La Giallina .. alcune sere decideva Lei ... :
Quella carezza della sera
Alcune volte me ne andavo dal Bar un po’ prima degli altri.
Camminando a capo chino, l’istinto era di mettersi le mani in tasca, ma I jeans erano così stretti che anche quella semplice azione era impossibile.
Dal passante dei pantaloni penzolava un moschettone a cui erano appese le chiavi della Giallina.
Una semplice pressione e si staccava.
Un giro di serratura ed eccomi al volante.
Chiave nel blocchetto, piccola pressione e la Giallina già borbottava.
Rimanevo per un po’ così, con il motore al minimo, svitando e avvitando più volte quella piccola sfera di plastica nera, che altro non era se non il pomello del cambio, senza sapere cosa fare, e dove andare.
La Giallina vibrava dolcemente, io aprivo il vetro e ascoltavo quel suono.
Nemmeno il mio meccanico, in tutti quegli anni, aveva mai capito perché, nonostante I maltrattamenti quotidiani, quel motore girasse così bene.
Non aveva nessun rumore strano, sembrava che respirasse silenziosamente, ed era sempre accompagnato da quel sottile e inspiegabile sibilo, così caratteristico e così unico.
In quelle serate malinconiche, davvero io non sapevo dove andare, ma Lei sì, la mia Giallina lo sapeva..!
Eccome se sapeva dove andare !!
Bastava schiacciare la frizione, inserire la prima e lei partiva.
Decideva tutto lei: la velocità, i tempi, i luoghi.
Tutto scorreva dolcemente.
La Giallina dondolava sulla strada, passando dall’asfalto alle stradine sterrate, dalle risaie al lago, dalla polvere ai ghiaioni del Sesia.
L’importante era che lei mi portasse da qualche parte, con tranquillità, facendo si che il tempo passasse lentamente, e che finalmente venisse l’ora di rincasare, per potersi lasciare alle spalle, una sera di più, quell’angoscia e quell’ansia così tipica di quell’età’.
Avete mai ascoltato una canzone di tanto tempo fa, dal titolo:
“ Quella carezza della sera? “.
Io ho fatto di più.
Io quella carezza della sera l’ho sentita entrare dai vetri lasciati aperti durante quelle corse notturne,dalla feritoia sul cruscotto, mista ad aria fresca che odorava di erba e fieno.
E l’ho sentita accarezzarmi il viso e il collo, lenendo le pene, i dispiaceri, i dolori.
Era come se in quei momenti ci fosse qualcosa, qualcuno che mi conosceva così bene, che mi voleva così bene da cercare di farmi stare meglio.
Quando quella sensazione mi lasciava, per un attimo quasi rabbrividivo dal freddo, ma era un qualcosa di veramente piacevole, e alla fine stavo così bene che tutto quello che vedevo intorno a me sembrava meraviglioso.
Allora potevo riportare la Giallina a casa, parcheggiandola come sempre sotto il portico.
Toglievo la chiave, e alcune volte, per un po’, il suo motore dava ancora qualche colpo, come se non volesse spegnersi.
Avevo parlato di questo con il mio meccanico, e lui più volte mi aveva detto :
“ Sara un po’ di autoaccensione .. !!“.
No, non era autoaccensione.
Io sapevo cos’era : la Giallina in quei momenti singhiozzava, per me.
E sapevo anche cosa fare.
Mi bastava posare per un attimo la mano sul suo cofano, che lei subito smetteva, proprio come fa un papà con la sua Bambina.