Torino e le OGR

Aperto da Watson, 30 Novembre 2011, 12:54:07 PM

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Watson

C'è stato un tempo in cui esplorare le fabbriche abbandonate mi ispirava la fantasia...

... immaginare di camminare in luoghi dove i nostri padri, nonni avevano trascorso gran parte delle loro fatiche mi aiutava a sentirmi fortunato

un po' come quando le nostre mamme per farci finire il piatto di minestrone ci dicevano "pensa ai bambini africani che muoiono di fame"....

... ecco, io l'africa non l'ho mai vista e neppure i tanto nominati bambini africani, ma una fabbrica quella si che la conoscevo ed il pensiero di trovarsi al suo interno stritolato nei suoi ingranaggi, sminuito dalle sue dimensioni, annullato dai suoi uomini, questo pensiero mi terrorizava molto di più

ed è per questo che sono rimasto così affascinato ogni qualvota che sono riuscito a  penetrare in questi santuari del passato.



la foto è del 1996 e l'ingresso non è di quelli "avventurosi"  ;)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

Watson

Le O.G.R. o meglio Officine Grandi Riparazioni, sono uno di quei santuari che mi sarebbe piaciuto molto visitare al tempo del suo abbandono...



... costruite a fine '800 esse come si intuisce dal nome, servivano per le riparazioni e revisioni delle locomotive e delle carrozze feroviarie.



Situate vicino alla linea ferroviaria nei pressi della stazione di Porta Susa, esse occupano un'area enorme su cui erano presenti diversi edifici tra cui uno enorme a forma di H che ricorda una sorte di Cattedrale industriale, con le sue fila di pilastri in ferro e le sue luci enormi



in particolare un'area viste le sue dimensioni viene chiamata il "Duomo"



dentro ad esse l'attività lavorativa si fermò negli anni '70, per essere poi trasformate in semplici magazzini, fino al 1992, quando uscì l'ultimo convoglio carico di  ruote revisionate



come al solito una volta chiuse vennero abbandonate a se stesse, ma subito la città si domandò cosa fare per recuperarle ed i primi progetti che vennero approvati furono quelle di installarci delle mostre provvisorie...



fino ad arrivare ai giorni nostri quando in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia, le strutture furono riutilizzate per una grande mostra sulla storia d'Italia e sugli italiani.

W la vita

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morticia

#2
 (felice) bellissimo  Watson il tuo racconto, bellissime le fotografie .
Queste fabbriche di una volta sono a dir poco affascinanti hanno impresso nei loro muri o  in qualche oggetto rimasto ancora li' abbandonato, dolori e gioie dei nostri padri ed esse rappresentano un anello importantissimo della nostra vita.  (appl) (appl) (appl) (appl) (felice)
Le miniere abbandonate sono stati sempre dei luoghi che mi hanno attratto che purtroppo non ho mai avuto la possibilita' di visitare dove tanti,troppi nostri padri, ci hanno lasciato la vita  (felice)

lucajack2cv

#3
Citazione da: Watson - 30 Novembre 2011, 12:54:07 PM
C'è stato un tempo in cui esplorare le fabbriche abbandonate mi ispirava la fantasia...

... immaginare di camminare in luoghi dove i nostri padri, nonni avevano trascorso gran parte delle loro fatiche mi aiutava a sentirmi fortunato
[...]
una fabbrica quella si che la conoscevo ed il pensiero di trovarsi al suo interno stritolato nei suoi ingranaggi, sminuito dalle sue dimensioni, annullato dai suoi uomini, questo pensiero mi terrorizzava [...]  ed è per questo che sono rimasto così affascinato ogni qualvolta che sono riuscito a  penetrare in questi santuari del passato.

Le OGR le osservavo da fuori, già in disuso, negli anni in cui frequentavo il vicino Politecnico: Un monumentale fossile della città industriale (prima tessile e solo successivamente meccanica) che nacque sulle ceneri della prima capitale unitaria.

Ricordo una trasmissione radiofonica realizzata con grande cura storico-antropologica a metà anni settanta e riproposta recentemente su Radiotre, in cui alcuni anziani testimoni raccontavano quella Torino ormai lontana. Era impressionante ascolare la voce di persone che avevano conoscenza diretta di Filippo Turati o esperienza diretta del diffondersi nelle fabbriche di notizie quali l'assassinio di Umberto I a Monza o delle repressioni operate a Milano due anni prima da un mio poco illustre concittadino http://it.wikipedia.org/wiki/Fiorenzo_Bava_Beccaris

Qualche sera fa in un ciclo di pellicole monicelliane hanno programmato "I compagni", il suo film del 1963 sulle origini del movimento operaio negli anni novanta dell'Ottocento. Leggo che le trasformazioni urbanistiche che all'epoca avevano già profondamente modificato l'aspetto della città del centenario non permisero a Monicelli che di girare poche scene a Torino costringendolo a prediligervi alcuni opifici di provincia, mentre per trovare una tessitura ottocentesca "intonsa" dovette recarsi addirittura in Yugoslavia:

TRAMA

Nella Torino di fine Ottocento gli operai di un'industria tessile dopo un incidente sul lavoro iniziano a prendere coscienza delle loro condizioni e chiedono una riduzione dell'orario di lavoro. La protesta fallisce, ma arriva da Genova un "agitatore" socialista, il professor Sinigaglia, che diventa la loro guida ideologica organizzando uno sciopero ad oltranza. L'arrivo di un treno carico di crumiri provoca accesi tafferugli nei quali perde la vita uno degli operai. Lo sciopero prosegue e la resistenza dei padroni vacilla, ma gli operai sono stremati e meditano di tornare al lavoro. L'intervento della polizia e dell'esercito sancisce il fallimento della rivolta. Gli operai ritornano in fabbrica sotto il peso della sconfitta, ma con nuove prospettive per il futuro......................................

RECENSIONE

I compagni giunge dopo il decennio più leggero e spensierato della commedia all'italiana, lontana dai problemi e dalle miserie della quotidianità del dopoguerra. In quegli anni Monicelli fa parte del ristretto gruppo di registi che attraversano una fase di ripensamento e di riconsiderazione delle forme classiche di quel genere di cui egli è uno dei padri storici. Il film appare così nella sua filmografia come una delle opere di maggior impegno, tesa alla rappresentazione viva e vera della realtà della classe operaia a cavallo tra Ottocento e Novecento, trovando in Torino un palcoscenico ideale. «Fra le città italiane, Torino», annota lo storico Valerio Castronovo, «era, all'alba del Novecento, quella più animata da ideali e fermenti di modernità. [...] In breve tempo la capitale piemontese s'era trasformata da ex capitale decaduta del Regno d'Italia in un centro industriale di prim'ordine a livello europeo. Lo sviluppo industriale che aveva trasformato il capoluogo subalpino in un grande distretto industriale, vi aveva anche attirato una massa crescente di gente. [...] Tra le masse operaie l'acquisizione di nuovi diritti di rappresentanza, il contatto con giornali e circoli politici, l'associazionismo sindacale e il maggior grado di istruzione, come pure la crisi di alcuni mestieri tradizionali e il mutamento di ruoli nel sistema di fabbrica, avevano aperto nuove prospettive» (V. Castronovo, Storia economica d\\\'Italia: dall\\\'Ottocento ai giorni nostri, Einaudi, Torino, 1995).

Il desiderio di offrire attraverso il proprio film una rappresentazione autentica del proletariato torinese tra i due secoli spinge Monicelli a compiere diversi sopralluoghi tra Torino e provincia, alla ricerca di architetture e paesaggi soddisfacenti, dimostrando in ogni elemento scenografico una cura estrema e la capacità di saper cogliere con attenzione e finezza sorprendenti le peculiarità e le caratteristiche proprie di una realtà lontana nel tempo. Ma soprattutto Monicelli, che all'epoca del film aderisce al Partito Socialista, chiama a collaborare nel lavoro di ricerca e documentazione Alberto Cappellini, ex capo partigiano piemontese, grazie al quale viene introdotto nell'ambiente sindacale della Regione. Per dare una resa e un rilievo realistici al film, Monicelli decide di stipulare un patto con gli operai: la loro determinante presenza nel film in cambio di un contributo economico alla loro lotta. Tra le comparse utilizzate nella scena cruciale dello sciopero ci sono così gli operai che per l'occasione godono di due giorni di ferie concessi dagli industriali delle cartiere ICA, ma anche i lavoratori della fabbrica Stella che, in quegli stessi giorni, vivono duri momenti di vertenza sindacale.

Nel film sono riscontabili anche precisi riferimenti ad un libro di Paolo Spriano uscito pochi anni prima, Socialismo e classe operaia a Torino dal1892 al 1913: «la maggior parte degli scioperi dal 1895 al 1898 avviene a Torino nelle industrie tessili, sia per rivendicare l'aumento del salario, sia per protesta contro le multe. Sono agitazioni improvvise, fiammate di ribellione che nella maggioranza dei casi non sortono risultati, e non si trasformano in una ristenda organizzata» (P. Spriano, Op. cit., Einaudi, Torino, 195.

Con I compagni Monicelli dimostra una volta di più il proprio desiderio vivo e genuino di avvicinarsi alle vicende collettive, alle storie di gruppo, realizzando un film in qualche modo "corale", cercando di cogliere in profondità le dinamiche interne a un insieme di persone e i rapporti che tra queste si istituiscono in una dimensione storico-sociale più ampia. Il contesto non è per Monicelli un mero sfondo, ma diventa il nucleo fondamentale, il fulcro centrale attorno a cui ruota il lavoro sui personaggi, essenzialmente dei perdenti (come in altri film di Monicelli, basti ricordare La grande guerra, I soliti ignoti, L'armata Brancaleone), che tuttavia non accettano di continuare a essere esclusi dalla scena della Storia.

Secondo Maurizio Grande, una caratteristica peculiare delle commedie all'italiana – e in particolare quelle scritte da Age e Scarpelli – è il chiaroscuro, termine con cui «ci si riferisce sia alle diverse tonalità della commedia (il drammatico e il comico) e sia alla alternanza di prospettive adottate nella scrittura (la focalizzazione sull'individuo e la focalizzazione sul gruppo sociale)» (M. Grande, La commedia all'italiana, Bulzoni, Roma, 2003). Anche I compagni mostrano questo chiaroscuro nella modulazione dei momenti comici e di quelli tragici, nella composizione di un epos senza eroi, nell'individuazione delle sofferenze individuali all'interno di una classe sociale.    
La cura profusa nel film emerge anche nella qualità espressiva delle interpretazioni, portata all'esplorazione a tutto campo della possibilità di far coesistere toni e livelli stilistici difformi come il drammatico e il satirico, in una dimensione di acutezza e finezza di spirito non comuni. La sensibilità di Monicelli trova come efficace contraltare quella di un giovane Marcello Mastroianni, che con la sua interpretazione regala alla città in cui trascorse anni importanti della propria esistenza un affettuoso e delicato tributo. «Qui», afferma Lino Miccichè, «mancando le prepotenti presenze di un Sordi e di un Gassman, poiché è protagonista del film il più controllabile e meno esuberante Marcello Mastroianni [...], sono riscontrabili in misura assai più ridotta le accentuazioni farsesche, gli assolo fondati sulla battuta, le soluzioni narrative basate sull'ammiccamento e sulla smorfia. Mentre la necessità di costruire in qualche modo un racconto, invece che un sia pure elaborato quadro d'ambiente quale era La grande guerra, favorisce una più autentica dialettica tra fatti e personaggi anche minori» (L. Miccichè, Il cinema italiano degli anni '60, Marsilio, Venezia, 1975).

Come già ricordato da Monicelli, il film suscitò molte polemiche alla sua uscita: «l'atmosfera particolarmente calda di quei primi anni sessanta (i fatti del giugno-luglio 1960 a Genova, gli scioperi alla Fiat del 1962, l'"apertura a sinistra" del 1963; senza contare che lo stesso film era stato presentato in anteprima proprio al 35° congresso del partito socialista) rendeva sicuramente arduo ogni tentativo di distanziazione critica dal film, di una lettura più lucida e distaccata» (M. Coletti, in L. De Franceschi (a cura), Lo sguardo eclettico. Il cinema di Mario Monicelli, Marsilio, Venezia, 2001).

Anche alla presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia e alla sua uscita nelle sale, il film risultò un insuccesso di pubblico e di critica (anche se conquistò le nomination all'Oscar per il soggetto e la sceneggiatura). Ma a distanza di anni la scarsa attenzione al film appare l'effetto di un'Italia assorbita dall'ottimismo spensierato del boom economico e sicuramente non sminuisce il valore di un'opera che resiste talmente bene alla prova del tempo da essere considerata dal suo autore come un punto di arrivo.

I compagni, come già detto, è ambientato a Torino, ma in questa città sono state girate soltanto poche inquadrature (il cortile di una casa in via Verdi); la maggior parte delle riprese sono invece state effettuate a Cuneo, Savigliano e Moncalieri. Gli esterni della fabbrica sono a Fossano (sorpreso) ; gli interni in uno stabilimento di Zagabria.

http://ilcorsaronero.info/tor/37537/MARIO_MONICELLI___COMPANEROS___I_COMPAGNI_TNTVILLAGE_

Non mi riesce di ritrovare nelle immagini dal minuto 5.19 in avanti alcun orientamento per riconoscere in quale parte della città in cui vivo siano girate le sequenze di fronte alla fabbrica, probabilmente nel borgo Sant'Antonio o San Bernardo che sono completamente trasformati, ma state pur certi che, se la notizia è corretta, lo scoprirò  (su)


Oui nous sommes les barbariens de la route..
 Flying home to you..

pata2cv

Interessante "I Compagni" mò me lo guardo tutto  ;)
Grazie Toni, fantastiche le OGR ..esistono un sacco di posti meravigliosi  appartenenti all'archeologia industriale, questa è una  (superok)
planimetria del 1890 -circa-

ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati

Watson

#5
Bella planimetria, notare sulla destra la struttura a forma di H descritta più sopra, è l'area utilizzata per la grande mostra "Fare gli Italiani" e quel quadratino che si nota sul lato più a destra dell'acca è il "Duomo"

visibile in questa mia (foto) orribile  (nonso)




viceversa notate quanto fossero simili se no identici i gabbiotti dei caposquadra all'interno degli stabilimenti...








e per finire alcune foto storiche con gli operai al lavoro dentro la grande struttura industriale








W la vita

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Watson

Citazione da: serena - 04 Dicembre 2011, 09:04:37 AM
Le miniere abbandonate sono stati sempre dei luoghi che mi hanno attratto che purtroppo non ho mai avuto la possibilita' di visitare dove tanti,troppi nostri padri, ci hanno lasciato la vita  (felice)

Noi qui in Piemonte abbiamo diverse miniere visitabili...

.... il giorno che passerai di qui magari si potrà fare un salto, è da un po' che non ci vado  (felice)


Io invece sono anche attratto (ma nello spirito da te indicato) dai luoghi che videro i nostri nonni combattere per un'ideale che oggi è tanto disprezzato...

... per l'Italia su quelle montagne o pianure del nord-est durante la grande guerra  (sorpreso)

non a caso nella mostra che si è appena conclusa dentro le OGR "Fare gli Italiani" c'erano anche gli strumenti che hanno sconvolto una serie di generazioni del nostro recente passato...

cannone 1915

bombarda 1915



la qualità delle (foto) è pessima, mi sa che dovrei cambiare digitale, almeno per quanto riguarda le foto al chiuso  (nonso)
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pata2cv

curioso e interessante  (appl) sarebbe anche curioso sapere che fine hanno fatto le OGM cioè -officine grandi motori- dell'ansaldo, poi divenute Fiat, costruivano giust'appunto motori bestiali per le navi... ricordo una ventina di anni fa -passeggiando intorno ai dismessi stabilimenti Wamar -anch'essi poi frazionati e riqualificati- di aver visto un cancello ciclopico con la sigla in stile art nouveau (OGM), ai tempi curavano anche l'architettura nelle industrie, come anche le varie filande e fabbriche a mulino sui canali derivati dal PO.
Ho inserito questo OT in OT -anche se siamo sempre su argomenti analoghi, propulsori ect- perché volevo chiederti Toni se sai di una riqualificazione o rinnovamento dei ben quattro isolati delle "OGM" che trovo mooolto interessanti -Chiudo preambolo con 'sto video-  ;)
OGM Officina Grandi Motori
ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati

Watson

Citazione da: pata2cv - 06 Dicembre 2011, 11:07:16 AM
Ho inserito questo OT in OT -anche se siamo sempre su argomenti analoghi, propulsori ect- perché volevo chiederti Toni se sai di una riqualificazione o rinnovamento dei ben quattro isolati delle "OGM" che trovo mooolto interessanti

O.G.R. e O.G.M. hammo molto in comune.... la O e la G  ;D

scherzi a parte le due aree hanno avuto due sviluppi completamente diversi, l'area delle OGR è stata in gran parte riutilizzata per il raddoppio del Politecnico e per la costruzione della centrale di teleriscaldamento, mantenendo in piedi diversi fabbricati minori oltre al grande edificio ad H

invece l'area delle OGM è stata acquisita da una società commerciale e gran parte demolita per far posto ad un ipermercato e fabbricadi di edilizia residenziale...

... rimane in piedi la struttura su corso vercelli chiamata "Lingottino" e pochi altri edifici ---> QUI una mappa in cui si elencano le demolizioni effettuate (piango)
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pata2cv

Se ne va per sempre un pezzo significativo di storia  :(
grazie  (felice)
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Watson

#10
Tralascio per il momento il discorso struttura, architettura, luogo di lavoro....

... e mi concentro sul luogo della mostra, che è appena terminata ed ha visto un successo enorme di pubblico ben 400.000 visitatori in 9 mesi  (sorpreso)

mi dispiace che l'abbiate persa  ;D ma forse avete ancora un'occasione visto la notizia apparsa sul giornale proprio oggi  (appl) --> LA STAMPA

in attesa che passi questa lunga pausa invernale, giusto per stuzzicarvi l'appettito (mang) vi posto qualche foto di carattere motoristico  (guid)


Innanzitutto, la mostra percorreva tutto la storia del nostro risorgimento fino a giungere agli anni del boom economico (più o meno), quindi le prime due auto che posterò non possono che essere le auto degli italiani (intese come quelle che hanno permesso la motorizzazione di massa).

la 600



e la  500

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Watson

Tornando indietro nel tempo, la mostra andava in ordine cronologico, sono io che ho iniziato dal fondo, neh  ;D

troviamo questa stupenda Fiat 500 C Giardiniera del 1951






sopra la capotte hanno piazzato du grandi megafoni, perchè essa era parcheggiata nell'ambientazione rivolta alle elezioni degli anni dopo la guerra e molto interessante sono i manifesti elettorali che si vedono in quest'altra immagine

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Watson

Non so quantificare l'anno dagli slogan dei manifesti, ma sicuramente so riconoscere i "comunisti" che il nostro ex-presidente del consiglio si ostina a vedere ancora oggi dappertutto  (muoio)



carino l'ultimo a destra in cui si esorta a votare in ogni caso (non si specifica per chi) se non vuoi rimanere azzittito da chi ci comanda  :-X




l'ultimo a destra è particolare, incita a votare italiano, come se chi votava "comunista" votasse a favore di qualche potenza straniera  (sorpreso)




in questi tre si vede da dove è nata l'ispirazione anti "comunista" di un noto personaggio politico italiano  ;D
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Watson

E siamo arrivati al pezzo forte.... almeno penso che questo mezzo possa piacere ai cultori del cinema  ;)

E' un furgone "Cinemobile" Fiat 618




del 1936 e come riporta la scheda ai suoi piedi... già dell'Istituto Nazionale Luce




il 618 carrozzeria Viberti (ma guarda che ritroviamo nuovamente un Viberti  (ole) ) su disegno Revelli di Beaumont




montava un proiettore "Victoria" della ditta milanese Cinemeccanica



ora il Cinemobile è presente presso il museo dell'Industria e del lavoro "Eugenio Battisti" di Brescia o meglio è stato per 9 mesi a Torino e presumo sia ritornato a casa....

.... ma lo scopriremo soltanto alla riapertura della mostra nel marzo 2012 o se uno di Brescia andrà a verificare se è presente o meno il Cinemobile  (appl)
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Watson

Su questa foto presa di sguincio (si dice così o è una mia invenzione  ???), si vede bene uno dei due manifesti cinematografici...

... Luciano Serra Pilota di Goffredo Alessandrini del 1938 (quindi è plausibile la sua presenza sul Cinemobile  ;D)



alle spalle sul grande schermo (non ho ancora capito come facesse a proiettare tale film parcheggiato in quel modo  ;)) c'è una scena di un film che presumo sia lo stesso della locandina...

... mi pare proprio Amedeo Nazzari, c'è forse qualche cinefilo incallito che potrebbe rispondermi  (?)
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COIO3

Citazione da: Watson - 07 Dicembre 2011, 15:58:24 PM
Non so quantificare l'anno dagli slogan dei manifesti

carino l'ultimo a destra in cui si esorta a votare in ogni caso (non si specifica per chi) se non vuoi rimanere azzittito da chi ci comanda  :-X

l'ultimo a destra è particolare, incita a votare italiano, come se chi votava "comunista" votasse a favore di qualche potenza straniera  (sorpreso)


in questi tre si vede da dove è nata l'ispirazione anti "comunista" di un noto personaggio politico italiano  ;D


Bravo, bravo  (appl) continua cosi', lascia che si raddrizzino le cose e vedrai se non finisci dentro un sovchoz  (giu)


Melato e Giannini - Travolti da un insolito destino...




(lingua) Mimmo.
Whatever Works ;)

Watson

Nel 3D sul museo della Fiat ho postato un'immagine in cui hanno aggiunto la figura allegorica dell'Italia turrita

qui all'interno della mostra ho fotografato altre immagini tratte da periori diversi in cui viene raffigurata questa donna che rappresenta l'Italia.




a sinistra c'è l'immagine del periodo fascista in cui si legge il monito di tacere che il nemico ci ascolta (mi sa che dovrei farlo io qui sul forum  (stupid))

a destra invece c'è un'esortazione ad andare a votare, nelle elezioni del 1958
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Watson

Continuo con un'altra serie di immagini che riguardano l'allestimento che venne fatto all'interno delle Officine Grandi Riparazioni.

Questi veicoli non sono proprio di uso quotidiano, ma il loro aspetto particolare penso possa far piacere a qualcuno  ;D


non chiedetimi di commentarli, per me sono qualcosa di mai visto (ricordo che sono nato in città)




l'immancabile Fiat  (appl)




questo con le ruote posteriori gemellate  (sorpreso)

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Watson

essendo una mostra sugli italiani e sul loro cammino dall'unità ai giorni nostri, c'erano pure diversi oggetti di uso comune, uno di questi mi ha colpito particolarmente, anche perchè tramite un'auricolare collegato si potevano sentire pezzi di brano dell'epoca....

... le radio  ;D


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luigi spino

Citazione da: Watson - 26 Gennaio 2012, 12:07:30 PM
Continuo con un'altra serie di immagini che riguardano l'allestimento che venne fatto all'interno delle Officine Grandi Riparazioni.

Questi veicoli non sono proprio di uso quotidiano, ma il loro aspetto particolare penso possa far piacere a qualcuno  ;D


non chiedetimi di commentarli, per me sono qualcosa di mai visto (ricordo che sono nato in città)




l'immancabile Fiat  (appl)




questo con le ruote posteriori gemellate  (sorpreso)



Bellissime immagini Watson...   (sorpreso)  (appl) il primo e l'ultimo di questi trattori non li ho mai visti, ma quello centrale è un pezzo di storia dell'industria trattoristica mondiale. Si tratta del Fiat 702, il primissimo trattore prodotto (nel 1918) dalla Fiat. Presentava diverse caratteristiche moderne rispetto ai trattori contemporanei e, tra le sue curiosità, il fatto di avere la puleggia non su un fianco come tutti gli altri trattori, ma dietro, anticipando in un certo senso la successiva evoluzione trattoristica, ossia l'introduzione della presa di forza, che cominciò a fare la sua comparsa negli anni Cinquanta, per poi prendere definitivamente il posto della vecchia puleggia in brevissimo tempo.

Curioso l'ultimo trattore: quel bulbo davanti - utilizzato per l'avviamento - mi farebbe pensare a un Lanz, anche se non è escluso che si tratti di un trattore di un'altra casa che aveva adottato lo stesso sistema di avviamento.
Quanto alle ruote, beh, fino alla definitiva introduzione dei pneumatici (avvenuta tra la fine degli anni Trenta e la fine degli anni Quaranta), la fantasia dei costrutturi si è sbizzarrita per quasi mezzo secolo, tra ruote con lame, spuntoni  o rampini per fare presa sul terreno, ruote in metallo lisce o con copertura in gomma dura per muoversi su strada  (utilizzate soprattutto sui cosiddetti trattori industriali), o, ancora, con possibilità di montare ruote diverse, oppure più elementi (come nell'ultima foto) a seconda del tipo di terreno che chiedeva una capacità di presa diversa. In molti casi gli pneumatici, che hanno cominciato a fare la loro comparsa solo alla fine degli anni venti, venivano venduti come (costosi) optional.

Lasciamo perdere la storia dei cingoli poi, altrimenti divento ancor più logorroico  ;D, però la storia dei trattori è per molti versi ancor più affasciante di quelle delle auto, è un tunnel senza fine   (muoio) (muoio)

Ps. Watson: per favore, la prossima volta che fotografi un trattore abbi la premura di fotografare anche la targhetta illustrativa, quando c'è    (superok)

(felice)
  in hoc signo vinces

Watson

Citazione da: luigi spino - 26 Gennaio 2012, 12:34:05 PM

Ps. Watson: per favore, la prossima volta che fotografi un trattore abbi la premura di fotografare anche la targhetta illustrativa, quando c'è    (superok)

(felice)


(sorpreso) Non sapevo di questa tua perversa (sex) passione per questi strani mezzi d'epoca  (muoio)

a volte fotografo anche le targhette, forse l'ho pure fatto quando sono andato a vedere la mostra, se mi lasci il tempo di controllare (stasera) te le posterò sicuramente, in ogni caso da oggi sono stato avvisato, fidati che fotograferò solo le traghette   (su)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

luigi spino

Citazione da: Watson - 26 Gennaio 2012, 12:44:27 PM

(sorpreso) Non sapevo di questa tua perversa (sex) passione per questi strani mezzi d'epoca  (muoio)



Strano, anche se, in effetti, è una cosa di cui non ho parlato quasi mai (poco)  ;D (muoio) (muoio) (muoio) (muoio) (muoio)

Un saluto al cittadino Watson dal campagnolo Gigi, a  bordo del suo Massey Ferguson 130 motorizzato Perkins che, tra poco, taglierà il traguardo del mezzo secolo (il trattore, NON luigi  >:( ), ma che ancor oggi continua a lavorare (del resto hanno allungato l'età pensionabile per quasi tutti e, non essendo un parlamentare, anche il mio trattore deve continuare a guadagnarsi la pagnotta  (muoio) )




(felice)
  in hoc signo vinces

Mariotto Ami8

 (felice)

A sto punto penso che Luigi, ma anche Watson, gradiranno questa pubblicità d'epoca (1931):



Domanda per l'esperto: perchè si parla di TRATTRICE e non di TRATTORE come mi verrebbe da chiamarlo adesso?  (?)

Lu

Citazione da: Mariotto Ami8 - 26 Gennaio 2012, 18:39:52 PM
Domanda per l'esperto: perchè si parla di TRATTRICE e non di TRATTORE come mi verrebbe da chiamarlo adesso? 

Se noti la pubblicità parla di "è la vostra macchina!"
Soggetto: "macchina" -> femminile
Quindi: "macchina trattrice"
www.registroitaliano2cv.it
Quello che vuoi per me, il doppio lo auguro a te (Totò)

Mariotto Ami8

 ???  ehm, avevo chiesto il parere di un esperto
(muoio)

Lu

#25
Per sapere l'italiano, non credevo fosse necessario l'essere esperti in macchine movimentazione terra o veicoli agricoli.
Il codice della strada in vigore all'epoca (ma credo tutt'ora sia invariato in quel punto, ovvero l'art. 57) li definisce come "trattrici agricole"  riferendosi a "macchine a motore". Mi sembra logico che Fiat parli di "trattrici".

Però chiedo venia e lascio la parola agli esperti interpellati.
www.registroitaliano2cv.it
Quello che vuoi per me, il doppio lo auguro a te (Totò)

luigi spino

ehm.. se per esperti vi riferite a me state freschi  ;D In effetti ha ragione Cruell, il fatto che sia un appassionato di trattori non fa di me un esperto di etimologia delle parole. Semmai posso, anzi, potrei essere esperto di parole per il lavoro che faccio, però, in effetti, non conosco il perché di questa differenza. Per curiosità son andato a vedere sul dizionario e ho scoperto che, in realtà, si può dire in entrambi i modi, sono due parole che hanno lo stesso significato, pur essendo di generi diversi. Magari, ma questa è una mia analisi, trattrice è un termine più vetusto e trattore più moderno.

Tornando alle immagini bellissimo il manifesto che hai pubblicato Mariotto. In effetti è una testimonianza della longevità di quel trattore, che con poche varianti fu prodotto per quasi 20 anni. Ne esisteva anche una versione su cingoli, che alcuni testi indicano (sbagliando) come il primo trattore europeo su cingoli (in realtà il primo fu un Renault  (stupid) ).

Forse ho scoperto anche il trattore dell'ultima foto, quello con le ruote sdoppiate: si tratta quasi sicuramente di un Lanz Bulldog, probabilmente del modello HR, di cui esistevano diversi varianti. In questo caso dovrebbe trattarsi del modello "da strada" (il più costoso della serie HR) che veniva venduto di serie con le ruote posteriori sdoppiate. Se è quello nel corso del tempo i proprietari hanno smarrito il copripuleggia, dove il nome era chiaramente leggibile.

(vecchio) e dopo avervi oltremodo tediato  (zz) (zz) (zz)  vi saluto  (felice)
  in hoc signo vinces

Watson

Vi ringrazio per le informazioni ed i contributi apportati a questo piccolo 3D, ma visto che nelle intenzioni del curatore del thread non c'erano le discussioni sui trattori  (nonso)

ho pensato di spostare in un 3D adatto l'eventuale proseguo della chiacchierata  (appl)


Ovviamente se volete continuare qui, non sono io che ve lo vieterò, non mi permetterei mai simili azioni


Il 3D è questo (cliccare sul testo) Trattore o Trattrice

W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

Watson

ho terminato con le foto sulla mostra, in realtà c'erano molti più oggeti da fotografare (cosa che ho fatto), ma mi pareva che su un forum di bicilindriche potessero non interessare  (nonso)


provo ora a postare delle foto della struttura architettonica dell'edificio, elemento di per se molto ineteressante se siete appassionati di archeologia industriale  (su)


I pialstri in ferro



questo l'ho fotografato dentro un'area dedicata ad un'altra mostra dove era in bella mostra quella strana auto (se vi intererssa posto la foto)



interessante anche il manifesto sui pericoli a passare sotto i materiali sospesi)


e per finire quest'ultimo pilastro con questa strana scritta  (sorpreso)




Macchina delle relazioni sociali


la scritta è originale, come potete vedere sulla fotografia del 2003, ma non capisco che cosa potesse esserci attaccato sul pilastro che servisse a tale scopo (??)

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Watson

Citazione da: Watson - 31 Gennaio 2012, 14:49:11 PM

Macchina delle relazioni sociali



Nella seconda foto invece si legge (voi non ci riuscite, ma sull'originale si) Macchina del sapere genetico che letto così comporta un omino di questo tipo  (sorpreso)

per gli scettici qui una foto tratta dalla rete




Che cosa era, questa macchina, e quali risultati rilasciava....

... non è qualcosa su cui indagare, c'è qualche esperto che può dirci qualcosa, voi del sottobosco che ne dite  (?)
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