raid paris kaboul paris

Aperto da sert, 31 Dicembre 2014, 12:52:56 PM

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sert

in realtà stavo cercando altre immagini relative al raid paris persepolis poi me ne son capitate alcune del raid a kaboul  che non avevo mai visto e pensavo ci fosse già qualcosa di dedicato ma non mi pare di aver trovato nulla....
comincio a girare un pò di immagini:































saluti>>L

Watson

Interessanti, complimenti  (appl)


Simpatica quella con il cane all'ombra.... chissà se anche lui è poi partito per il raid  ;D
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

Skassamakkinen

A me piace la foto piccola con la 2Cv gialla.
Ma cosa si è messa per paraurti?
La testata del letto matrimoniale de mi nonno???
La fretta è spreco.
Spreco, è ciotola spaccata che non avra MAI riso.

sert


Ludo

Da non proprio amante della Dyane, devo dire che tappata da Raid è affascinante ;)
La stupidità divora facce e nomi senza storia

Watson

E' impressionante vedere la grande quantità di equipaggi presenti al via  (sorpreso)

ho trovato che furono quasi 1.300 i giovani tra i 18 e i 30 anni che parteciparono con 494 bicilindriche, delle quali solo 340 riusciranno nell'impresa di compiere tutti i 16.500 chilometri del viaggio  (guid)


Se avete voglia gardate questo filmato d'epoca  (su)

Paris-Kaboul-Paris.

se non resistete andate solo alla fine c'è un mezzo davvero insolito (minuto 10,22)  (stupid) (muoio)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

Golf

Io voglio la macchina del tempo!
Penso che sia un nostro diritto tornare a quegli anni e poter partecipare ad una avventura così .

Non è giusto poter  solo guardare.
(piango) (piango)

sert

#7





Watson

Negli anni '70 c'era la guerra del Vietnam, prima c'era stata quella dell'indocina, ma se guardiamo i territori del medio-oriente, possiamo dire che non c'erano grossi problemi tra le diverse civiltà, probabilmente un viaggi simile oggi sarebbe altamente più pericoloso ed improbabile.

E poi oggi i miti sono cambiati, le nostre auto non attirano più i giovani (eccetto Acapippo  :P), forse oggi le mete potrebbero essere altre, magari i paesi del Sud America, magari l'Australia con i suoi deserti infiniti, di posti per avventure in sicurezza c'è ne sono, ma questi sono ragionamenti di uno che ormai giovane non lo è più (ed è anche troppo bogianen  (stupid)), e poi oggi se vuoi l'avventura devi abbandonare l'auto e porvare con la bici, li si che ci sono imprese da far rimanere con la bocca aperta (noncicredo)



P.S. se hai ricevuto l'ultimo numero della LDL c'è uno che racconta il suo viaggio del 2009 in quei luoghi con una 2cv  (su)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

Pier Le Blanc

Citazione da: Watson - 31 Dicembre 2014, 16:08:09 PM
Negli anni '70 c'era la guerra del Vietnam, prima c'era stata quella dell'indocina, ma se guardiamo i territori del medio-oriente, possiamo dire che non c'erano grossi problemi tra le diverse civiltà, probabilmente un viaggi simile oggi sarebbe altamente più pericoloso ed improbabile.

E poi oggi i miti sono cambiati, le nostre auto non attirano più i giovani (eccetto Acapippo  :P), forse oggi le mete potrebbero essere altre, magari i paesi del Sud America, magari l'Australia con i suoi deserti infiniti, di posti per avventure in sicurezza c'è ne sono, ma questi sono ragionamenti di uno che ormai giovane non lo è più (ed è anche troppo bogianen  (stupid)), e poi oggi se vuoi l'avventura devi abbandonare l'auto e porvare con la bici, li si che ci sono imprese da far rimanere con la bocca aperta (noncicredo)



P.S. se hai ricevuto l'ultimo numero della LDL c'è uno che racconta il suo viaggio del 2009 in quei luoghi con una 2cv  (su)

E' lo stesso identico percorso che ho fatto io nel 1974 partendo però solo dal Piemonte.
Io e un mio amico su una Fiat 1300 con il cambio a cloche, un'auto comprata per la bisogna e pagata duecentomila lire. In tutto 15.000 km tra andata e ritorno in 24 giorni. Almeno una quindicina di notti passate dormendo in macchina.

(felice)
"Non c'è nulla come la fretta che faccia perdere tempo"
"Non rompere le scatole a chi è felice"

sert

simile ad una di qualche post precedente ma con più ampia visuale



diventata poi copertina







qui altre foto che non riesco a linkare per le mie ridotte capacità...

www.passion-citroen.com/l-aventure-sportive/les-raids-citroën/paris-kaboul-paris/




sert


sert


sert


Pier Le Blanc

Citazione da: Pier Le Blanc - 31 Dicembre 2014, 22:55:37 PM




E' lo stesso identico percorso che ho fatto io nel 1974 partendo però solo dal Piemonte.
Io e un mio amico su una Fiat 1300 con il cambio a cloche, un'auto comprata per la bisogna e pagata duecentomila lire. In tutto 15.000 km tra andata e ritorno in 24 giorni. Almeno una quindicina di notti passate dormendo in macchina.
[/quote]

Allora, cito me stesso anche per annotare una leggera rettifica: la macchina usata non era una Fiat 1300, ma una Fiat 1500, tanto per curare i dettagli. Di quel viaggio, per me unico, esisteva una serie cospicua di fotografie che, in mano al mio compagno di avventura, sono andate malauguratamente perdute durante un trasloco. Ne sono sopravvissute soltanto due che accludo qui, insieme a un piccolo resoconto affettivo di quell'esperienza.

IVREA 1974 KABUL

L'Oriente, tanti anni fa, quando i sogni di una generazione puntavano ad Est tra desideri di fuga, libertà mistiche e spinelli a buon mercato. L'oriente per me era un sogno rincorso su una cartina geografica in ufficio, lo sguardo sempre spinto nell'altrove dove attendevano, confinanti con le nuvole, le cupole a pagoda di Katmandu.
All'epoca, nella capitale del Nepal, confluivano, liberi come uccelli, gli hippies di mezzo mondo felici di buttarsi alle spalle la "civiltà dei consumi", peraltro assai minimizzata rispetto all'attuale, e lanciarsi in un'avventura, fuori dal tempo, lungo una catena di Stati da attraversare rigorosamente via terra. Il Nepal era uno Stato pressoché sconosciuto, forse addirittura privo di aeroporto, se ben ricordo, ma proprio per questo, suggestioni e racconti di chi c'era stato ne accrescevano il fascino, proiettandone a ripetizione visioni fiabesche. In estate ero finalmente partito anch'io su una vecchia Fiat 1500 grigia con il cambio a cloche, a capofitto nell'avventura on the road da Ivrea a Kabul perché a Katmandu non ci arrivai mai ma in Afghanistan sì e adesso questa terra, oggi martoriata da anni di guerra, mi è più cara che mai.



Questa è la prima fotografia che mi rimane. Non ricordo chi ha fatto la foto; sicuramente un incontro casuale con qualcuno a cui avevo chiesto il permesso di indossare il suo cappello da esploratore.
A lato si nota la macchina carica di polvere.


Un sogno!. Certo i sogni di una volta erano molto diversi da quelli di oggi! La nostra era una generazione che privilegiava il tempo libero, viaggiava senza meta, sentiva l'orgoglio di fare le cose spendendo poco denaro, si irrobustiva nel piacere di sentirsi in rotta con i vecchi schemi dei "matusa" sempre in bilico tra rinunce e costrizioni. E quelle benedette automobili, spesso scassate e oggi scomparse, correvano veloci, il volante stretto nell'impugnatura salda delle nostre mani, le ruote come risucchiate da una misteriosa calamita.
Ricordo, tra la folla di Istambul, un uomo che si tirava appresso un orso bruno, strattonandolo per un anello infilato al naso, ricordo il battello in navigazione sul Bosforo, ricordo il Pudding shop, un locale bar davanti alla moschea blu, ritrovo di tutti gli europei sulla via di Katmandu. C'era una parete al pudding shop, con i messaggi di chi era già partito, di chi voleva partire, di chi si vendeva questo o quello, compresi gli stivali, per proseguire l'avventura. Ricordo la moschea blu con le sue punte stagliate a cartolina contro il sole arancione, ricordo l'infilata di rubinetti a portata di piede per le abluzioni necessarie all'ingresso, ricordo i miei passi sui tappeti e i miei pensieri svaniti nella dolcissima culla dei tanti colori.
Dopo la Istambul europea, oltre il ponte sul Bosforo, sfila il paesaggio in un insieme di colline gialle, traffico, camion, caldo, polvere, solitari spazi carichi di ombre. E' un mondo che si fa più grande e meno popolato, silenzio di labbra, il mio amico che fuma, la strada che divora i suoi chilometri. Si viaggia sempre anche di notte, queste stellatissime notti, questo manto di cielo infinito dove sciamano luci e si respirano caldi aliti di oriente dai finestrini abbassati. "Che cosa c'era in fondo all'oriente? Dove finiva la strada del sogno? Cosa cercavamo laggiù?
Belle domande si faceva il mio amico e io con lui sulla via della seta sotto le perdute stelle della notte turca.

Poi l'oriente diventava Persia, donne con il velo, case raccolte in forma di minuti villaggi, l'idea del mar Caspio sopra di noi, il caos indescrivibile di Teheran, incontri casuali con i junkiees, spettri in viaggio per far fuori la vita a colpi di eroina. E poi ecco l'Afghanistan, una notte remota di luci smorzate a Herat, uomini che dormono sui marciapiedi, stuoie e turbanti, insetti, notte di caldo irrespirabile, notte di veglia e stupefazione. Afghanistan o terra di leggenda: Herat, Handahar, Kabul, carovane di pastori, cammelli, bambini in meravigliosi costumi rossi, un uomo che cavalca al galoppo, la coda del turbante che danza nell'aria. Ecco il deserto di pietre e di terra. Un mosaico di crepe nere, increspature montuose, cieli che si incurvano nella luce. Il deserto è un abbraccio di fuoco che prosciuga la gola, il deserto è il bacio languido dell'inferno.

A metà del percorso, sull'asfalto rovente, e con il serbatoio agli sgoccioli, appare una solitaria pompa di benzina. Poco scostato, il tetto di un piccolo capanno regala un'ombra obliqua. C'è una giara molto grande e una porta che si apre e un uomo che ci saluta, idioma sconosciuto, universalità dei gesti che esprimono amicizia. Ricordi come frammenti di quadri semoventi, piacere puro della casualità, orizzonti resi tremuli dal caldo. Non eravamo turisti, non avevamo guide, né mappe, né assicurazioni di supplemento, niente altro che pochi soldi e le nostre sensazioni in libertà. Azionata la pompa rudimentale e rabboccato il serbatoio, l'uomo ci invita ora al cospetto della sua giara e ne alza il coperchio. Meraviglia o miraggio la giara è colma d'acqua e, nell'acqua, si ammucchiano, scure e inconfondibili, bottigliette di coca cola. Beviamo, si beve, si ride, è una festa, è magia di vita. L'uomo attinge con un mestolo l'acqua dalla giara e rovescia, in un ultimo saluto, benefiche docce sui nostri capelli incrostati di polvere. Ho raccolto bottiglie di coca cola in un'ingenua scorta che sistemo sotto il sedile poi l'auto si infila di nuovo nella bocca rossa del deserto.

Il viaggio è caldo rovente, temperatura che sfiora i 55 gradi, sudore sulle sopracciglia, coca cola  bollente che non si può più bere, il viaggio è un'unica auto incosciente che taglia lo spazio vuoto. Corre l'auto e raggiunge il tramonto, imbocca un ponte e rallenta la sua corsa di polvere. Ci sono casupole sparute come visioni, ci sono pastori afghani che governano animali, c'è una larga pozza d'acqua che sopravvive nell'alveo secco del fiume. Dopo 560 chilometri il deserto è finito. Sotto il cielo tinto di viola e sotto lo sguardo placido degli yak, a mollo con il muso a pelo dell'acqua, io e il mio amico, in mutande, facciamo il più bel bagno della nostra vita.

Non sapevo nulla dell'Afghanistan di allora e nulla ricordo se non questi semplici flash di luce gioiosa, nulla se non il libero fluire delle immagini per le immagini, un Afghanistan visivo, quotidiano, ospitale, ricco di selvaggia bellezza, aspro nei paesaggi e fiero nei volti. Ricordo Kabul, uomini in corpetto e turbante, ricordo me stesso fotografato in bianco e nero accanto alle donne con il burqa.



Ed eccomi qui che passeggio tra le donne con il burqa, nella folla di Kabul.

C'erano donne con e senza burqa, occhi nella folla che emergevano in lampi di curiosità furtiva, c'erano barbieri sui marciapiedi e asinelli e carretti, commistioni di odori e rumori, uomini con pugnali dalla punta ricurva infilati nella fascia del giro vita. Un mongolo con i lunghi mustacchi bianchi, simili a un manubrio spiovente, era tra la folla con una scatola di legno a tracolla. Avvicinatosi, ci mostrava ora la sua merce in vendita. Erano piccoli coltelli con il manico di metallo dorato. Il mongolo ne aveva estratto uno, invitandoci ad alzare la manica della camicia, poi aveva tosato il nostro braccio per provare la bontà della lama.  Ricordo i suoi occhi piccoli e scuri sorridere tra le rughe del viso, ricordo il rettangolo di pelle depilata sul mio braccio, ricordo di aver acquistato ben 5 di quei coltelli che non avrei mai usato.

Ricordo tutti i ricordi possibili del mio Afghanistan immerso in un passato lontano e gentile, un passato con scorci di modernità visibile ma discreta, un passato in cui non  c'erano guerre né straniere né fratricide e i grandi Budda di  pietra attendevano,  tra le montagne, l'arrivo di qualche avventuroso viaggiatore.
Ora che dell'Afghanistan so molto di più so che questa terra è diventata la terra dei mutilati e tutto il mio sogno sembra piegare al tramonto, rischiare di perdersi come il bagliore di un lampo nell'oscurità.

(felice) :)
"Non c'è nulla come la fretta che faccia perdere tempo"
"Non rompere le scatole a chi è felice"

Skassamakkinen

Pier.. Che dire?
Magnifico!!!

Grazie per aver condiviso questo tuo ricordo con noi!! (su)
La fretta è spreco.
Spreco, è ciotola spaccata che non avra MAI riso.

Ludo

Grande Pier, me la raccontasti durante il viaggio a Spello, letta è ancor più bella! (superok)
La stupidità divora facce e nomi senza storia

Skassamakkinen

Scusa la domanda banale, Pier: ma l' eroica 1500, che fine ha fatto??
La fretta è spreco.
Spreco, è ciotola spaccata che non avra MAI riso.

Pier Le Blanc

Skassa e Ludo, grazie per i graditi commenti.

La Fiat 1500, a cui mi ero inevitabilmente affezionato, restò nelle nostre mani per un pò portandoci qualche tempo dopo in Marocco in un viaggio anche quello dove, per chissà quale processo di casualità contraria, andarono di nuovo perse tutte le fotografie, tranne due o tre. A bordo, questa volta, eravamo in quattro, tre uomini e una donna. La macchina non ci diede mai, dico mai, un problema macinando chilometri con infaticabile disinvoltura. Soltanto il parabrezza, durante il viaggio  a Kabul, si crepò per un sasso schizzato come un proiettile proprio al suo centro. La cosa che però mi piaceva di più era la scritta Ivrea-Kabul che, in Iran, ci eravamo fatti dipingere in caratteri arabi su una portiera con della vernice bianca.
Come succede spesso in queste storie, il mio copilota, decise di trascurare le avventure giramondo per quelle, più tentatrici, dell'universo femminile. Così decise di mettere su casa e sposarsi.
A quel punto la gloriosa 1500 diventò scomoda, per lui che l'usava quotidianamente per andare al lavoro, con quella scritta araba sul fianco che nessuno voleva cancellare. Io non avrei potuto tenerla con me, perché consumi e costi di manutenzione erano più alti del mio standard automobilistico abituale incarnato dalla parsimoniosa Fiat 500, rigorosamente usata,  e così, pur con qualche rimpianto, la macchina venne venduta.
(felice) :) 

 
"Non c'è nulla come la fretta che faccia perdere tempo"
"Non rompere le scatole a chi è felice"

10nico

Miiiiiiii!!!!!

Oh Pierangelo, ma allora non sei biondo!   (sorpreso)

Ma pensa te!

A parte gli scherzi, grazie del bel racconto/reportage e delle belle foto, è un bel condividere  (su)

E grazie anche per l'approfondimento sulla 1500!

Lunga vita e poppErità! (vecchio)

10nico
Chiamatemi Micky

Love long and prosper

Watson

Grazie Pierangelo per aver condiviso questi tuoi ricordi, peccato per le foto andate perse, anche perchè è grazie a loro che i nostri ricordi hanno più possibilità di riemergere nella nostra memoria  (abbraccio)


Quello che non ho trovato nelle foto della Paris-Kaboul-Paris sono appunto quelle dell'arrivo a Kabul, doveva essere una città compleytamente diversa da come la fanno vedere oggi, in rete ho trovato delle foto che la ritraggono quasi come una piccola metropoli occidentale..

le donne di Kabul


un vecchio filubus (forse sovietico)




una strada con l'immancabile maggiolino




un taxi tra il Pakistan e l'Afghanistan




e molte altre in questo articolo sull'afganistan degli anni '50 e '60 http://www.theatlantic.com/photo/2013/07/afghanistan-in-the-1950s-and-60s/100544/


(felice)
W la vita

"non postare" è un pregio se ci si accorge di non avere nulla da dire, ma non tutti se ne accorgono. [Magomerlino]  La vita dura poco, se non giochiamo ora...  Watson nel cuore Gaia felicemente... tra i piedi

riccardone

Bellissime foto! Gli anni '70 sono stati gli anni più belli della nostra storia!!