Non era proprio il massimo, una Fiat 126 (che già ben conoscevo, dato che l’aveva avuta mia madre ma la usavo soprattutto io) al posto della agognata ma costosa e ancora prodotta anche se per poco Citroen 2cv. Cioè, magari andava bene per qualche giretto nella zona e forse anche oltre, ma carisma zero. Era di un bel rosso, sbiadito quando mio padre me la comprò, neanche a farlo apposta, alla vicina concessionaria Citroen. Bello vivo quando, in seguito ad un piccolo sinistro in cui ero stato ben ripagato, la feci riverniciare e restaurare.
Il sabato che mi fu riconsegnata dal carrozziere, un tipo potenzialmente bravo ma dalla professionalità diciamo “altalenante”, partii con fidanzata al seguito per una località di mare ora rinomata ma allora solitaria, per di più eravamo ancora in maggio. Non mi accorsi, per tutta la giornata, che l’impianto elettrico era un vero e proprio disastro: frenavi e si accendevano le frecce, oppure le luci di posizione, e viceversa. In più, dopo la pur bellissima gita, mi accorsi che lo sportello lato guida non chiudeva proprio.
Tornato quindi dal carrozziere, gli sottoposi tutti i problemi. Al mio ritorno aveva risolto quello dell’impianto elettrico, ma dello sportello si era dimenticato e aveva parcheggiato la 126 fuori dalla carrozzeria. Così, in strada, si mise all’opera davanti a me per farlo chiudere come si deve… tutto inutile. Dopo alcuni tentativi, non troppi a dire il vero, angelicamente mi disse: “Se lo dovrà tenere così…”. E rientrò in officina.

foto scattata durante la gita oggetto del raccontino