, si serviva delle due terrificanti ogive che aveva in dotazione, della potenza stimata di 15 chilotoni ciascuna.

Rimasi sordo e pietrificato nel mio vergoso e stupito imbarazzo.

L'aguzzina alle mie spalle, vedendomi immobile, spinse la sua lubrica perfidia al punto di spostare tutto il peso del corpo sull'anca destra, facendo in modo che mi si scaricasse sulla spalla sinistra tutto il peso della ponderosa polena di babordo.

Oppresso da vergognosa indignazione, non volendo perdere la postazione guadagnata, pensai bene di reagire spostando il peso del mio corpo sull'anca sinistra facendo in modo che la stessa scivolasse indietro.

A quel punto spinsi il tallone in basso con forza sufficente a piegare una traversina ferroviaria; il mio piede affondo' al suolo mancando la zampaccia, o almeno una delle tante cipolle che presumevo ne devastassero le zone periferiche, che mi ero prefisso di colpire.

La vaporiera si avvide della mia mossa sfortunata, me ne accorsi da un sordo borbottio proveniente dalla sala macchine, borbottio che si poteva assimilare ad una risatina soffocata; immagginai un sorriso malvagio dispiegarsi sul peloso e butterato boccaporto.

Era stato stupido da parte mia pensare che quel corpaccione scaricasse il proprio peso, a piedi giunti, su esili colonne d'alabastro.

Pur lungi dal voler indagare, era ipotizzabile che si trattasse piuttosto di enormi colonnacce di travertino la cui sezione stessa impediva che le basi si potessero avvicinare a meno di mezzo metro.

Avrei potuto resistere stoicamente in quell'imbarazzo se non fosse che, complice la mia formazione classica, mi venne fatto di pensare a cosa mai si potesse nascondere lassu', oltre le poderose colonne d'ercole.

Pieno di pazzo disgusto disincagliai rabbiosamente il cranio e mi spinsi rapidamente in avanti, nell'unica direzione che mi allontanava da quell'inverecondo ciclope.

Superato l'orizzonte degli eventi precipitai dentro il buco nero, l'anello forte delle comari, delle popolane; non sarebbe stato facile venirne fuori vivo, meno ancora illeso.




De Gregori

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Titolo: Do You Love Me (now that i can dance)
Inserito da: COIO3 - 12 Maggio 2010, 11:40:38 AM
L'inizio non poteva essere peggiore.

Caddi, mio malgrado e di tangone, tra le ineffabili grinfie posteriori di  "Cetta 'mmulata frisca", pescivendola ambulante, Concettina Affilata da poco, in ossequio alla velenosa lingua della suddetta, "hard sharpned" come scritto sulle confezioni dei rasoi da barba.

"'LLASCATI, CIDDUZZA!" mi sbraito' in faccia, con un alito che raccontava di teste ed interiora di costardelle, eviscerate a morsi ed incartate a duemila e cinquecento lire al kg, buonpeso.

La sguaiata ingiunzione di "demoiselle Cetta" attiro' l'attenzione di tutte le parigrado che a buon diritto le stavano a fianco.

Che la crema della societa' fosse ben rappresentata lo dimostrava il fatto che la gigantessa di prima, nonostante la mole, se ne era tenuta a rispettosa distanza.

Io mi sarei "allascato" piu' che volentieri non fosse stato per l'infame calca che mi assediava tutto attorno, d'altronde non potevo neanche rassicurare la signora rivelandole che mi sarei lasciato scuoiare vivo piuttosto che approfittare della situazione di involontaria promiscuita' in cui ci trovavamo coinvolti.

Le donne ti odiano se le importuni, e ti odiano anche se le gratifichi con poco tatto, ma ti odiano ancora di piu' se non le gratifichi affatto.

Le donne di quel censo avevano un approccio diretto all'odio.

I loro uomini ti facevano rizzare i capelli in testa solo guardandoti per traverso, raramente ritenevano necessario dover passare alle vie di fatto.

Loro, le donne, per evitare di essere in qualche modo sottovalutate, pensavano bene di buttarti le mani addosso al minimo spunto di malumore.

Quanto all'"uccellina", volatile di piccola pezzatura e per giunta di sesso femminile, ero ben lungi dal volermi confrontare con femmine di quel calibro.

Mi ero fatto l'idea che quelle stesse gradissero consumare i propri amplessi a cavalcioni dei secolari cipressi che ombreggiano i viali del maestoso cimitero monumentale; niente con cui potessi misurarmi.

Tutte quelle donne erano state invariabilmente offese da qualche maschio, era anche scusabile che tentassero di far perire i propri antagonisti servendosi della medesima spada che aveva ferito loro; non potevo offendermi.

La bellicosa pescivendola passo' alle vie di fatto in men che non si dica, mi punto' le mani al petto e mi spinse via violentemente.

Precipitai di spalle, malauguratamente, fra le mammelle di "Enza quattru caddozza", Provvidenza quattro salsicce, coniugata ad un macellaio di frodo, gia condannata per tentato uxoricidio, a piede libero sulla parola per sopravvenuto esubero nel braccio femminile della locale casa circondariale, poco distante dallo stadio, guarda caso a quattro passi da li.

Provvidenza mi acchiappo' per le spalle e mi rigiro' come fossi un budello di maiale che lei stessa si accingesse a riempire di carne tritata d'asino vecchio, sale, pepe nero e semi di fin0cchi0.

Quando fummo vis-a-vis mi digrigno' il suo sdegno per essere stata travolta da un ovino castrato; disse che puzzavo di beccume e che si sarebbe ritenuta soddisfatta solo quando fosse riuscita a farmi uscire "sangue da tutte le parti", testuali parole.

Iachino era immerso nella stessa melma, poco distante dal luogo dove si stava consumando la mia tragedia.

Lo vidi mentre tentava, mani in alto, di sedare le funeste ire di "Peppa pupa di lignu", Giuseppina omissis di legno.

La stessa, allargando la camiciona all'altezza del petto, rivelava a faccia di gomma di custodire i propri denari dentro il reggipetto; che cercasse di sfilarglieli da li se gli bastava il coraggio, nel qual caso lei stessa gli avrebbe fatto schizzare gli occhi fuori dalle orbite.

Traducendo a braccio dal dialetto, la signora avrebbe preso la testa di faccia di gomma e se la sarebbe infilata fra le cosce, indi avrebbe stretto le medesime fino a raggiungere lo scopo prefissosi.

La vecchia Peppa era una donna ormai anziana, tuttavia non era saggio pensare che minacciasse a vanvera, d'altronde nessuno ha mai sentito di una "pupa" che diventasse meno coriacea col passare degli anni.

La macellaia nel frattempo aveva cominciato a scuotermi, forse pensando che non fossi sufficentemente frollato per essere disossato e venduto a tranci.

Mentre mi scuoteva, vedendomi inerme e rassegnato, come fossi riempito di segatura, parve perdere parte della sua animosita'.

Cominciando a ridacchiare malvagiamente, domandava in giro se qualcuno volesse occuparsi della soppressata che aveva appena terminato d'insaccare.

Scoppio' un boato di risate demoniache poi, visto che nessuna si faceva avanti per prendermi in affido, la macellaia mi rigiro' di spalle e mi spinse a casaccio proprio in mezzo a quell'infernale gineceo.

Calcolai che sarei finito fra le spire di "Mela a sarracina", Carmela la satanassa, fattucchiera praticante, quattro gravidanze prima della maggiore eta', nessun marito sopravvissuto, nessun figlio a piede libero, una leggenda vivente.

La diavolessa vedendomi arrivare alzo' la mano sinistra e comincio' a fare segni cabalistici muovendo il pollice, l'indice e il medio della mano sinistramente ingioiellata; mi vidi perduto.

Proprio in quell'ìstante si levo' un urlo che nulla aveva di umano.

Si trattava di una giovinetta ricoperta da una leggera sottanina, che teneva appollaiato sul fianco sinistro un bambino che le rassomigliava parecchio e che si trastullava leccando i due candelotti di moccio che gli colavano dal naso.

La ragazza non aveva ancora l'eta' per partecipare al ballo delle debuttanti, tuttavia che avesse cominciato a ballare da un pezzo era dimostrato dall'avanzato stato di gravidanza in cui versava; se il pupo che teneva in braccio non era un suo fratellino allora era probabile che si trattasse del suo primogenito.

La fanciulla comincio' a sbraitare chiamando a raccolta le comari, con incredibile pathos, con la voce spezzata dal pianto, senza versare una sola lacrima; sembrava recitasse la parte di Elettra.

A quanto pareva un ufficiale giudiziario stava tentando di penetrare la magione di una non meglio identificata "Sarina iatta sarbaggia".

Con un ultimo straziante affondo sulle ottave piu' alte della sua straordinaria estensione vocale, la discinta attrice invitava a non lasciare invendicata quella "INFAMITA'".

La satanassa si disinteresso' completamente di me; con un rapido e secco gesto della mano mancina chiese ed ottenne silenzio ed infine pronuncio' ad alta voce: "ALL'ATTACCO!".

Le ubbedienti comari serrarono le fila e partirono a passo di carica per la loro spedizione punitiva, lasciando libero il campo.

Io e Iachino, miracolosamente illesi, ci allontanammo dalla folla e, guadagnata la rampa d'accesso, ci rifugiammo all'ombra del gabbiotto del guardiano.




Contours

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Titolo: La donna cannone
Inserito da: Watson - 04 Giugno 2010, 12:21:25 PM
Le ultime disavventure di faccia di gomma e del suo inseparabile amico, mi hanno fatto venire in mente dei quadri di Botero....

(http://www.studioessedipinti.it/file//amalia_da_botero.jpg)

(http://www.studioessedipinti.it/file//LA_LETTERA-_DA_BOTERO.jpg) [size=08pt]immagini tratte da www.studioessedipinti.it[/size]

in particolare sono rimasto scioccato da questa frase:

Traducendo a braccio dal dialetto, la signora avrebbe preso la testa di faccia di gomma e se la sarebbe infilata fra le cosce, indi avrebbe stretto le medesime fino a raggiungere lo scopo prefissosi.


per fortuna oggi simili scene sarebbero impossibili da vedersi e da farsi, ma un brivido lungo la schiena quell'azione ma l'ha dato....

... anche se non c'è miglior modo migliore di lasciare questo mondo se non stritolato in quel modo  (muoio)



Francesco De Gregori

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Titolo: It's Only Love
Inserito da: COIO3 - 12 Giugno 2010, 09:29:47 AM
Qualcuno si invento' uno strumento a corda, col tempo qualcun'altro penso' bene di attaccarlo alla spina e subito dopo qualche altro penso di far passare le corde dentro un distorsore.

Certe volte non sai se graffia piu' la voce o la chitarra.

Maschi o femmine, chitarre ... anche, se hanno la voce arrochita sembrano piu' cattivi; conservano comunque una bellezza accattivante.



Tina Turner & Bryan Adams

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