POLITICALLY SCORRECT (ANCHE NEL TITOLO) - ALLA LARGA IL "VOLEMOSE BENE"

Aperto da KAPPAESSE, 19 Agosto 2010, 14:20:59 PM

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Watson

Però in molti abbiamo mal compreso il tuo sdoppiamento letterario e si pensava che le tue "ossa" fossero veramente insieme alla tua mente   (nonso)

Citazione da: COIO3 - 02 Agosto 2012, 20:47:33 PM
In verita', poco m'importa dove trascino le mie ossa, ho in mano il libro di gadda e, per quanto mi concerne, quando leggo, io "sono" a Marino o a CasalBruciato oppure ai Due Santi, come fossi sul sellino posteriore del truce Pestalozzi.

questo è uno degli aspetti della lettura che più mi attraggono e che più ricerco ....



Drew Barrymore - Doppelganger - SEXY Scene


(zz)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

magomerlino

eggià voi malcomprendete! E a mììa me toccato fare una figura di melma...civostra!

COIO3

Ma quale figura  ;D equivoco ci fu, e' evidente  (nonso)

La telefonata e' stata spassosissima, il "perdonami, non per sapere gli affari nostri, ma tu chi ... sei?", l'ho buttato giu solo per scherzare, avevo capito benissimo che eri tu  (appl)


Commissario Auricchio - Balliemo - Fracchia La belva umana - Lino Banfi Balliamo



(lingua) Mimmo.
Whatever Works ;)

magomerlino

Citazione da: COIO3 - 04 Agosto 2012, 18:25:50 PM
avevo capito benissimo che eri tu  (appl)

(lingua) Mimmo.

della serie I Know my chicken

COIO3

"Mangio fuori"

"Che mangi? e con quali soldi?"

E' questo che succede a pagari affitti e bollette, ci si abitua a pensare che siano i soldi che ti tengono in vita, ci si dimentica che c'e' una vita che non devi pagare, e magari c'e' davvero, solo non devi smettere di cercarla.

La citta' ha meno di cento anni ed e' naturale che l'universita' sia stata edificata al centro, quel centro che dovrebbe essere storico se solo tanti terremoti non se la fossero portata via, la storia.

Non c'e' la tua storia sui libri che studi, c'e' quella degli altri, storie di morte e distruzione su quelle pagine, a quanto pare non valeva la pena di ricordare altro dei secoli passati.

Tante luci in giro per gli atenei disseminati in quel quadrato attorno a cui si concentrano gli interessi notturni di chi non ha motivo di rintanarsi dietro la porta di casa.

I miei piedi sudano dentro il felpato ginnastico che va di moda, moda sovrastimata, moda pagata a caro prezzo con soldi che non saprei come guadagnare; a dispetto di chi paga nessuno sentira' i miei passi avanzare nella notte.

Caterina tira verso i trenta e tutto quello che e' stata capace di rimediare e' stato un grembiule macchiato di gelati tutti i frutti e un ridicolo salario elargito ogni sabato, sempre e comunque dopo la mezzanotte, poche banconote, visto con i miei occhi.

Non macchiera' il grembiule Caterina, questi sono calabresi, maschi e femmine, i gelati li gradiscono confezionati, non li ciuccerano saltellando attorno ad un falo' che arde su una spiaggia estiva, non ci sono teleschermi nel locale; bigliardo, flipper e jukebox, niente altro.

Nel cartone i mottarelli sono allineati come soldatini.

"Che cazz...!" gli scappa dalla bocca, indispettito che io abbia tirato fuori gratis cio' che lui sta pagando; scarto e infilo in bocca senza togliere gli occhi dai suoi; tace, paga e torna alle sue calabresi, anche loro ciucciano aggratis, ridono e sono abbigliate da tarda estate in questo tardo autunno; a che servirebbe guastarsi la serata? son daccordo con lui.

Le monete del mottarello finiscono dentro al "taxas ranger".

La palla segue curve paraboliche ben descritte da equazioni di secondo grado le cui soluzioni martellano nascosti campanelli che trillano con  metrica monotona.

E' tutto semplice e a portata d'occhio sulla variopinta tavola del flipper, le regole del gioco sono poche, chiare e immutabili e i numeri del totalizzatore sono grandi e ben visibili, neri su campo chiaro e, poco o tanto che sia, ti rendono sempre giustizia, e domani puoi sempre migliorare.

La tavola del flipper sembra immensa finche' hai monete per animarla, il teatro di epiche battaglie dove tu mandi a morte soldati come fossero birilli o bersagli.

Ingoiata l'ultima palla dell'ultima moneta il ranger si oscura nel silenzio legnoso della cassa inerte e il totalizzatore buio riporta l'esito finale come fosse un breve riassunto di cio' che e' stato, un riassunto cosi' breve da poter essere costretto in un singolo paragrafo di una storia la cui fine e' ancora da scrivere.

Lungo il viale di casa fusti di metallo si alternano a fusti di legno,  i globi  elettrici abbagliano le fronde basse dei giovani tigli, le foglie ingiallite oscurano le fitte geometrie del marciapiede piastrellato.

Le fitte geometrie ... quasi tutti guardano in basso quando ripiegano alle mura domestiche, lo so, l'ho visto fare a tanti, quasi tutti.

Capisco con un solo colpo d'occhio che nessuno meglio di lui saprebbe dire dov'e' la stazione, quella parte di stazione che potrebbe interessargli. 

"Sai dirmi dov'e' la stazione?"

Glielo spiego dov'e' la stazione, garbatamente spiego, ricambiando l'inutile cortesia con cui mi e' stata porta la domanda, e non faccio nenche fatica a spiegare dov'e' che sta la stazione, sta proprio sul mare, il resto della citta' gli e' cresciuta attorno ad ondate successive, edificata dapprima sulle macerie poi, verso la periferia, sulla nuda terra.

Continua a seguire il mio fianco, in direzione opposta alla stazione.

"Ma ... mi hai capito?" mormora insistente.

Ho capito, ho capito che bisogna imparare l'umilta' di chiedere, lo capisco adesso che vedo farti violenza a te stesso, capisco adesso che finirai per trovarla da solo la strada della stazione.

Sul finire di questi anni settanta comincio ad odiarla l'umilta', l'odio perche' non ho capito bene se siano i piu' fortunati o i piu' disgraziati quelli che gli si rassegnano.

"E tu? capisci me?", e lui si rassegna.

La palazzina e' buia e silenziosa come la cassa del texas ranger quando le monete son terminate; rinuncio all'ascensore e salgo le scale con i piedi sudati.

Dovrei lavare i piedi prima di andare a letto, poi me ne dimentico, quando mi sovviene che anche stasera e' nulla di fatto.



Ivano Fossati

Ivano Fossati - I ragazzi cattivi - 1983


(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

COIO3

La differenza tra me e te ... canta tiziano ferro.


Io non mi vergogno delle mie frequentazioni, non mi metto in condizione di dovermi vergognare.

E' per questo che faccio un uso minimale di sms, e altri strumenti di messagistica privata.



Bon Jovi

Bon Jovi - Have A Nice Day


(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

COIO3

Ho visto fior di signore, stelle di prima grandezza nel firmamento dell'alta borghesia cittadina,  litigare per pochi centesimi all'ortofrutta o al banco macelleria, come sguaiate popolane che si litigano il turno della "quattara", in fila (si fa per dire) dietro l'unica fontanella della borgata che le ospita.

Le stesse giunoniche arpagonesse, sudate dentro una serra  florovivaistica, in orgasmo d'acquisto davanti all'implacabile cassiere, cacciano fuori bigliettoni da 50 e da 100 senza battere ciglio, al limite solo un timido e vergognoso, sia pur signorile, tentativo di sconto.

"Una carezzina?" a bassa voce, e allarga le spalle dentro il costoso tailleur per limitare la dispersione sonora alle sue spalle.

"ScheVza daVVeVo, signoVa!" dolorosamente stupito, Orazio sopranamente esclama, mentre, in fondo alla fila, ostile mi scruta, come m'avesse beccato a taccheggiare.

"Fanno 98 euVi" e accarezza la ghirlanda fiorita.

E la signora rincorre con gli occhi la carezzevole manina, ed e' come se il gentil tocco lo sentisse risalire oltre l'appiccicoso elastico delle autoreggenti.

E caccia fuori la 100 euro, e: "tenga il resto" alita dal fondo della gola, come cedesse a una deliziosa violenza, probabilmente stordita dagli effluvi orientaleggianti di "sweet savage", dentro cui l'Orazio sembra essersi tenuto in ammollo "all night long".



E arriva il mio turno, dopo ulteriori quattro oscene carezzine negate.

"Salve" e infila gli occhi nel fondo del mio cespuglioso torace "sale e pepe", esposto a cagion della calura tropicale.

"Salve a te" rispondo, sincero, daltronde finche' il colpo e' a salve non v'e' motivo di diffidare.

"Diciotto euVi" carezzevolmente tenta.

"!iciduzzaKiK" maschiamente sbalordisco.

Una qualche donna alle mie spalle, sobbalza come avesse preso la manganellata in fronte.

Il volgare dardo appena scoccato colpisce il bersaglio al centro perfetto.

Pensoso, accarezza la chioma delle due lantane, poi, in contumace silenzio, mi sfila dalle mani la diecieruro che, gia in coda alla fila, m'ero preparato a scopo intimidatorio, pero' rimedia battendo uno scontrino da cinque.

Infila scontrino e lantane dentro il cellophane propagandistico, poi, "Orazio 340 xxxx yyy" appunta a penna dietro il cartoncino pubblicitario.

"Ciao" e raccolgo la busta.

"Ciao caVo" e ammicca al cartoncino che, da mozzare il respiro, olezza di "edge whorehouse".

Uno sguardo a raccogliere l'anagrafica e: "Ah! ecco com'e' ..." mentalmente deduco.

Infilo il puzzolente foglietto nella tasca posteriore del jeans, infaustamente "factory ripped" all'altezza della mutanda nera "lutto stretto".

Orazio annuisce strizzando l'occhio mascarato.

Gli sorrido allegramente.

Lui sembra toccare il cielo con un dito, mentre il resto della mano arraffa un'altra banconota da 100.

"Contento tu" penso.

In effetti sorrido, essendo sul momento venutami in mente una battuta del "monnezza": "a chiappe', su 'sta fava n'se scu...gia!"





"Tu puzzi" sembrano dire gli occhi lacrimosi del vecchio labrador obeso.

"Urina di topo" conclude, scuotendo il capo come dicesse: "che gente! ma chi t'ha fatto entrare?".

Poi si gira e s'allontana discendendo flemmatico la pendice erbosa che ho appena terminato di rasare.

Sceglie una fetta immacolata di prato e, alzata la coda, comincia a defecare di prepotenza, a spruzzo, come avesse avviato uno specifico macchinario deputato alla scopo.

Butta la coda ad angolo retto, poi china le terga e il retto stesso trascina lungo un'altra porzione di prato immacolato; indi si rialza e si rigira accertandosi visivamente della buona riuscita dell'operazione.

L'erba appena offesa s'arrende e comincia a chinare il capo ingiallendo sotto i miei occhi.

Il cagnaccio, con la consueta flemma, risale la pendice erbosa passandomi accanto, senza degnarmi d'uno sguardo.

"Tu puzzi" gli rimprovero, e non scherzo, la frazione gassosa dell'avvenuta deposizione ha risalito la china di gran carriera, assediando la mia posizione e sgomitando per ingolfarmi le narici.

S'arrende all'inerzia del moto, poi si gira tirando fuori una mappina di lingua bavosamente giallastra; guarda me, poi guarda il prodotto dei suoi intestini, quindi, con movimento circolare distribuisce bava tra muso e tartufo.

Sembra ammiccare con il capo, come un cordero di montezemolo che dicesse: "quando termini li, dai una sistematina anche la, e pulisci bene, me racumandi".

Raccomandatosi, torna a risalire la china fino a raggiungere la terrazza estiva dove, schifosamente ricca padrona ottantenne vedova e parecchio ninfomane dama di compagnia in odor dei cinquanta, consumano un'annoiata pausa the, alle 15:30 d'un torrido meriggiar d'un luglio siciliano.



E' vero, puzzo di topo, urina o feci che siano e' proprio quello l'odore che m'e' rimasto addosso.

"La legnaia, mi raccomando, la voglio pulita come uno specchio!" s'era imposta l'ottuagenaria, ingioiellata come la meretrice di babilonia, gia alle 6:30 di quello stesso mattino di luglio.

E io c'ero entrato nella legnaia, e come io entravo un'intero esercito di ratti caoticamente se ne tirava fuori, come l'armata del generale Kutuzof braccata dai francesi nella piana d'Austerliz.

Non m'era riuscito di far si che la legnaia specchiasse, avevo pero' ottenuto che vi si potesse entrare senza dar di stomaco, nonostante operassi alla svelta, spalando cacche di topo che si disfacevano al solo toccarle, disperdendosi nell'aria che diveniva sempre piu' nebulosa quanto piu' ne respiravo, tanto piu' che faticosamente spalavo.

Nel prosieguo di quel giorno, potare arbusti, piantumar novellame, rasare il prato smerdandolo dagli sversamenti dell'unico maschio di casa, seminare a spaglio un mix di prato inglese garantito d'ottima qualita' e potenziale germinativo (seppur scontato al 40% sul listino), mi parve una passeggiata.

Nel prosieguo di quel giorno, il mio sudicio sfacchinare mentalmente assimilavo al passeggiar d'un uomo libero lungo ombrosi viali profumati, quasi fossi un redivivo Nunzio Motta che misura con passi d'agrimensore i possedimenti del proprio intraprendente figliolo.

Nel prosieguo di quel giorno, sulla terrazza estiva, una enorme aiuola rotonda di tre metri di diametro trabocca di lantane d'ogni color fiorite, dal bianco al viola passando per tutte le sfumature di rosso, alle quali dedico le mie migliori cure, tuffandoci dentro le braccia a scerbar manualmente, schizzandoci sopra un carosello di perle luccicanti profuse dall'irrigatore, inebriandomi del caratteristico intenso e lantanesco fetore di "neocid", o qualsivoglia altro insetticida di quelli che: "le ammazza stecchite".



"Abbiamo finito?" domanda l'annosa matrona, ingioiellata come doveva esserlo la Bovary quand'era in ovulazione.

"Ho finito" confermo.

La vegliarda sobbalza a udir che un sottoposto, misero, sporco, lacero, prezzolato a nero per giunta, si permette il lusso di negare a lei, possidente sopravvissuta al boom economico di quegli anni sessanta che la vedevano procace e fertile consorte d'intraprendente e ricchissimo Attilio Cavalier Volpone, d'usar d'un pluralis maiestatis, quand'anche istericamente acquisito, pur sempre benedetto da S.R.C..

"Tutto finito" ribadisco.

La vegliarda sobbalza ancora una volta, ma torce il naso stavolta, e scivola indietro d'un passo, come a ubbidir alla cadenza ritmata d'un antico minuetto.

Il piscio di topo mi fermenta addosso, perche negarlo?

"Aspettami qui" e s'allontana nella frescura dell'immenso salone retrostante l'affocata terrazza estiva.

Mi siedo lungo il bordo dell'aiuola rotonda, in pieno sole.

Accarezzo il manto fiorito delle lantane e il neocid m'avvolge, tentando di soffocarmi.

I bombi smettono di bottinare e cominciano a volare in circolo attorno al mio berretto griffato "Mangimi Scattareggia"

"Odori di buono" sembrano ronzare.

"Dovresti fare una doccia" consiglia la madama di compagnia, protetta dall'ombra d'un ombrellone di fine, delicata e pregevole fattura.

"Oggi non e' domenica" butto li, per vedere che effetto le fa.

Socchiude gli occhi, poi immerge per intero un "doria atene" dentro la tazza, lo tira fuori e, sempre per intero, se lo spinge in bocca, e subito una lacrima di "twinings" scorre via bagnandole il mento.

Probabilmente accarezza l'immagine del mio corpo nudo sotto gli schizzi del cipollone della doccia; mi si consumerebbe anche impestato dal piscio di topo, davvero dev'essere un osso duro a doverci parlare a quattr'occhi.




"Eccoci qua" dice la matrona, tirando fuori dall'elastica e sicuramente costosissima corsetteria un tovagliolino azzurro compostamente ripiegato a meta'.

"Siamo pace" afferma, allungando la banconota.

"No, non siamo pace!" la contraddico, guardando con bellicoso cipiglio l'azzurro figlio unico che la facoltosa megera tenta di rifilarmi.

"Pace, pace ..." rassicura, e, come accarezzasse la possibilita' di una scala a incastro, lascia che il pollice scivoli di lato, cosi' da mostrare l'azzurra coppia di chiusura.

"Va bene" concilio, e faccio per allungare la mano.

"Una carezzina?" prova, a bassa voce, affinche' l'affamata porcacciona non abbia a sentire.

Invece quella sente e, solo a immaginar di scroccare una carezza, ghermisce un altro biscotto e scavalla le gambe, cosi' che le cosce, probabilmente sudate, si scollano lacerandosi come velcro.

"Una carezzina ... da me?" rimungino, e sposto gli occhi ai sbrillucicanti orecchinoni che le deformano i lobi delle cerose orecchie.

In forma e dimensioni ricordano l'annosa coppia di pendenti posteriori, dalla coda scriminati, del montezemolo a quattro zampe che, proprio in quel momento, ostenta un ascetico rapimento rimirando l'azzurro del cielo estivo, in realta', come l'ultimo dei randagi, tentando di sgagnare uno dei tanti mosconi che lo assediano.

Due pezzi da novanta, quei pendenti; in buona sostanza, e oculatamente rivenduti, avrebbero potuto risolvere il problema della fame nel mondo, quanto meno per una buona ventina di minuti secondi.

"La vuole da me, la carezzina?" rispondo, interrogandola a voce alta.

Dall'ombrellone di fine, delicata e pregevole fattura si levo' un mugolio musicato, faceva venire in mente l'attacco del terzo atto della Manon Lescaut di Puccini.

"Tenga!" taglia corto la signora, come testimoniasse al mondo: "questa donna pagata io l'ho!"

Afferro i due da venti, poi, mentre l'infilo in tasca, sposto lo sguardo al pendente che patrimoniale splendore donava al colossale decollete'; in forma e dimensioni portava alla mente il molle complanare della scriminante coda del maschio cordero a quattro zampe.

La traviata, appurata la direzione del mio sguardo, nel paniere delle due braccia raccoglie i due preziosissimi charleston gray, costosamente sostenuti, che in quei dorati anni sessanta, ancor dolcemente succosi, l'avevano resa meritevole erede di quei molti e molto costosi pendenti.

"Alla prossima" mi congedo, avviandomi lungo il verde crinale, verso la verde pandarella fiat, sonnecchiante all'ombra d'un mansueto pino d'aleppo.

"Ssse!" lascia intendere la ricca matrona.





"Hei!" esclama, stridula e rugginosa.

Mi blocco a mezza costa sul prato rasato di fresco e, voltatomi, alzo il capo verso l'incombente vegliarda.

Vista dal basso, grifagna nel viso e gibbosa nel personale, assomigliava in maniera quasi perfetta ad una vecchia Ford Anglia aperta di convergenza.

"C'e' una macchia! li sul prato" rimprovera, indicando la giallastra frittella deposta dall'indolente stallone di casa, frittellona ancor fumante.

"Oh! quella ... il cane" rispondo, col tono noncurante di chi voglia minimizzare un dettaglio trascurabile.

"Che c'entra il cane?" chiede indispettita, come giocassimo alle tre carte e io gli avessi mostrato l'ennesimo seme nero.

"No, non quello che entra, e' proprio quello che butta fuori" azzardo, nella speranza che la perifrasi mi risparmi di scendere in dettagli indegni di tanto blasone.

"Fuori? dentro? ... ma che dici?" ribatte, ulteriormente ingrifandosi, come fosse risoluta a farsi restituire la puntata.

L'evocativa e alternante attivita' da lei stessa suggerita parve farle venire in mente qualcosa di sessualmente compromettente; per la seconda volta raccolse i due charleston gray racchiudendoli nel paniere delle sue braccia.

L'indolente quadrupede, con telepatica prontezza, accorse a fianco della padrona, latrando un "wouff" a scopo chiaramente intimidatorio.

"Il cane" insisto, puntando lo sguardo al nobile stallone, come a sottolineare la fiera differenza di patrimonio genetico, pur dovendo cedere sull'economico.

"Lo metta a dieta" spiffero, col tono di chi offra un delazione piu' che un buon consiglio.

L'indolente canide raccolse la coda a meglio discriminare i pendenti e, a cagion di nera coscienza, s'arrampico' sulla vegliarda, puntando le zampe sui meloni.

"Cuccia, Attilio!" redarguisce la vedova, preoccupata piu' del fine tessuto che delle colossali angurie.

E vado via senz'altro verbo profferire, che' pure il "monnezza", che pure era il "monnezza", a fronte di cotanto sfacelo non avrebbe trovato niente di volgare da dire.






Chi mi conosce bene sa quanto m'e' gradito poggiare i gomiti alla ringhiera e, di primo mattino, salutare il nuovo giorno fumacchiando al balcone del mio studiolo.

Colei che meglio di chiunque altro mi conosce, vedendomi portare a casa due variopinte lantane, pur senza alcuno spirito d'emulazione, s'e' adoprata a saccheggiare tutte le serre florovivaistiche del circondario, senza peraltro consultarmi e conseguentemente senza riuscire a spuntare un baiocco di sconto.

Oggi, la ringhiera del mio balconcino e' praticamente invasa di verzura d'ogni tipo e misura appollaiata lungo il bordo esterno, sostenuta da elegantissime gabbiette metaliche il cui prezzo di listino ha ispirato la trama di "Wall Street, il denaro non dorme mai".

Le due mie lantane, gonfie e rotonde di sanguigno fiorame al primo anno, cedono il passo e subiscono l'ombra di molto piu' raffinate piante da balcone, cosicche', ormai prostrate e striscianti, a ogni mia escursione sul balcone, sembrano dire: "uccidici, oppure impara a farti rispettare, !ozzakekE"

Eppure tirano avanti, come me d'altronde.

Eppure, tutta quella verzura ha creato un ambiente raccolto e discreto, un muro verde che da sguardi indiscreti mi protegge e liberta' altrimenti impensabili mi concede, senz'alcuna offesa all'altrui pudore arrecare.

Solo qualche giorno addietro, raboccata la tazzina, succintamente vestito del solo boxer rosso pompeiano griffato "CapaTosta Underwear PRC", m'accomodo sulla sdraio smarrita da un mio cugino di primo grado in occasione d'un primo maggio ormai memorabile, e appiccio il fuoco al primo tabacco del mattino, il tabacco migliore a dar credito alle pagine scritte da Simenon.

"Splendida mattina, cielo terso e sole scintillante" commenta lui, sollevando il capo.

"Come farai a vederci cosi' bene, con un occhio solo poi" commento io.

"In verita' m'annoio" confessa lui.

"Te', fai un tiro che ti passa" lo incoraggio io, porgendogli la cicca.

"Tira tu, che hai le narici" risponde lui, leggermente risentito.

"Ma che c'hai stamattina?" domando io, accarezzando l'ormai misera e spennacchiata chioma delle mie due personali lantane, e subito l'odore di neocid m'avvolge, inebriante.

"Che devo avere ... sara' l'aria, sara' il sole, sara' 'sta puzza che le ammazza stecchite" rimungina lui.

"Si, saranno tutte queste cose ..." concedo io.

"Certe volte penso ai vecchi tempi, sai" confessa lui.

"Qualche volta ci penso anche io" confesso io

"Una carezzina?" suggerisce.

"Pure tu! Ma finiscila ... vecchio satiro!"

Spengo la cicca dentro la lantana di destra, e' giorno pari, vuoto la tazzina e mi infilo sotto la doccia; acqua fredda naturalmente.

E la chiudo qui, che' i vecchi tempi davvero son finiti.





Audio 2

SI CHE NON SEI... AUDIO2



(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

COIO3

Ero piccolino davvero all'epoca, giocavo a bordo vasca lungo la piscina di Mortelle, tenevo sotto punteria una bambina, una femminuccia ch'era uno splendore, anche se non capivo bene cosa fosse a renderla cosi' splendida.

Probabilmente ero splendido anche io, all'epoca; anche lei mi teneva sotto punteria, insistente, quasi presuntuosa, pur non decidendosi a liberarsi dalle grinfie delle due arcigne e bitorzolute arpie che la tenevano sotto tutela.

La piu' anziana acchiappa la bambina a due mani, come fosse uno sfilatino, e la spinge di fronte all'altra, e giu' a parlottare.

"Non capisco!" dice quella, e l'altra insiste a spiegare, fitto fitto e a bassa voce, continuando a scuotere il mio angioletto biondo.

"Ma cosa?" ritorna, e l'altra continua insistente a spifferare, sediziosa e circospetta.

"Ah!" esclama, "U fiorellinu" sagacemente alfin deduce.

"E parla giusta!" termina, rimproverando la reticente spifferatrice d'intime confidenze.

Il biondo cherubino, manco a dirlo, divenne scarlatta all'istante, ne piu' ne meno come il manico della forchetta marchiata "Hotel La Sirenetta-Milazzo" che, ricordo, esponevo alla fiamma del fornello di casa.

Il biondo cherubino chiuse gli occhi, come avesse voluto cancellarmi dalla faccia della terra piangendo, ne piu' ne meno come gli occhi miei quando mia madre se ne accorse, della forchetta intendo.

La mia viscerale passione per i fiorellini nacque quel giorno.



O.N.J.

Hopelessly Devoted To You Olivia Newton John (From Original Soundtrack "Grease").mpg



(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

Watson

Non mi piace parlare di politica perchè è come parlare di calcio, ci si arrocca su posizioni senza senso e non si usa più il cervello.


Mi è piaciuto il tuo lungo racconto "Si che non sei tu", lungo molto lungo, strano non è nel tuo stile, ma piacevole come sempre  (abbraccio)


ma ho pure apprezzato quello postato solo qui sopra, perchè i ricordi della fancillezza mi fanno venire in mente ricordi piacevoli della mia, grazie Mimmo.



Però scusami ma devo risponderti in qualche modo a quella dolce visione del "charleston gray"

lo avrei fatto nel mio cesso, ma non posso,

non posso perchè ancora fresco è il ricordo di un'ennesima dipartita,


ma qui visto che non ci si deve volere bene per forza, eccoti la mia risposta adolescenziale a quel "charleston gray"


Samantha Fox
Londra, 15 aprile 1966



Samantha Fox
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

COIO3

Citazione da: Watson - 15 Novembre 2012, 17:00:42 PM
grazie Mimmo.

Prego Antonio, vecchio amico mio (bacio)

Neanche a me piace parlare di politica, specie se il mio interlocutore fa appello alla mia coscienza, qualla eterea parte di me a cui fatico a dare corpo.

Alla politica preferisco la polvere della mia soffitta, poco o tanta che sia, contento che tu e qualcun'altro l'apprezzi, anche solo per quei pochi minuti di lettura.

Almeno finche' ce la lasciano depositare qui.

Almeno finche' non ce ne cacciano ;D



Neil Young

Neil Young∻"Harvest"


(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

Watson

Non ho parole, non saprei cosa scrivere e non voglio neppure scrivere nulla

però vorrei tornare indietro e ricominciare tutto da capo in modo da non ripetere gli stessi errori del passato

ora ci provo, speriamo di farcela.


Franco Battiato - Passacaglia

Vorrei tornare indietro
per rivedere il passato
per comprendere meglio
quello che abbiamo perduto
viviamo in un mondo orribile
siamo in cerca di un'esistenza





Toni (alias Watson)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

COIO3

Chi taccia qualcuno di qualcosa e' come se si fottesse da solo, magari si sfoga ma non si diverte  ;D

Tuttavia, mi domando, chi siamo noi per negare un po' d'autoerotismo al nostro prossimo (nonso) senza contare che, a turno, chi prima chi dopo, tutti finiamo per ripiegare al triste e inconcludente sollievo (muro)



The Prodigy

The Prodigy - Firestarter



(gatto) Mimmo.
Whatever Works ;)

Watson

Ricevo ed inoltro.... per fortuna noi siamo in forum  (stupid)

http://www.repubblica.it/politica/2013/05/11/news/diritto_social_network-58533282/


FUORI I BULLI DAL NOSTRO TWITTER

di ROBERTO SAVIANO
2012-05 11 La Repubblica

È nato un nuovo diritto.
Il diritto ai social network. Il diritto di poter avere un account, di poter postare, leggere e commentare.
In paesi come la Cina, Cuba, la Corea del Nord, l'Iran l'accesso ai social network è vincolato o persino negato.
Spesso può avvenire solo in forme clandestine. I regimi che hanno represso le primavere arabe vietavano i social
network che, in quel contesto, sono diventati vettori di informazioni necessarie alle proteste e simboli di una
rinascita democratica.

Ma ogni diritto ha delle regole.
E nessuno dovrebbe sentirsi fuori luogo nell'esercitarlo, nessuno dovrebbe essere costretto a fare lo slalom tra
insulti o diffamazioni. Eppure è ciò che accade sempre più spesso.
Enrico Mentana annuncia di voler andar via da Twitter per i troppi insulti ricevuti. Usa la metafora del bar. Se il bar
che di solito frequenti inizia a essere luogo di ritrovo per persone che non ti piacciono, che fai resti o cambi bar?
Davide Valentini, un giovane documentarista, fa una riflessione interessante.
Secondo lui Twitter innesca l'effetto Gialappa's band.
Molti commenti intendono portare all'attenzione dei propri follower su ciò che si ritiene stupido più che
interessante, e lo si fa con parole cariche di sarcasmo. L'effetto desiderato, e ottenuto, è far sentire i follower
particolarmente intelligenti mentre fruiscono di un contenuto considerato basso.
Quanti non hanno mai visto il "Grande fratello", ma adoravano "Mai dire Grande fratello"?
Su Twitter ci si sforza di trovare la battuta brillante, spesso feroce. O il tweet è cinico o viene considerato scontato.
Ciò che non è crudele, disincantato, diventa bersaglio della supponenza collettiva.
Il politically uncorrect detta legge, l'aberrazione è considerata di culto, ogni provocazione - anche la più stupida - è
cool perché rompe gli schemi. Una logica neocinica sembra aver preso il sopravvento su ogni cosa.

Ma questa è una degenerazione del mezzo, perché Twitter nasce per comunicare: è una piattaforma che mette in
connessione chiunque con chiunque. Tutto è aperto.
Puoi seguire chi vuoi, puoi leggere cosa scrive Obama, Lady Gaga o il tuo collega, quello che ha la scrivania di fronte
alla tua.
La capacità di poter assistere in tempo reale a ciò che accade nel quotidiano e comprendere i punti di vista degli altri,
condividerne le conoscenze.
Retwitti se trovi interessante una notizia e credi valga la pena sottoporla alla tua comunità.
Crei dei topic, e puoi farlo chiunque tu sia. Poi ti capita di essere retwittato da chi ha centinaia di migliaia di follone, e
il tuo pensiero inizia a viaggiare.

Ma può anche accadere che in una piazza affollata, se si è a corto di contenuti o manca la capacità di sintesi (la
regola su Twitter consiste nel mantenersi nei 140 caratteri, l'sms di un tempo), si urla per essere ascoltati.
Quando il pensiero si semplifica e si riduce al grado zero, a volte c'è posto solo per l'espressione radicale o la battuta
estrema. La serietà è banale, il ragionare scontato.

Dunque ecco l'insulto.
Chi ti insulta su Facebook non riesce a fare lo stesso, però, quando ti incontra di persona perché non ha il coraggio di
mettere la faccia su uno sfogo personale che si alimenta di luoghi comuni e leggende metropolitane.
Ho letto che se un post presenta un certo numero di commenti negativi, chi leggerà quel post sarà naturalmente
influenzato da quei commenti.

Le critiche sono sempre benvenute, gli insulti no.
Dipende da noi dargli o meno diritto di cittadinanza.
Facebook e Twitter consentono di poter eliminare l'insulto, bannandolo, cioè mettendolo al bando. Fa parte delle
regole del gioco.
Non credo sia corretto escludere chi fa un ragionamento diverso da quello proposto, chi critica con linguaggio
rispettoso è una risorsa.
Ma è giusto bannare chi usa i commenti per fare propaganda, chi ripete sempre lo stesso concetto quasi a fare
stalking, chi - ad esempio - dice di conservare una bottiglia di champagne da aprire il giorno della mia morte, chi dice
di avermi visto a bordo di una Twingo rossa o una Panda verde a Caivano o a Maddaloni sottintendendo che
non è vero che vivo sotto protezione.

Agli estremisti della rete che obiettano: "ma questa è censura", rispondo che chi vuole può aprire una sua pagina
per insultarmi, ha l'intero infinito web per farlo.
È che in realtà l'insultatore vuole vivere della luce riflessa dell'insultato.
Eppure è semplice comprendere come non ci sia nulla di più dannoso dell'insulto: nulla garantisce più sicurezza al
potere, inteso nel senso più ampio, se tutto il linguaggio della critica si riduce al turpiloquio, alla cosiddetta "shit storm", alla tempesta di merda di messaggi senza contenuto rilevante.
Ecco perché la necessità di regole non può passare per censura.
Comprendo che la libertà della rete non può essere strozzata da vincoli, comprendo che i vincoli possono diventare
pericolosi perché pericolosa è la valutazione:

cosa è legittima critica o cosa è diffamazione?
Ma la gestione delle regole non è un vincolo, è funzionale al mezzo, alla sua sopravvivenza, all'interesse che gli utenti
continueranno o meno a nutrire.
Per questo Enrico Mentana credo si sbagli quando dice che o sei dentro o fuori e che non si banna.
Bannare è decidere di dare un'impronta al proprio spazio: è esercitare un proprio diritto.
L'educazione nel web, anzi l'educazione al web, sta ancora nascendo.
Scegliere di usare un linguaggio piuttosto che un altro è fondamentale.
Ogni contesto ha il suo linguaggio e quello dei social network per quanto diretto non è affatto colloquiale. Si nutre
della finzione di parlare in confidenza a quattro amici, - il che giustificherebbe ogni maldicenza, ogni cattiveria - ma in
realtà
tutto quello che si dice è moltiplicato immediatamente all'infinito, ed è quindi il più pubblico dei discorsi.
Non si tratta di essere ipocriti o politicamente corretti (espressione insopportabile per esprimere invece un concetto
colmo di dignità), ma di comprendere che usare un linguaggio disciplinato, non aggressivo, costruisce un modo di
stare al mondo.

I linguisti Edward Sapir e Benjamin Whorf
hanno teorizzato la relatività linguistica secondo cui
le forme del linguaggio modificano, permeano, plasmano le forme del pensiero.
Il modo in cui parlo, le cose che dico, e soprattutto come le dico, le parole che uso, renderanno il mondo in cui vivo
in tutto simile a quello connesso alle mie parole.
Se uso (non se conosco, ma proprio se uso) cento parole, il mio mondo si ridurrà a quelle cento parole.
Noi siamo ciò che diciamo.
Quindi il turpiloquio, l'insulto o l'aggressività costruiscono non una società più sincera ma una società peggiore.
Sicuramente una società più violenta.
I commenti biliosi degli utenti di Facebook e Twitter portano solo bile e veleno nelle vite di chi scrive e di chi legge.

Purtroppo questa entropia del linguaggio sta contagiando anche la comunicazione politica, sempre all'inseguimento
della grande semplificazione, della chiacchiera divertente e leggera, della battuta risolutiva.
Spesso parole in libertà, senza riflessione, gaffe continue alle quali bisogna porre rimedio.
La verità è che se ripeti in pubblico le fesserie dette in privato non sei onesto e gli altri ipocriti, sei semplicemente
maleducato e in molti casi irresponsabile.

Non è libertà - tantomeno libertà di stampa - insultare. È diffamazione.
Una parte degli interpreti talmudici, paragonano la calunnia all'omicidio.
E se penso a Enzo Tortora, non credo sbagliassero di molto.
La democrazia è responsabilità e sono convinto che le regole e la marginalizzazione - non la repressione - della
violenza e della trivialità salveranno la comunicazione sui social network.
Chi vuole usare il network solo per fare bullismo mediatico potrà aprire il suo personale fight club, senza nutrirsi -
come un parassita – della fama degli altri.
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

COIO3

Era un buio pomeriggio invernale degli anni '70, stazionavamo sulla banchina opposta la sala giochi dalla quale eravamo stati scacciati per sopravvenuta mancanza di fondi  (specchio)


Le sale giochi all'epoca si chiamavano ENDAS, un acronimo che non mi son mai preoccupato di decifrare  (nonso)


Ricordo stavamo tentando di eliminare i denti da un pettine a serramanico, con la speranza che potesse verosimilmente somigliare a un'arma da offesa, in un modo o nell'altro avremmo recuperato contante sufficiente per reinserirci nel torneo quadrangolare di 15 palle dal quale eravamo stati estromessi dalla coppia capeggiata da rroccu spadduzza  (bast)

Eravamo disposti al gesto estremo :o e' vero, sono sempre stato un cesso con la stecca in mano, ma essere stracciati da un mezzo focomelico andava ben oltre la semplice umiliazione  (discu)



All'improvviso da una vetrina poco distante comincio' a pulsare un woofer che sembrava caricato a plutonio  (sorpreso)  al tempo stesso una utilitaria fiat a 2 volumi in configurazione "fast back" posteggiata proprio di fronte alla vetrina prese a vibrare come tentasse di andare in moto con una candela staccata  (sorpreso)



Puo' darsi quel giorno avrebbe potuto mutare la mia esistenza, sicuramente in peggio, ma puo' anche essere nella concitazione del momento io stessi solo cercando delle risposte a domande che perlatro non ero in grado di formulare con sufficiente chiarezza (??)


Resta il fatto che quella musica potente mi condusse fin sulla soglia della vetrina musicale e li mi trattenni per il resto del pomeriggio, fin quando ormai certi non avrei acquistato nulla mi cacciarono con il poco garbo che di solito si riserva ai perditempo.


Quando venni via mi accorsi che la poderosa coppia vibrante da 38cm a sospensione corrugata era riuscita a far vibrare l'utilitaria fiat a due volumi fin quasi al centro della via, tanto che un pulmino VW impedito al transito strombazzava furiosamente e idiotamente alla vettura vuota   (mart)  anche se strombazzare non e' il termine adatto, quei pulmini avevano una specie di cicalino cosi' poco all'altezza della situazione da far venire in mente quei culturisti lucidi e pompati a cui dentro le brache sembra abbiano infilto una fava, una sola e senza baccello (appl)


"Potenza della musica", commentai.


Suonava 'sta cosa quel pomeriggio   8)



Lipps Inc.

http://www.youtube.com/watch?v=w6pg18bJt-A#!




Oggi quelle vetrine ingoiano lunghe file di incazzati disorganizzati che non riuscirebbero a saziare la non meglio definibile agenzia delle entrate nemmeno se si procurassero i fondi necessari calzando passamontagna e impugnando il kalashnikov.

A ben vedere quella vetrina suona potente anche oggi, solo che e' difficile tenerne il ritmo e vi fanno perdere un mare di tempo e non vi lasciano andare via tanto facilmente.



(gangster)  Mimmo.
Whatever Works ;)

Ludo

"fan@ulo" il momentaccio......

mi sveglio fischiettandomela nella mente, vorrà dire qualcosa,no?

La stupidità divora facce e nomi senza storia