Brian Jones, John Lennon, George Harrison e adesso anche l'imperturbabile Charlie Watts, che li ha raggiunti. Beatles e Rolling Stones.
Forse mi sono fermato lì, come la generazione, che mi ha preceduto, si è fermata a Claudio Villa.
Avevo dodici anni quando avevo messo le mie prime cento lire nel juke-box del paese in cui vivevo. Pantaloni corti e i capelli tirati sulla fronte il più possibile, per assomigliare ai fab four. La canzone selezionata: "Please, please me" dei Beatles. Un avventore, lì vicino, mi aveva suggerito, ridacchiando, che avrei fatto meglio a scegliere l'Ave Maria come se lì dentro, in quella scatola col parabrezza, ci fosse una canzone del genere. Avevo fatto finta di non aver capito, anzi non avevo proprio capito.
Ancora oggi ho tutti i 45 giri dei Beatles e ricordo che due anni dopo nel 1964, al cinema, era uscito il film in bianco e nero: "Tutti per uno", dei Beatles. Lo davano solo un lunedì sera, temendo la scarsità degli incassi.
Il cinema era a venti chilometri da casa mia. Avevo 14 anni e di fare a piedi, di notte, tutta quella strada andata e ritorno, non avevo trovato il coraggio.
Ho ancora anche qualche 45 giri dei Rolling. Sono cimeli di un'epoca andata.
I Rolling erano più trasgressivi dei Beatles, ma la beatlesmania era una forza travolgente che aveva coinvolto tutti. Mi ero fatto persino tagliare il colletto di una giacca per arrotondarlo come quello che avevano adottato loro e non vi dico l'invidia per quei loro stivaletti.
Adoro i Beatles e i Rolling Stones; sono stati la colonna sonora più importante della mia gioventù. Li considero amici per sempre.
Grazie Charlie Watts, grazie per avermi fatto sognare.