E SE VI PROPRINASSI I MIEI DELIRI?

Aperto da KAPPAESSE, 01 Ottobre 2008, 18:09:34 PM

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KAPPAESSE

Sono un grafomane, prova ne sia quello che (con grande buon cuore) Elena pubblica sulla "Lumaca di Latta".

Solo che mi sono fatto prendere un pò la mano da un racconto che, crescendo crescendo, si è dilatato oltre i limiti fisici del giornalino del club.

In questi giorni pensavo che, se ci fosse qualcuno abbastanza folle da essere interessato e se nessuno ritiene che le funzioni proprie del forum siano svilite ed ignorate da quanto intendo proporre, mi piacerebbe pubblicarlo un pò per volta per conoscere i vostri commenti, idee, gradimenti, disgusti, sputi (spero solo virtuali  :o) e quant'altro in merito.

Che ne dite? Ssè pò ffà?


Anita

Per me si può tranquillamente fare, è una bella idea!!!  (superok)

Il tuo racconto  (post)  potrà essere affiancato a quelli di Aspes ed inserito nella raccolta ke sta facendo Watson!!! :) ;) :D ;D

Pubblica pubblica!!! (post)


YuppiYuppiYuppiIeaaaaaa!!! :DDD

scofield

Citazione da: KAPPAESSE - 01 Ottobre 2008, 18:09:34 PM
Sono un grafomane, prova ne sia quello che (con grande buon cuore) Elena pubblica sulla "Lumaca di Latta".

Solo che mi sono fatto prendere un pò la mano da un racconto che, crescendo crescendo, si è dilatato oltre i limiti fisici del giornalino del club.

In questi giorni pensavo che, se ci fosse qualcuno abbastanza folle da essere interessato e se nessuno ritiene che le funzioni proprie del forum siano svilite ed ignorate da quanto intendo proporre, mi piacerebbe pubblicarlo un pò per volta per conoscere i vostri commenti, idee, gradimenti, disgusti, sputi (spero solo virtuali  :o) e quant'altro in merito.

Che ne dite? Ssè pò ffà?


sarei felicissima di leggere qualcosa e rubare qualche emozione (compl) (compl) (compl) (compl)
baci ade

liberopensiero2cvllistico

Benissimo, ma...   :o ESCLUSIVAMENTE se ad ogni uscita alleghi un pezzo di 2CV da montare (p.es. due cilindri, la leva del cambio, una ruota, ecc..) nel cellophane, cosi' se e' abbastanza lungo, alla fine abbiamo tutti la macchinina NUOVA !!!  ;D  (appl)  (muoio) (muoio) (muoio)

KAPPAESSE

Citazione da: liberopensiero2cvllistico - 02 Ottobre 2008, 12:33:49 PM
Benissimo, ma...   :o ESCLUSIVAMENTE se ad ogni uscita alleghi un pezzo di 2CV da montare (p.es. due cilindri, la leva del cambio, una ruota, ecc..) nel cellophane, cosi' se e' abbastanza lungo, alla fine abbiamo tutti la macchinina NUOVA !!!  ;D  (appl)  (muoio) (muoio) (muoio)

Mi sembrerebbe bello, ma banale.

Invece, se allegassi ad ogni uscita un pezzo in maniera tale che alla fine ognuno avrebbe il suo Titanic scala 1:1?

liberopensiero2cvllistico

Citazione da: KAPPAESSE - 02 Ottobre 2008, 13:16:24 PM
Citazione da: liberopensiero2cvllistico - 02 Ottobre 2008, 12:33:49 PM
Benissimo, ma...   :o ESCLUSIVAMENTE se ad ogni uscita alleghi un pezzo di 2CV da montare (p.es. due cilindri, la leva del cambio, una ruota, ecc..) nel cellophane, cosi' se e' abbastanza lungo, alla fine abbiamo tutti la macchinina NUOVA !!!  ;D  (appl)  (muoio) (muoio) (muoio)

Mi sembrerebbe bello, ma banale.

Invece, se allegassi ad ogni uscita un pezzo in maniera tale che alla fine ognuno avrebbe il suo Titanic scala 1:1?


Bellissimo!  (superok) Il problema è poi ke la 2CV puo' trainare al massimo 400 kg....  (muoio) (muoio) (muoio)

obelix

parla per te! io me le terrei qui davanti casa!!  (muoio) (muoio) (muoio) (muoio)
poi lo piazzo in canal della Giudecca  e se porta fede al suo nome risolvo il problema delle grandi navi che affliggono Venezia.
(felice) (felice) (felice)
Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea
(Se non ci fosse il ponte il mondo sarebbe un'isola)
Sìe ore ea cresse, sìe ea càea (Sei ore cresce,sei ore cala : la marea ma anche la fortuna)  www.venessia.com

Farley Mowat

Grafomane? Mmmm...molto interessante  ;D
Ora sono un pò in disarmo, ma appena trovo il tempo ho due o tre ideuzze per racconti alla Ldl...
Posta, posta  (su)
Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza.
H. G. Wells

KAPPAESSE

Per quanto riguarda il raccontone, posto le prime pagine non appena torno a casa (week end), perchè per adesso non ho il materiale (è sul pc di casa).

Per la questione del Titanic in scatola di montaggio do-it-yourserf dobbiamo soprassedere, perchè la produzione del cellophane necessario provocherebbe la rideterminazione dei parametri di Kyoto (e già quelli vecchi non godono di grande favore  (giu))

obelix

 :D ;) acc! e adesso??? avevo già preso uno stock di salvagente cinesi!!!  (muoio) (muoio) (muoio) (muoio)
Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea
(Se non ci fosse il ponte il mondo sarebbe un'isola)
Sìe ore ea cresse, sìe ea càea (Sei ore cresce,sei ore cala : la marea ma anche la fortuna)  www.venessia.com

KAPPAESSE

Ok, proviamoci.
Solo qualche breve  premessa  ;D

All'inizio, era nato come racconto breve per la LdL, ma fin da subito si è dimostrato troppo grande per la sua età e di difficile pubblicazione per il taglio del giornalino  (stupid).

Così, intorno a quella parte che posterò più avanti, si sono affollate le idee, alcune delle quali sono finte su carta.

Ho sviluppato queste idee cercando di creare un mini-romanzo che potesse essere letto con piacere da mio nipote Alessandro, che ha più o meno l'età dei protagonisti giovani.  (felice)

Insomma, è qualcosa nato principalmente per i ragazzi, ma quale duecavallista doc può affermare di non esserlo più almeno in parte?  (?)

Un'ultima avvertenza: un pò di pazienza, nella lettura, la deuche speciale non diventa personaggio immediatamente, ma entra in scena un pò più avanti, come si addice alle vere stelle.

Il titolo che ho pensato è "DOSSIER 4.5.19.3.8.5", vediamo se qualcuno mi sa dire perchè (è facile, ragazzi  (nonso) )

(PS: se postare in questo modo il racconto non andasse bene per ragioni tecniche, qualcuno mi faccia sapere come operare).

(PS al PS: attendo e PRETENDO commenti, soprattutto quelli critici di chi non apprezza tutto od in parte)

Su il sipario, che andiamo a cominciare con la prima puntata  (appl) (appl) (appl)

DOSSIER 4.5.19.3.8.5

"Il rumore dell'acqua arrivava fin lì, in cima alla collina.
-   C'è qualcuno che fa il bagno – disse Alphonse.
-   Ho sentito anch'io. Non è detto che siano loro! – rispose Marcel.
-   Speriamo, ma ci credo poco. Andiamo a guardare!
Le due biciclette iniziarono la discesa con molta prudenza. Poche decine di metri più avanti il bosco finiva ed avrebbero potuto vedere l'ansa del fiume dove intendevano andare a pescare, ma sarebbero stati a loro volta visibili.
Alphonse e Marcel erano due ragazzini diversi tra loro, che in comune avevano solamente l'età, 12 anni.
Si erano conosciuti all'inizio dell'anno scolastico appena terminato, quando erano finiti nella stessa classe di prima media.
Più che scegliere di essere amici, al principio, erano rimasti a passare la ricreazione insieme quasi più per differenza che per volontà. Differenza nel senso che entrambi erano stati rifiutati dal gruppo di quelli in gamba, anche se per motivi diversi.
Alphonse era robusto, anzi per meglio dire grassoccio. Abbastanza alto, anche se non altissimo, lontano dagli altri sembrava più basso proprio a causa della larghezza del suo fisico. Non era tutto grasso, anzi aveva delle spalle molto larghe. Sarebbe sembrato un atleta, solo che tutte le merendine che adorava decidevano immancabilmente di andare ad abitare sul suo giro vita, accumulandosi sempre di più. Eppure per Alphonse l'ora di merenda era una sola, nella giornata, ma durava dal risveglio al momento di andare a dormire.
Quindi, era costretto a portarsi dietro quel salvagente naturale che lo rendeva alquanto goffo ed impacciato. Per questo motivo, nessuna ragazzina lo aveva mai guardato senza ridere e nessun ragazzo aveva mai evitato di prenderlo in giro, almeno da quando aveva iniziato la scuola.
Alphonse tollerava, nella maggior parte dei casi, ma in segreto perdeva ogni giorno la scommessa con se stesso che avrebbe smesso e sarebbe dimagrito.
Comunque, tollerava nella maggior parte dei casi, non sempre.
Quando la misura era colma, si scagliava contro il suo tormentatore e gli rendeva pan per focaccia. Gli altri ragazzi avevano imparato a temere la sua forza ed il suo braccio, per questo nessuno, ormai, osava prenderlo in giro senza avere dei compagni pronti a difenderlo dall'uragano Alphonse. Il risultato? Quando la misura era piena attaccava comunque, qualunque fosse il numero di nemici da fronteggiare. Spesso tornava a casa pesto, qualche volta vinceva lui, ma sempre una buona dose dei suoi colpi centrava un imprecisato numero di volti.
Insomma, non era il coraggio a mancargli.
Biondo di capelli e di sopracciglia, sembrava più un norvegese che il mediterraneo che era.
A scuola se la cavava abbastanza da ottenere la sufficienza in tutte le materie, pur non riuscendo ad eccellere veramente in nulla. Per quanto ci provasse, aveva qualche volta raggiunto il 7 soprattutto nella matematica che adorava, ma mai nulla di meglio.
-   Alphonse – gli diceva sorridendo il papà – la tua testa è dura quanto la mia, che vuoi farci. Ma continua ad impegnarti come fai, guai a te se scopro che batti la fiacca!
Così faticava sempre, sui libri perché non aveva abbastanza intelligenza e memoria per spiccare, nel muoversi per il mondo perché non aveva abbastanza agilità.
Quell'anno scolastico, però, gli aveva portato qualcosa di prezioso, un amico con cui condividere le sue giornate.
Marcel era, fisicamente, l'opposto di Alphonse. Magro, nervoso e scattante, più basso. Portava gli occhiali, ai lati dei quali scendevano dei boccoli di un nero assolutamente corvino. Erano stati quelli l'origine dell'amicizia tra i due ragazzi. Dopo averli esclusi, il gruppo di quelli in gamba si divertiva a tormentarli. Quel giorno particolare, durante l'intervallo, ce l'avevano col colore dei capelli di Marcel, che sostenevano dovessero essere necessariamente colorati "come quelli delle donne", tanto erano neri.
Marcel, che a differenza di Alphonse non poteva contare su di una grossa forza fisica e non aveva lo stesso coraggio, era ancora di più  portato a sopportare, ma quel giorno stavano veramente esagerando. Ormai anche tutte le ragazzine ridevano di lui. Si girò rosso in volto per rispondere per le rime al bullo di turno, ruotando però tanto velocemente la testa che gli occhiali gli volarono via, rimanendo appesi ad una ciocca di capelli per qualche istante, prima di cadere.
Istintivamente Alphonse, che passava lì a fianco per caso, li afferrò movendosi con una rapidità che ignorava di possedere, lasciando tutti a bocca aperta.
Finché lo stesso bulletto si concentrò su di lui, prendendolo in giro.
Forse, se non si fossero guardati negli occhi, Alphonse e Marcel avrebbero lasciato perdere. Ma i loro occhi si incontrarono e sentirono l'uno l'umiliazione dell'altro. Fu proprio per difendere l'altro, non ciascuno se stesso, che si lanciarono in quella che fu definita la più grande baruffa che la scuola ricordasse. Alphonse mulinava le mani, abbattendole sul volto di chi gli si parava davanti con tutta la forza di cui disponeva. Marcel, con le schiena contro quella dell'amico, gli proteggeva le spalle agendo più di qualità che di quantità. Menava dei calci negli stinchi di rara precisione, abbattendo gli avversari che restavano al suolo tenendosi la gamba escoriata. Dopo pochi secondi, erano al centro del cortile con qualche avversario che ancora non si era alzato a fissarli stupito da per terra e gli altri che si tenevano prudentemente a distanza. Le ragazze ridevano di nuovo, ma in faccia ai bulli che le avevano prese meritatamente di santa ragione.
-   Adesso? – chiese Marcel all'amico, più esperto di quel tipo di avvenimenti.
-   Probabilmente ci sospenderanno. – rispose Alphonse, senza riuscire ad evitare di sorridere per la felicità di aver vinto la battaglia.
Intervenne in quel momento la signora Dupont, la bidella della scuola.
-   Cosa state facendo, monelli? – il linguaggio della signora era un pò antiquato, come il suo aspetto.
-   Ci hanno aggredito – disse il capo dei bulli – ha visto anche lei. Una bella sospensione non gliela leva nessuno, vero?
-   Pargolo, la mia mente non è appannata come tu credi. Ho visto tutto dal principio. Questi due ragazzi sono stati provocati per molto tempo da voi, la colpa è sicuramente del vostro gruppo. Inoltre, erano solo due contro tutti voi. Se qualcuno deve essere sospeso, siete voi sobillatori. Fate attenzione: se questi due studenti avranno guai a causa vostra, mi assicurerò personalmente che il nostro bravo preside provveda ad applicare lo stesso strumento punitivo a vostro carico.
-   Sentito? – chiese ironico Alphonse.
-   Quanto a voi due – continuò la bidella – chiedete scusa immediatamente. Avete superato i limiti.
-   Mmm... - cercò di rispondere Alphonse, ma la mano di Marcel gli chiudeva la bocca.
-   Certamente, ha ragione signora. Vi chiediamo scusa per l'incidente. – Disse pronto Marcel.
-   Scusa? – chiese Alphonse.
-   Ha sbagliato l'intonazione, ma voleva chiedere scusa, vero? – domandò la Dupont
-   Certamente, signora – Marcel rispose per l'amico.
-   Bene. Ora – disse la signora spegnendo il sorriso di scherno che era apparso sul viso dei bulli – chiedete scusa anche voi.
I bulli si scusarono a denti stretti e la guerra fu sospesa, per il momento.
La campana decretò il rientro in classe.
Alla fine delle lezioni Marcel ed Alphonse uscirono insieme dalla classe, pensierosi.
-   Quando ci pescano ce la fanno sicuramente pagare – disse Alphonse quando furono accanto alle biciclette.
-   Se ci pescano da soli, senz'altro. Ma se siamo insieme, stai sicuro che per qualche tempo ci lasceranno in pace. Hanno capito la lezione. – disse Marcel
-   Quale lezione? – domandò Alphonse.
-   Beh, sanno che insieme sappiamo difenderci. Certo, un grande aiuto ce lo ha dato il fattore sorpresa.
-   Il fattore sorpresa?
-   Certamente. Non si aspettavano che in due li attaccassimo.
-   Veramente, non me lo aspettavo neanche io. Io sono partito perché mi dispiaceva che ti trattassero così. Sei in gamba a scuola, il migliore. E anche a calcio sai giocare molto bene. Sei solo un pò minuto.
-   Anche io sono partito solo perché non ne potevo più di vederti trattare in quel modo perché sei un pò più robusto.
-   Un pò più robusto? Sono un ciccione, hanno ragione loro.
-   Non hanno ragione. Comunque, se anche ce l'avessero, non hanno il diritto di fare come fanno!
-   Grazie. Anche con te non devono comportarsi tanto male!
-   Beh, nel mio caso hanno ragione. Mi tingo i capelli!
-   Davvero? – Alphonse era stupito.
-   No, salame. Stavo solo prendendoti in giro. I capelli li ho preso da mio padre, che li aveva ancora più neri dei miei!
-   Mi prendevi in giro? Meno male. Che strano, quando mi prendi in giro tu non mi offendo, testa colorata!
-   Neanche io quando lo fai tu con di me. Amici?
-   Amici! Domattina ti aspetto davanti casa, facciamo la strada insieme.
-   D'accordo Alphonse. Ma oggi pomeriggio? Dobbiamo preparare il compito di matematica di domani. Perché non mi lasci il telefono di casa? Chiedo a mia madre se puoi venire a studiare da me!
-   Telefono? Non hai uno specchietto in casa?
-   Specchietto?
-   Da casa mia si vede la tua perché in mezzo non ci sono ostacoli e la mia camera è dal lato giusto.
-   Quindi?
-   Quindi da casa tua si vede la finestra della mia camera.
-   Perciò dal bagno di casa potrei farti un segnale luminoso con lo specchietto. Molto ingegnoso, Alphonse. Come facciamo?
-   Semplice. Fai i segnali in modo che mi affacci alla finestra. Quando mi vedi, due lampi per dire che studiamo insieme, uno per dire che non ci possiamo incontrare e che ci vediamo domattina.
-   Bene.
Quando Marcel chiese alla mamma il permesso, lei rispose che avrebbe preparato dei biscotti per merenda.
Un'ora dopo Alphonse e Marcel erano in sala chini sui libri di matematica.
Era stato l'inizio di un'amicizia. Strano, perché benché abitassero nella stessa via ed avessero la stessa età, prima di allora non avevano mai neanche giocato insieme se non molto raramente.
Quel compito di matematica andò molto bene per entrambi. Se la cosa era abbastanza normale per Marcel, Alphonse non poteva credere di aver preso un bel nove!
-   Nove! Ho preso nove! È la prima volta.
-   Sei più di quanto tu creda.
-   Più?
-   Certamente. Più intelligente, più in gamba, più veloce...
-   Più grasso e più stupido. Anzi, stupidi!
Erano rimasti soli davanti alla scuola, seduti sulle biciclette, ed erano ormai circondati dal branco dei bulli. Cosa ancora peggiore, erano separati da una fila di avversari!
-   Capelli colorati, vediamo come fai senza l'aiuto del ciccione!
-   Anche tu ciccione, vediamo come te la cavi senza che ti coprano le spalle. – disse un altro.
I due ragazzi impallidirono, poi si misero a frignare.
-   Vi prego, non fatemi male, vi do tutte le mie merendine – disse Alphonse infilando le mani nello zaino
-   Io ho qualche euro, vi darò dei soldi! – esclamò Marcel aprendo a sua volta la cartella.
-   Bravi, bravi. Avete capito chi è più forte e più furbo, vero? Tirate fuori il bottino, poi decideremo se darvi comunque una strapazzata oppure no! – la voce del capo dei bulli era trionfante.
-   La mia mamma... - iniziò Marcel
-   La mammina non è qui a difenderti! – l'avversario lo derideva.
-   Lascialo parlare – intervenne Alphonse – è importante!
-   Decido io cosa fare! Continua, testa tinta!
-   La mia mamma è molto prudente. Spesso deve andare in qualche grande città per il suo lavoro. Sai come fa per evitare guai, se le capita una situazione problematica?
-   Come?
-   Così!
Marcel ed Alphonse estrassero dagli zaini due bombolette di spray irritante al peperoncino, spruzzandolo sui bulletti. Pochi istanti dopo erano tutti piegati in due con le mani sulla faccia.
-   Pianificazione! Imparate, furbacchioni! – urlarono allontanandosi sulle biciclette a tutta velocità.
Il resto dell'anno scolastico continuò più o meno nello stesso modo: scontri qualche volta vedevano vincitori i due amici, più spesso era il  gruppo dei bulli a trionfare.
Intanto, però, Alphonse acquistava sicurezza in se stesso e perdeva peso, oltre a migliorare il rendimento scolastico, mentre Marcel abbandonava pian piano la sua timidezza che sconfinava talvolta nella vigliaccheria per diventare più spavaldo. Inoltre stava pian piano crescendo, riducendo il divario fisico con gli altri ragazzi della stessa età.
Comunque, quando giunsero al limitare del bosco uscendo allo scoperto in quella mattina d'estate, i due erano amici per la pelle
-   Invece sono proprio loro! Dobbiamo andare a pescare in un altro posto! – disse Marcel dopo aver guardato il fiume.
-   E come? Le nostre canne sono nascoste laggiù, lo sai bene. – rispose Alphonse. – Andiamo giù e cacciamoli via e poi restiamo lì a pescare.
-   Hai visto quanti sono? Sii realista. Andiamocene altrove, è meglio.
-   Piano B? Allora andiamo dal cittadino!
-   Neanche per idea. Andiamo altrove, ma prima facciamo uno scherzo a quei cretini!
-   No, se non vieni dal cittadino neanche oggi non ti aiuto con lo scherzo!
-   Questo è un ricatto!
-   Chiamalo come vuoi! Prendere o lasciare!
-   Lasciamo qui le bici. Siamo d'accordo, prendo.
Alphonse sorrise.
Iniziarono a scendere verso il luogo dove si trovavano i vestiti dei ragazzi che stavano sguazzando più in basso.
-   Cos'hai in mente? – chiese Alphonse.
-   Ce ne andiamo con i loro vestiti! – rispose Marcel
Avvicinandosi, ebbero però l'impressione che qualcosa non andasse per il verso giusto.
-   Sta filando troppo liscia – sussurrò Alphonse.
-   Hai ragione. Perché nessuno si gira verso di noi?
-   Torniamo indietro, è meglio!
-   Tra noi due quello coraggioso saresti tu? – disse Marcel – Devi aiutarmi, altrimenti niente cittadino. Questo è il patto.
-   Secondo me, qualcosa non quadra!
Marcel si fermò di colpo per fissare l'amico. In quel preciso istante, un palloncino pieno d'acqua colorata lo sfiorò. Se non si fosse bloccato, lo avrebbe centrato in pieno sulla testa.
Di colpo, iniziò la battaglia. Dal fiume iniziarono a correre tutti nella loro direzione, urlando come forsennati. Intanto, dal fosso alla loro destra uscirono cinque ragazzi che continuavano a tentare di bersagliarli con i palloncini pieni di colorante senza riuscirci. Ormai, l'effetto sorpresa era svanito.
-   Pianificazione. Hanno imparato in fretta! – disse Marcel
-   Sembrerebbe di si. Quelli che salgono dal fiume sono troppo lontani, non sono un problema. Tu torna alle biciclette di corsa, non vorrei che ce le nascondessero!
Tra tutti quei ragazzi, bulli e non, vigeva un codice non scritto in base al quale non si poteva, in nessun caso, danneggiare le biciclette degli altri. Al massimo, si poteva nasconderle, ed era quello che temeva Alphonse in quel momento.
-   Tu cosa fai? – domandò Marcel.
-   Cerco di trasformare una fuga vergognosa in un successo per noi. Fidati, ti seguo tra qualche istante.
I ragazzi scattarono in direzioni opposte: Marcel tornò indietro, trascinandosi dietro due nemici che presero ad inseguirlo, mentre Alphonse proseguì verso gli abiti che erano evidentemente stati messi lì come esca. I tre avversari lo seguirono con un urlo di trionfo, certi che ormai fosse in trappola, chiuso com'era tra loro e quelli che salivano dal fiume. Persino due che erano andati dietro Marcel fecero dietrofront. Alphonse correva a testa bassa ed i benefici del suo dimagrimento furono evidenti a tutti: si muoveva ad una velocità inimmaginabile qualche mese prima. Il capo dei cinque inseguitori fermò con un cenno il suo gruppo e ordinò di lanciare gli ultimi palloncini pieni di colorante. Alphonse non attendeva altro e si fermò di colpo, facendo qualche passo indietro. Aveva calcolato tutto alla perfezione: i palloncini descrissero un lungo arco nel cielo, non sfiorarono nemmeno il ragazzo e conclusero il loro volo schiantandosi sui vestiti ammucchiati in terra, lasciandoci un'enorme macchia multicolore!
Il gruppo che saliva dal fiume si bloccò, iniziando ad insultare i cinque impietriti lanciatori.
Alphonse riprese a correre, questa volta verso le biciclette: quando passò davanti ai nemici, nessuno di loro ebbe nemmeno l'idea di tentare di fermarlo, tanto erano scioccati da come li aveva giocati. Un'altra battaglia era vinta!
Qualche istante dopo i due stavano pedalando ridendo, inseguiti dalle minacce urlate dagli sconfitti.
-   Bene – disse  Alphonse – adesso dal cittadino!
-   D'accordo, capitano. Accidenti, li hai giocati per bene! – disse Marcel.  "


Epy

I miei complimenti KS  (appl) ... qualche riga e mi sono immerso nel racconto, quasi catturato.

Se questi sono i tuoi deliri, continua pure, perfavore .... attendo impaziente il prosieguo!

Ciao  (felice)

Elena MeM

 :) Salvatoreeeeee..... sei un grande!!

(abbraccio) (abbraccio) (abbraccio) (abbraccio) (abbraccio) (abbraccio)

(felice)
Non ho tempo per le cose che non hanno un'anima.

Orio

ok,letto tutto (superok) (superok) (superok) (superok) (superok) (superok) (superok)....e il seguito?......aspetto con impazienza!

Il tradito potrà anche essere un ingenuo....ma il traditore rimarrà sempre un infame!

scanner79

Bravo!!!Veramente molto bello!!!

Complimenti!!

(felice)
Certe volte è meglio tacere e passare per idioti che parlare(scrivere) e dissipare ogni dubbio!!!

KAPPAESSE

Visto e considerato che qualche interessato sembra esserci (Elena-Gocce-di-Pioggia è assolutamente fondamentale per il suo supporto, ma non conta in quanto non mi aspettavo niente di meno dal suo enorme cuore bicilindrico  ;)) passiamo ad una seconda parte.
Tenete presente che per la prossima pubblicazione si dovrà necessariamente attendere sabato prossimo, per esigenze lavorative.  (muro)

Qualcuno che sappia dirmi il perchè del titolo c'è?  (?)

Va bè, passiamo alla seconda parte:
Si avviarono pedalando e ridendo, nel primo pomeriggio di quel giorno di inizio delle vacanze estive.
La casa era appena fuori paese, non troppo isolata, ma protetta da un alto muro di recinzione.
Era rimasta per anni abbandonata, finchè un acquirente venuto da fuori l'aveva fatta rimettere a nuovo magnificamente, facendo impiantare una vera e propria officina meccanica nelle immense scuderie.
In paese non si era parlato d'altro per mesi, più che altro male.
Perché il nuovo proprietario, per tutti dispregiativamente "il cittadino", aveva fatto venire da fuori tutti quelli che avevano lavorato alla ristrutturazione, compreso i materiali.
Il paese non aveva gradito che i soldi spesi non si fossero fermati nelle tasche di nessuno del luogo.
Per buona misura, il cittadino non si era mai fatto vedere durante i lavori: un architetto aveva sovrinteso a tutto. Ce n'era più che abbastanza perché il paese mormorasse. E masticasse amaro.
Cosa c'era nella casa? Nessuno c'era mai entrato. E chi l'aveva fatto era ormai lontano.
Chi conosceva il cittadino? Quasi nessuno. Solo il dottore, il proprietario del supermarket ed il suo fattorino. E nessuno dei tre ne parlava. Mai!
Ogni tanto, un'auto arrivava, sostava un attimo davanti al cancello e poi entrava. Qualche ora dopo, magari qualche giorno, faceva il percorso inverso. Tutto qui.
- Ci siamo quasi.
I due ragazzini fermarono le biciclette al limitare del parco attraverso il quale si erano avvicinati.
-   Lasciamo le bici qua e proseguiamo a piedi. Leghiamole con la catena a quell'albero.
-   Sei sicuro che non ci sia pericolo?
-   Certo che si. Ci sono andato migliaia di volte!
-   Il solito esagerato. Il cittadino è arrivato solo tre mesi fa!
-   Cosa c'entra, ogni volta vale per mille. Lo sai che nessuno ci va?
-   E le macchine che arrivano e vanno via?
-   Nessuno del paese, voglio dire.
-   E il medico? Henry il fattorino?
-   Loro sono eccezioni. A parte loro ed il padrone del supermarket nessuno l'ha mai neanche visto.
-   Neanche tu?
-   No di certo. E non mi sono fatto vedere da lui.
-   Hai visto solo le auto?
-   Si. La scuderia ne è piena. Sono molto strane, molto molto strane! Dovresti vederle.
-   Siamo qui apposta. Cosa dobbiamo fare?
-   Arrampichiamoci sul muro da quel punto.
Quando furono in cima, i due ragazzini si avvicinarono al tronco di una maestosa quercia.
Poi salirono su di un ramo che si allungava verso le scuderie ed avanzarono verso un finestrone.
-   Ti sei organizzato bene. Questa corda serve per non cadere?
-   Quale corda? Io non ho...
Non potette terminare la frase. La corda si tese con violenza ed il ramo oscillò, facendoli sprofondare.
Precipitarono urlando e finirono su di un morbido cuscino d'aria mimetizzato sotto l'erba.
Quando si furono districati dalla tela afflosciata dall'impatto se lo trovarono davanti.
Era un signore molto anziano, con gli occhi chiarissimi, alto e diritto come la quercia dalla quale erano caduti.Sembrava il suo corrispondente umano.
-   Non ti aveva visto, vero? Siamo nei guai, idiota.
-   Non siete ancora nei guai – la voce profonda del cittadino aveva una nota di divertimento – ma lo sarete se non mi darete una buona ragione per essere saliti sul mio albero.
-   Siamo scoiattoli scuoiati! Ci lasci tornare da mamma pelata, la prego!
L'uomo li guardò torvo per un attimo, poi scoppiò in una sonora risata.
-   Effettivamente è una buona ragione. Venite in casa, che vi offro una cioccolata calda.
-    La mamma dice di non andare a casa degli sconosciuti!
-   Se non te ne sei accorto, in casa sua ci siamo già entrati e senza invito. Mi sembra il minimo, adesso, essere cortesi. Non ti aveva mai visto, vero?
Il cittadino li guidò fino all'ingresso, poi attraverso un breve corridoio raggiunsero una sala posta all'estremità della casa, in modo da avere enormi finestre su tre lati. Da quel punto, si vedeva perfettamente anche l'albero dal quale erano caduti.
-   Che stanza è questa? Dall'albero non si vedono che muri, non ci sono finestre!
Il cittadino rise.
-   Ci sono, solo che non si vedono. Lo sapete che mestiere ho fatto, prima di andare in pensione?
-   Non sappiamo nulla di lei, tranne il fatto che secondo il mio amico non avrebbe dovuto vederci!
-   Sono ingegnere e lavoravo agli effetti speciali nel cinema. Le mie finestre, dall'esterno, sembrano muro. Solo guardandole da un metro di distanza si nota la differenza e la recinzione è circa a 6 metri. Il tuo amico non poteva sapere che l'ho visto fin dalla prima volta che si è arrampicato in cima.
-   E per quale motivo non l'ha cacciato via subito?
-   I motivi sono due. Prima di tutto, fino a qualche giorno fa non potevo uscire di casa. Ho subito un intervento di trapianto del midollo osseo e per mesi e mesi sono stato costretto a vedere il mondo da dietro i vetri, protetto da qualsiasi agente infettivo. Poi, non mi dava alcun fastidio vedere qualcuno che si divertiva, anzi mi ha aiutato a trascorrere il tempo.
-   Ãˆ per questo che in paese nessuno l'ha mai visto. Non poteva uscire!
-   Esatto. Credo che di me si dica che sono un mostro, ma io i mostri mi limitavo a costruirli.
-   Costruirli?
-   Per il cinema. Volete vedere i migliori? Ho la galleria degli orrori in orario di apertura.
I ragazzi lo seguirono in un mondo incantato. Un lungo corridoio era occupato sui due lati da manichini di mostri di tutte le fogge ed abbigliamenti. C'era l'orco del medioevo, l'alieno del futuro, il lupo mannaro e via di questo passo. E quasi tutti erano in grado di fare qualche movimento motorizzato grazie a dei pulsanti che i ragazzi non osavano toccare, ma guardavano con desiderio.
-   Coraggio, pigiate qualche tasto. Sono tutti operativi.
Le due ore successive trascorsero in un lampo, tra le risate dei giovani e la gioia del cittadino, che finalmente poteva riallacciare dei rapporti umani.
Ad un tratto, si accorsero che era tardi.
-   Dobbiamo scappare. Tra un pò verranno a cercarci.
-   Non avete ancora preso la cioccolata! – disse il cittadino.
-   Torniamo domani, se vuole
-   Bene, ma presentiamoci. Tu come  ti chiami? – chiese il cittadino al primo arrampicatore del suo muro
-   Alphonse, signore!
-   Tra amici non si usa il signore. E tu?
-   Io Marcel!
-   Bene, Alphonse e Marcel. Io sono Jacopo e sono italiano, non francese come voi.
-   Parla molto bene il francese.
-   Mia madre era francese. Ed in Francia, a Parigi, ho frequentato la Sorbonne.
-   Perché in Francia? In Italia non andava bene?
-   Ci sono tanti motivi. Ve li dirò domani, d'accordo?
-   Bene. Torniamo alle bici.
-   Ora aprirò per voi una porticina così non dovrete arrampicarvi. Ma domani presentatevi all'ingresso principale. Non voglio che vi facciate male.
Alphonse e Marcel volarono fino a casa. Fortunatamente, era ancora abbastanza presto perché nessuno si fosse preoccupato. Prima di rientrare nelle rispettive case, si misero d'accordo per incontrarsi il pomeriggio seguente.
-   Che giornata – disse Alphonse.
-   Incredibile. Prima i bulli, poi il signor Jacopo! Lo sai che stamattina sei stato grande? – Gli domandò Marcel.
-   L'idea mi è venuta all'improvviso, quando ho visto volare quei palloncini. Come vedi, anch'io sto imparando a ragionare, prima di gettarmi avanti a capofitto.
-   L'ho notato, ma il massimo è stato fare conoscenza col cittadino!
-   Meno male che mi aveva visto e che ci aspettava. Solo, non chiamarlo più cittadino, ormai conosciamo il suo nome.
-   Hai ragione. Mi raccomando, acqua in bocca con chiunque, soprattutto con i nostri genitori, altrimenti ci impediranno di tornarci.
-   Già, con chissà quali motivazioni. Il problema è che nessuno lo conosce, e gli sconosciuti fanno paura, soprattutto alla gente di paese!
-   Dimmi un pò, ma quelle auto sono davvero tanto strane?
-   Si, lo sono. Ne aveva una il vecchio parroco Dupont, il fratello della bidella, ma la vendette sei o sette anni fa, la ricordo a mala pena.
-   Io non ero ancora venuto ad abitare a Saint Nicolas, allora. Ed il cargo di mio padre non era ancora affondato!
Gli occhi di Marcel si velarono di lacrime ed Alphonse non potette fare a meno di abbracciarlo.
Sapeva che per l'amico quella della scomparsa del padre era una ferita che non si rimarginava, benché risalisse a circa sette anni prima.
Una notte di tempesta, sull'Atlantico al largo del Marocco, il cargo capitanato dal padre di Marcel era affondato. Per giorni le ricerche si erano protratte per ritrovare il coraggioso capitano che era caduto in mare mentre si prodigava per salvare tutto il suo equipaggio.
Se nessuno dei suoi marinai aveva seguito il suo destino era stato proprio grazie al suo altruismo.
Purtroppo, il la moglie ed il figlio non ebbero mai più la possibilità di rivederne neanche la salma, perché non fu più ritrovato.
Le sue gesta di quel momento, però, non furono dimenticate dal suo equipaggio, né furono ignorate da tutti quelli che, nel corso degli anni, avevano navigato al suo comando.
Qualche mese dopo i funerali, due imbarazzati uomini di mare avevano bussato alla porta dell'appartamento dove Marcel e sua madre vivevano.
La loro situazione economica era divenuta alquanto precaria, perché il lavoro di ispettrice scolastica della mamma non era sufficiente a garantire i guadagni necessari a coprire il costo della vita della grande città di mare dove abitavano.
Marcel aveva aperto la porta.
-   Buongiorno, tu sei sicuramente il figlio di Damian, il mio capitano. I tuoi capelli, ricci e neri, sono identici ai suoi. Vorrei parlare con la tua mamma.
In quel momento la donna era uscita dalla cucina, asciugandosi le mani con un canovaccio, gli occhi arrossati dal pianto.
-   Buongiorno, signora, si ricorda di noi? Ci siamo conosciuti qualche tempo fa, quando accompagnò suo marito all'imbarco.
-   Mi ricordo. Cosa posso fare per voi?
-   Ãˆ una cosa delicata, qualcosa che dobbiamo domandarle a nome nostro e di molti nostri compagni.
-   Accomodatevi in salotto. Marcel, vai in camera tua!
-   Mamma, ma io...
-   Marcel, non discutere. Fila in camera tua!
-   Va bene! – Marcel si era ritirato, obbediente come sempre.
-   Ãˆ un bravo bambino – disse il secondo uomo.
-   Il migliore che un genitore possa desiderare. Pensate che, spesso, è lui a consolare me. La morte di Damian... - scoppiò in lacrime. – Scusatemi!
-   Non c'è nulla di cui scusarsi. Pensi che anche noi, quando siamo in mare, spesso fingiamo di guardare altrove per non vederci piangere l'un l'altro. La perdita del capitano fa davvero male!
Faceva effetto vedere due duri marinai quasi singhiozzare.
-   Per quale motivo siete qui?
-   Perché speriamo che ci dica di si.
-   Dire di si a cosa?
-   Vede signora, qualche tempo dopo il funerale ci siamo ritrovati per ricordare il capitano. Tutti quelli che avevano navigato con lui erano stati invitati, la voce aveva circolato parecchio. Ci siamo ritrovati in molti, tanti altri che erano in mare hanno voluto partecipare con messaggi scritti, via internet, via telefonino, passati a voce ai compagni...
-   Ãˆ stata una bella riunione?
-   Bella e commovente. Ma ci siamo resi conto che una parte della vita del capitano continuava ed aveva bisogno di aiuto!
-   Cosa significa?
-   Signora, mi scusi in anticipo se sarò franco. Abbiamo realizzato che la donna ed il figlio del capitano vivevano in una costosa città con un solo stipendio di dipendente pubblico, per di più in una casa in affitto. E quell'uomo aveva salvato la nostra vita!
-   Non capisco!
-   Non sono mai stato bravo con le parole e dire certe cose è difficile. Comunque, abbiamo deciso di aiutare economicamente lei ed il piccolo Marcel.
-   Cosa? Ed in quale modo?
-   Uno di noi era proprietario di una piccola casetta nel paesino di Saint Nicolas, un centro posto ad una ventina di chilometri dal mare su di un fiume. Lì si conduce una vita tranquilla, meno costosa di quella di una città e più sicura dai pericoli.
-   Ma perché mi dice questo?
-   Quest'uomo è stato l'ultimo a salire sulla scialuppa di salvataggio, letteralmente scaraventatoci dal capitano. Da solo non si sarebbe potuto salvare, aveva una gamba ed un braccio fratturati. Quando ha preso la parola, ha detto che il capitano si è perso in mare solo per colpa sua! Voleva fare assolutamente qualcosa per voi, per alleviare almeno un pò il peso sulla sua coscienza!
-   Quindi? – la voce della madre di Marcel, Sophie, stava impercettibilmente passando dalla disperazione alla sorpresa ed alla speranza.
-   Quindi ha detto che vi avrebbe donato volentieri la casetta, ma che purtroppo era abbandonata da diverso tempo e bisognosa di un energico restauro. Il silenzio è sceso a quel punto sulla sala, tutti sono rimasti zitti a pensare. Finché Philippe, il mio compagno che è qui con me, ha preso la parola. È salito lentamente sulla pedana accanto a quell'uomo ed ha esclamato "Che io non possa più vedere il mare, se non ti aiuterò. Conta su di me, ti darò tutto quello che posso per rimettere in sesto la casa, se tu vuoi donarla alla famiglia del capitano!" Da quel momento, si è aperta ufficialmente una gara di solidarietà ed abbiamo raccolto abbastanza soldi da sistemare al meglio la casetta.
-   E volete farne dono a noi?
-   Suo marito ci ha donato la vita, come potremo mai eguagliarlo? Accetti, la preghiamo!
Il marinaio estrasse un foglio arrotolato sul quale erano decine di firme
-   Accetti anche a nome di chi non è qui oggi, ma ha fatto la sua parte!
-   Non so cosa dire! Ho il mio lavoro, la casa...
-   Saint Nicolas è solo ad un centinaio di chilometri da qui, non troppo lontano quindi. Inoltre, credo che per il suo lavoro non sia troppo difficile ottenere un trasferimento. Guardi la prima firma su questo foglio.
-   Ãˆ quella dell'armatore proprietario della nave di Damian!
-   Esatto. È una persona influente. Si è già informato presso certi suoi conoscenti al ministero dell'istruzione, un suo trasferimento sarebbe una pura formalità! In questo appartamento, inoltre, deve pagare un affitto piuttosto salato, me lo aveva detto il capitano.
-   Ma gli amici di Marcel?
-   Certo, perderà qualche amichetto, ma anche a Saint Nicolas ci sono dei bambini. Inoltre, consideri che non ha ancora iniziato le elementari e questo è certamente un vantaggio.
-   Non so se dispongo della cifra necessaria all'espletamento delle pratiche notarili.
-   Signora, il nostro è un dono. Abbiamo già pensato a tutto, deve solo dire di sì!
-   Non lo so...
-   Se vuole pensarci, lo capisco. La prego però di decidere in fretta. La prossima settima devo imbarcarmi e ci terrei molto ad essere presente, insieme a molti miei compagni, quando entrerete nella nuova casa
-   Mi chiami domani nel pomeriggio, saprò risponderle.
-   Bene. Non mancherò di contattarla. Possiamo andare.
-   Non vi ho offerto nulla!
-   Ci offra un suo si, andrà più che bene! A domani.
-   Marcel – la mamma entrò nella camera del bambino – devo parlarti.
-   Da uomo ad uomo? – aveva chiesto, colpito dalla serietà del tono.
-   Da uomo ad uomo! – Sophie non potette fare a meno di sorridere. – Che ne dici se andassimo a vivere in un paesino non troppo lontano, in una casetta tutta nostra? Potresti andare in bicicletta, avere nuovi amici, iniziare la scuola lì!
Marcel aveva indicato un suo disegno appiccicato alla porta del mobile con lo scotch
-   Una casa come quella?
Le linee infantili avevano approssimativamente composto la sagoma di una casa piuttosto sbilenca, di un colore indefinibile, ma certamente allegro; la casa era circondata da un giardino e sovrastata da uno splendido sole
-   Magari non proprio identica – aveva detto la mamma – ma molto simile!
-   Prendiamo le valigie! – aveva urlato elettrizzato Marcel.
-   Non partiamo stasera, ma se sei d'accordo lo faremo al più presto! – Sophie aveva preso la sua decisione quasi senza accorgersene.
Al termine della settimana seguente erano nella nuova casa, circondati da un numero impressionante di uomini di mare, alcuni con le famiglie. Quella brava gente si era fatta carico anche dei mesi di affitto che doveva al proprietario dell'alloggio fino al termine del contratto. Il trasferimento lavorativo, poi, era giunto prima del cambio di residenza. Persino del trasloco non aveva dovuto occuparsi, ci aveva pensato un'agenzia specializzata i cui addetti avevano ostinatamente rifiutato qualsiasi mancia da parte sua, oltre ovviamente al pagamento delle spese.
Era cominciata una nuova vita, più serena, ma l'assenza di Damian era ancora un macigno per entrambi, benché un poco più leggero.
Marcel si sciolse dall'abbraccio di Alphonse: erano entrambi molto imbarazzati.
-   Insomma – disse Marcel cercando di darsi un tono – che auto sono?
-   Delle Citroën. Due Cavalli, per l'esattezza. – rispose Alphonse – Il nome me lo ha detto la signora Dupont.
-   Due Cavalli? Come sono fatte?
-   Sono tutte curve e con la capotte di tela. Domattina andiamo in biblioteca, ce le facciamo cercare su internet dall'impiegata.
-   Lo sai che al mattino non possiamo, né io né tanto meno tu. Abbiamo da fare!
-   Io ho da fare! – disse Alphonse.
-   Domattina ho da fare anch'io. La mamma starà via per lavoro ed io voglio pulire un pò la casa e fare qualcosa da mangiare, così per aiutarla un poco.
Alphonse aveva la mattinata impegnata dai compiti assegnatigli dal padre. La fattoria nella quale vivevano aveva avuto bisogno di molti lavori, l'anno precedente, ed i soldi scarseggiavano.
Inoltre, suo padre aveva un'idea tutta sua su come fare l'agricoltore. Accanto alle colture tradizionali, che garantivano il minimo indispensabile per tirare avanti, seguiva delle sperimentazioni che, diceva, un giorno lo avrebbero reso ricco. Intanto, tiravano tutti un pò la cinghia. Non che fossero poveri, ma non vivevano certo nel lusso. Così, quando avevano affrontato quelle spese straordinarie, i soldi necessari a pagare i braccianti estivi se ne erano andati.
Suo padre non gli aveva chiesto nulla, ma lui aveva sentito il dovere di offrirsi per dargli una mano, almeno durante l'estate, visto che finchè era andato a scuola il padre non aveva voluto saperne. Aveva già il suo lavoro, che era studiare. Ma insistendo, aveva ottenuto di aiutarlo almeno al mattino, durante le vacanze estive. E senza alcun compenso.
-   Facciamo in questo modo – disse Marcel – in biblioteca ci vado io e mi faccio stampare le immagini, poi tornando a casa passo qualche minuto da te.
-   Va bene. Ci vediamo domattina, allora.
La mattina seguente, come da programma, Marcel passò da Alphonse dopo essere stato in biblioteca. Dopo aver guardato insieme le pagine stampate qualche minuto, si diedero appuntamento per il pomeriggio.
All'ora concordata si trovarono sulla piazza del paese.
-   Si va? – chiese Alphonse.
-   Certo, ma non da quella parte. Prendiamo su verso la chiesa, poi passeremo dal bosco. Per il momento, meglio non far sapere dove andiamo altrimenti ce lo impediranno con chissà quali paure.
-   Hai ragione. Allunghiamo un po' ma è meglio.
Mezz'ora dopo erano al cancello della villa. Non fecero in tempo a suonare che questo si aprì."


narota

D.A. club cochabamba

2cvami

I miei complimenti kappaesse... Varrebbe la pena farne un "Libretto" come fece watson relativamente i racconti di aspes e altri... Ripeto: bravo, veramente! (su)
Prima con i "modellini", poi con quelle vere: da sempre in 2cv.
Iscriviti al Registro Italiano 2cv:  http://registroitaliano2cv.it
https://www.facebook.com/groups/CSUCitroenistispezzini/276855059173916/?notif_t=like

obelix

 (appl) (appl) Bravo Kappaesse!! mi devo ricredere, non ho apprezzato molto i tuoi racconti sulla Ldl perchè troppo fantasy per i miei gusti. Quanto ho letto qui invece è davvero avvincente e scritto proprio bene  (appl) (appl)
bravo fio!!  :D
(felice)
Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea
(Se non ci fosse il ponte il mondo sarebbe un'isola)
Sìe ore ea cresse, sìe ea càea (Sei ore cresce,sei ore cala : la marea ma anche la fortuna)  www.venessia.com

Farley Mowat

 (compl) (compl) (compl)
Kappaesse, la stoffa c'è, ed è pure di buona qualità!
Piccola intervista volante: Anni? Libri letti all'anno? Che tipo di letture? Hai già scritto altre cose?
Non ricordo di quali racconti sulla Ldl parli Obelix, ma visto che la leggo tutta e non li ricordo evidentemente non mi erano piaciuti.
Questo è ottimo, ottimo ritmo, ottime caratterizzazioni senza scendere nel pedante o restare nel "non compiuto".
Ti dico che mi hai fatto venire pure una lacrima...

Elena! In redazione, in redazione, che si stampi a puntate!  (appl) (appl)
Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza.
H. G. Wells

KAPPAESSE

Cerco di rispondere con ordine, spero di non dimenticare nessuno.

Chi risultasse involontariamente escluso mi insulti pure in un promemoria, risponderò anche a lui (non agli insulti, ovviamente).

Citazione da: narota - 06 Ottobre 2008, 10:00:57 AM
d.e.u.c.h.e

Prima di tutto, risolto il piccolo quiz. Forse frutterà un piccolo premio.  ;D

Per quanto riguarda Obelix, mi fa molto piacere che stia apprezzando.
Ti anticipo però che una forte componente fantasy si innesterà nel racconto... Ovviamente, se non ti piacesse, spero che vorrai comunicarmelo.

Per quanto concerne un libretto, sto pensando a qualcosa di simile (ho un amico editore, per esempio, Un editore piccolo, ma ben proporzionato, come dicevano Gino e Michele in una edizione de "Le Formiche")

Mi piaceva però l'idea (parlo di questo racconto specifico) di avere il parere di persone che ritengo di poter stimare anche senza conoscerle direttamente.

Insomma, vedremo.

Per quanto riguarda Farley Mowat, secondo me sta leggendo un libro vero in contemporanea e confonde le due cose!  (nonso)

Nella remota ipotesi che ciò non fosse, prima di tutto ti ringrazio per il tuo interessamento a me quale autore, travalicando lo specifico del racconto.

Ho 43 anni, ho praticamente iniziato a scrivere per la Lumaca, quando la nuova veste datale da Elena mi ha entusiasmato a tal punto da sentire il bisogno di partecipare, in qualche modo.

Avevo fatto dei tentativi, prima, ma rileggendoli ora mi sembrano delle autentiche schifezze (tranne un raccontino abbozzato e non finito che tutte le volte che lo riguardo mi fa sbellicare dalle risa).

Non so quanti libri leggo in un anno e non so a quali tipi di lettura si riferiscano, nel senso che leggo tutto quello che mi capita (anche Intimità di mia madre, per esempio) qualsiasi libro (dal romanzo al manuale tecnico) e perfino i bugiardini delle medicine.

In ogni caso, abbiamo ancora qualche puntata, fino al termine di questo primo libro (ohè, non so come chiamarlo (?)).
Mi sembra a questo punto evidente che ho in vena di continuare con questi personaggi.

Grazie a tutti per l'incoraggiamento.

Farley Mowat

Citazione da: KAPPAESSE - 06 Ottobre 2008, 13:40:57 PM

Per quanto riguarda Farley Mowat, secondo me sta leggendo un libro vero in contemporanea e confonde le due cose!  (nonso)

Nella remota ipotesi che ciò non fosse, prima di tutto ti ringrazio per il tuo interessamento a me quale autore, travalicando lo specifico del racconto.

Ho 43 anni, ho praticamente iniziato a scrivere per la Lumaca, quando la nuova veste datale da Elena mi ha entusiasmato a tal punto da sentire il bisogno di partecipare, in qualche modo.

Avevo fatto dei tentativi, prima, ma rileggendoli ora mi sembrano delle autentiche schifezze (tranne un raccontino abbozzato e non finito che tutte le volte che lo riguardo mi fa sbellicare dalle risa).

Non so quanti libri leggo in un anno e non so a quali tipi di lettura si riferiscano, nel senso che leggo tutto quello che mi capita (anche Intimità di mia madre, per esempio) qualsiasi libro (dal romanzo al manuale tecnico) e perfino i bugiardini delle medicine.


Heheheh...le etichette del latte non le leggi? E i pacchi dei biscotti?  (abbraccio)

No, non sto leggendo nulla, ora. Sono in attesa di ricevere "Manuale pratico di comunicazione nonviolenta", e per ora leggicchio in modo sparso Lupo Alberto quando sono in bagno...Vorrei affrontare il Candido di Voltaire, ma il tempo si squaglia sempre prima del dovuto...no, sono sicuro, mi riferisco a te  (appl)
Mi interessi come autore perchè pensavo volessi dare uno stile mutuato da letture, ma se non è così complimenti davvero.
Tre o quattro anni fa ho scritto una specie di romanzo, fatto un pò a scatole cinesi, con un taglio all'Ammaniti e lì c'era un personaggio che aveva la 2cv e di notte girava la città facendo il graffitaro.
Chi lo ha letto sostiene che non è niente male, a me pare una tale schifezza. Come vedi è normale ritenere le proprie elucubarazioni al pari della carta straccia. Una scrittrice, della quale ora non ricordo il nome,  (stupid) sosteneva che la prima cosa che nota uno scrittore è che spreca una sacco di carta  ;)
Vai avanti, come vedi non è per niente porcheria, anzi!
Un piccolo appunto che mi è venuto dopo: io personalmente eviterei espressioni quali "di santa ragione" o "sei un salame". Sono un pò troppo desuete e tolgono freschezza ad un racconto davvero ben impostato.
(felice)
Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza.
H. G. Wells

Aspes

Bello Kappaesse, veramente bello ...

non so come andra' a finire, ma in alcuni punti mi ha ricordato " Stand by me " ...
Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nelle testa,
e il cuore di simboli pieno.

obelix

Per quanto riguarda Obelix, mi fa molto piacere che stia apprezzando.
Ti anticipo però che una forte componente fantasy si innesterà nel racconto... Ovviamente, se non ti piacesse, spero che vorrai comunicarmelo.

Se la cosa non ti offende lo faccio volentieri, ho sempre sognato di diventare scrittore fin da bambino...ma per ora mi son limitato a leggere il lavoro degli altri ed a scrivere qualcosa nei momenti bui. Sulla vecchia lista con Giuse ( ti ricordi?) avevamo iniziato un pò a scambiarci gli scritti e a parlarne, era stato bello ed interessante, magari si continua qui......
(felice) (felice) (felice)
Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea
(Se non ci fosse il ponte il mondo sarebbe un'isola)
Sìe ore ea cresse, sìe ea càea (Sei ore cresce,sei ore cala : la marea ma anche la fortuna)  www.venessia.com

KAPPAESSE

Citazione da: Farley Mowat - 06 Ottobre 2008, 14:22:50 PM
Citazione da: KAPPAESSE - 06 Ottobre 2008, 13:40:57 PM



Heheheh...le etichette del latte non le leggi? E i pacchi dei biscotti?  (abbraccio)

No, non sto leggendo nulla, ora. Sono in attesa di ricevere "Manuale pratico di comunicazione nonviolenta", e per ora leggicchio in modo sparso Lupo Alberto quando sono in bagno...Vorrei affrontare il Candido di Voltaire, ma il tempo si squaglia sempre prima del dovuto...no, sono sicuro, mi riferisco a te  (appl)
Mi interessi come autore perchè pensavo volessi dare uno stile mutuato da letture, ma se non è così complimenti davvero.
Tre o quattro anni fa ho scritto una specie di romanzo, fatto un pò a scatole cinesi, con un taglio all'Ammaniti e lì c'era un personaggio che aveva la 2cv e di notte girava la città facendo il graffitaro.
Chi lo ha letto sostiene che non è niente male, a me pare una tale schifezza. Come vedi è normale ritenere le proprie elucubarazioni al pari della carta straccia. Una scrittrice, della quale ora non ricordo il nome,  (stupid) sosteneva che la prima cosa che nota uno scrittore è che spreca una sacco di carta  ;)
Vai avanti, come vedi non è per niente porcheria, anzi!
Un piccolo appunto che mi è venuto dopo: io personalmente eviterei espressioni quali "di santa ragione" o "sei un salame". Sono un pò troppo desuete e tolgono freschezza ad un racconto davvero ben impostato.
(felice)

Riflettendoci, anche latte e biscotti rientrano nelle mie letture. Sul serio.   ;D

Su "santa ragione" hai perfettamente ragione.

Non che "salame" sia più attuale, ma per me mio nipote Alessandro è il "salamasso" o "salamassimo" (salame massimo) e quindi per me è un termine abituale.

Scherzi a parte, la grande preziosità di una lettura attenta di qualcun'altro sta proprio nell'individuare queste piccole imperfezioni che tu che scrivi non scoveresti mai, rileggessi il racconto cent'anni.

Citazione da: obelix - 06 Ottobre 2008, 16:20:56 PM
Se la cosa non ti offende lo faccio volentieri, ho sempre sognato di diventare scrittore fin da bambino...ma per ora mi son limitato a leggere il lavoro degli altri ed a scrivere qualcosa nei momenti bui. Sulla vecchia lista con Giuse ( ti ricordi?) avevamo iniziato un pò a scambiarci gli scritti e a parlarne, era stato bello ed interessante, magari si continua qui......
(felice) (felice) (felice)

Semmai, mi offenderebbe il contrario. Molto meglio chi ti dice che sbagli di chi ti ignora.
Estremizzando, su di un insulto puoi costruire almeno un moto di rabbia, sul nulla...

De Andrè diceva "Dai diamanti non nasce niente, sul letame crescono i fiori".

La citazione è forte e non mi sogno assolutamente di insinuare che nessuno, tu primo fra tutti, possa apportare letame, ma a limite meglio quello che il vuoto.

Una cosa forte, invece, te la voglio dire per scuoterti, così come è stata detta a me da un amico di quelli che non ha solo la A maiuscola, ma ogni vocale e consonante:

- Sogni di diventare scrittore? Smettila di rompere i co....ni e provaci, invece di sognare. Può darsi che quello che scrivi faccia schifo, è un rischio, mi rendo conto... Ma sarebbe molto peggio se quello che potresti scrivere fosse meraviglioso e non trovasse la strada per venire fuori.

Quindi anche tu smettila di romperli (oltre tutto sono solo i tuoi  ;)) e, se ritieni, concedimi il piacere e l'onore di "fare almeno un pezzo di strada insieme" ( p.s.: se ritieni di metterci un vaffa va benissimo, potrei essermelo meritato. Ma vedi sopra: meglio rischiare che restare col dubbio  ;))

Della vecchia lista con Giuse chiedo scusa, ma non so nulla. O sono troppo giovane di forum o troppo distratto...

Farley Mowat

Citazione da: KAPPAESSE - 06 Ottobre 2008, 22:59:31 PM
- Sogni di diventare scrittore? Smettila di rompere i co....ni e provaci, invece di sognare. Può darsi che quello che scrivi faccia schifo, è un rischio, mi rendo conto... Ma sarebbe molto peggio se quello che potresti scrivere fosse meraviglioso e non trovasse la strada per venire fuori.


Beh, considera che Coelho ha propinato il suo "L'alchimista" a decine di editori e tutti l'hanno rifiutato, finchè uno...non ha venduto milioni copie. Se ricordo bene anche Moravia si prese un sacco di vaffa...
Senza nemmeno pensare il paragone, nel mio piccolo i miei papiri li ho pure spediti ad un concorso di un editore che in risposta mi ha proposto di stamparlo a spese mie....hehhehh...il vaffa se l'è preso lui  ;)
Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza.
H. G. Wells

KAPPAESSE

E veniamo al momento atteso da tutti, la nuova pubblicazione del capolavoro! (se non si fosse capito, è autoironico!)
"-   Siete i signorini Alphonse e Marcel, suppongo!
Una signora di colore molto in carne aveva aperto l'ampio ingresso pedonale e li invitava ad entrare.
-   Accomodatevi. Finalmente il signor Jacopo potrà riprendere ad invitare gente, come faceva a Roma e a Los Angeles.
-   Roma e Los Angeles? – chiesero all'unisono i ragazzi.
-   Non sapete che lavorava nel cinema? Avete presente, in tutti i films con dei mostri, che il realizzatore era Jaquo? Secondo voi, chi poteva essere?
-   Jaquo? Ma ha vinto anche degli oscar!
-   Cinque, per la precisione. Ma lui non se ne cura molto!
-   Il signor Jacopo è Jaquo?
-   Esatto. Ma vuole essere lui a comunicarlo, quindi non fatelo sapere in giro.
-   Accidenti – disse Alphonse – è una vera celebrità.
-   Esatto. Ma non fateglielo pesare, mi raccomando. Andate, vi attende nella sala a destra.
-   Lei ieri non era qui!
-   Esatto, stavo arrivando. Sono giunta stanotte da Roma in auto. Non vedevo l'ora di riabbracciare il signor Jacopo, per mesi gli sono dovuta stare lontana per via della malattia. Ma ora tutto è passato!
-   Esatto – intervenne Jacopo facendo il verso alla sua collaboratrice. – Questa signora è la vera padrona di casa, io sono solo un suo fortunato ospite. Vorrebbe farsi chiamare non so come, ma io uso il suo vero nome Karabà.
-   Oh, signor Jacopo! Lo sa che è il nome di una strega africana di un cartone animato.
-   Tu non sei forse una strega? Nigeriana, per giunta? Dovete sapere che quando ero malato non mi ha consentito mai, dico proprio mai, di sgarrare di una virgola. Una vera arpia!
-   Io un'arpia? È lei che è un irresponsabile.
-   Tu sei un'arpia. Ma anche un angelo. Senza di te, so che non ce l'avrei fatta. Sconfiggere una leucemia da soli è impossibile.
-   La cioccolata sarà pronta. Vado a vedere – la voce di Karabà era rotta dall'emozione. Traspariva il suo amore filiale per il signor Jacopo e si sentiva l'enorme sofferenza che aveva provato nel vederlo malato. Fortunatamente, ormai tutto era passato.
-   Venite ragazzi, accomodiamoci. Per quanto riguarda Karabà, chiamatela Baba, le farà piacere. È così che ama farsi chiamare.
-   Ecco la cioccolata per tutti e tre.
-   Grazie, signora Baba! – disse Marcel.
-   O siete degli indovini, od il signor Jacopo, alla fine, sa come voglio essere chiamata. Non c'è di che signorino..
-   Marcel.
-   Signorino Marcel.
-   Grazie ancora. Ma non sono abituato ad essere chiamato signorino.
-   Neanch'io – fece eco Alphonse.
-   Vi dovrete abituare anche voi, signorino Alphonse. Queste sono le regole.
-   Avevo ragione o no, a dire che è un'arpia?
-   Uomini – disse Baba allontanandosi ridendo.
-   Allora, ragazzi. Cosa ne dite della cioccolata di Baba?
-   Ottima. La prepara sempre così?
-   Sempre. Ieri siete stati fortunati a non bere il mio intruglio.
-   Quando si viene qui, non sono le sorprese a mancare – disse Alphonse.
-   Tu dici? – chiese Jacopo
-   Altro che – intervenne Marcel – Ieri ci diceva di aver studiato in Francia e non in Italia. Per quale motivo?
-   Prima delle spiegazioni, stabiliamo che anche voi dovete darmi del tu. È una regola come quella del signorino. Comunque, i motivi sono diversi. Il primo, è che i miei genitori non erano esattamente poveri, ma neanche benestanti. Sapete, ai miei tempi solo i ricchi o quasi facevano l'università. Noi abitavamo sull'Appennino Umbro, un posto un po' come qui a Saint Nicolas, ma molto più lontano dal mare. Insomma, per andare all'università dovevo trasferirmi in una grande città e mia madre aveva un cugino prete a Parigi. Inoltre, la Sorbonne era molto quotata per l'ingegneria meccanica che io volevo studiare. Metteteci che parlavo perfettamente il francese e che già conoscevo, almeno in parte, la città. Capirete che era la scelta ideale.
-   Ha vissuto... Cioè, hai vissuto con un prete?
-   Ti sei corretto appena in tempo! Si. E mi sono divertito molto. Pensate che Auguste, don Auguste per meglio dire, andava famoso per le sue prediche infarcite di barzellette e battute di spirito. Un vero attore di teatro, ma di quelli in gamba. Molte volte mi ha detto che Dio gli aveva fatto un brutto tiro: lo aveva fatto nascere attore, ma poi lo aveva chiamato alla vocazione. Allora lui, per rivincita, recitava sul pulpito. Ma era dubbioso che il buon Dio lo avesse comunque messo preventivamente in bilancio.
-   Per quanto tempo?
-   Per sette anni. I primi cinque furono davvero duri. C'era la seconda guerra mondiale e Parigi ha sofferto molto. Noi con lei. Avevo molto da fare.
-   Cosa?
-   Per esempio, studiare qualcosa. Clandestinamente,  in aule improvvisate e mutate continuamente le lezioni continuavano. Ed anche qualche esame. Poi c'era la rete di assistenza inventata da don Auguste da gestire. Pensate che andavo in giro vestito da prete!
-   Davvero?
-   Era l'unico modo per muoversi con un minimo di libertà senza dare troppo nell'occhio, soprattutto quando ci fu l'invasione nazista.
-   E cosa faceva la rete?
-   Aiutava, nei limiti del possibile, chiunque ne avesse bisogno. Quante "cene di digiuno" abbiamo fatto, io ed Auguste. Spesso precedute da pranzi di astinenza! Insomma, si mangiava poco e si rischiava assai. Ma ne è valsa la pena. Don Auguste mi ha insegnato che bisogna accettarsi per quello che si è e dare il massimo di se stessi.
-   Come sei finito a lavorare per il cinema?
-   Come per tutte le cose importanti della vita, in maniera del tutto casuale. Avevo realizzato un rudimentale manichino che assomigliava ad Auguste e che faceva qualche minimo movimento, soprattutto sembrava che russasse. Lo usavamo quando Auguste usciva di notte, durante il coprifuoco. Siccome erano possibili dei controlli, soprattutto nel periodo di occupazione nazista, lo mettevo nel letto al posto suo. Ad un controllo superficiale, sembrava proprio che fosse steso a riposare.
-   E quindi?
-   Quindi una notte arrivò un famigerato gruppo di SS, accompagnato da due normali soldati tedeschi che erano invece sempre di guardia nel quartiere. Qualche delatore aveva detto che di notte il prete andava in giro. Che paura ebbi.
-   Cosa successe?
-   Il tenente delle SS chiese di vedere il prete. Lo accompagnai sulla soglia della stanzetta, certo che stesse per finire tutto. Quando fece per entrare a controllare, uno dei soldati normali lo precedette e si avvicinò sussurrando che, se si fosse svegliato, almeno avrebbe visto un volto conosciuto. Intanto, il manichino continuava a russare leggermente, grazie al suo meccanismo ad acqua corrente.
-   Acqua corrente?
-   Non avevo trovato altre fonti di energia che un rubinetto. Mi ero arrangiato con quello.
-   Poi cosa accadde?
-   Ero pronto a vendere cara la pelle. Fingevo di essere calmo, intanto studiavo quale potesse essere il modo per fare si che mi uccidessero in una colluttazione il più rapidamente possibile.
-   Perché?
-   Non ho la stoffa dell'eroe. Se mi avessero torturato, non credo che sarei riuscito a non fare i nomi dei membri della rete di assistenza. Invece, il tedesco "svegliò" il manichino che gli rispose con voce assonnata! Non potevo credere alle mie orecchie, ma dovevo reggere il gioco ad ogni costo. Quell'uomo aveva messo la sua stessa vita nelle mie mani.
-   E poi?
-   Poi successe la cosa più incredibile di tutte, l'unica di cui dopo tanti anni continuo a stupirmi: il tenente delle SS chiese scusa e se ne andò con il suo drappello. Chiese scusa, capite? Stupefacente!
-   Ma questo cosa c'entra col tuo lavoro?
-   La mattina seguente, il tedesco tornò a trovarmi, questa volta da solo. Si tolse l'elmetto e vidi, per la prima volta, un viso stanco della guerra proprio come il mio, nonostante avesse più del doppio dei miei anni. Mi ringraziò per averlo salvato!
-   Lui ringraziò te?
-   Esatto. Mi disse anche che, se era vivo, lo doveva a don Auguste che una volta si era offerto al plotone di esecuzione al posto suo. Era stato condannato con la falsa accusa di aver sottratto del cibo! La cosa era sembrata talmente enorme al suo confessore, don Auguste appunto, che era riuscito a salvarlo, pur rischiando di condividere il suo destino. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel prete. Compreso, cosa che ormai faceva, rubare davvero del cibo per darlo a lui.
-   Ma come aveva fatto la sera prima?
-   Nella vita civile, prima della follia della guerra, aveva fatto con un buon successo il ventriloquo. Poi, aveva collaborato con la grande regista Leni Rifehnstain, la donna che girò i più grandi film di propaganda del terzo reich. Conosceva lo spettacolo ed il cinema. Aveva messo a frutto le sue capacità.
-   E cos'altro successe?
-   Volle vedere il mio manichino. Dopo avermi fatto i complimenti per come era realizzato, mi disse le parole che hanno fatto di me quello che sono. Le ho scritte.
Jacopo trasse di tasca il portafoglio e tirò fuori un biglietto logoro.
-   "Jacopo, la guerra finirà. Ringraziando Dio, la stiamo già perdendo. Tra non molto, il mondo uscirà da questa follia. Tu hai un talento smisurato per quelli che si chiamano effetti speciali. Promettimi che entrerai nel mondo del cinema quando tutto ciò sarà finito, in nome dell'avventura di stanotte. Prendi la tua laurea e poi vai a Roma, nella tua Italia, dove il cinema lo fanno. Io me ne intendo un po', dammi retta!". Mi salvò la vita due volte.
-   Lo hai più sentito?
-   Certamente. Lo cercai, quando guadagnai i primi soldi con il cinema. Si era messo a fare il contadino. Diceva che ne aveva abbastanza dell'orrore che alberga nell'essere umano e che voleva vivere a fianco dei suoi animali lavorando la sua terra. Di altro non aveva bisogno. Né lui ne Nena, sua moglie. Frederick era fatto così. Visse ancora a lungo, felice della sua scelta. Da me accettò unicamente una coppia di cavalli da tiro che faticai non poco a regalargli. Se non fosse stato per Nena, non so come sarebbe finita.
-   Quindi sei una celebrità, con tutti i premi che hai vinto! – si fece sfuggire Alphonse
-   Karabà non ha saputo tacere, vero? – disse Jacopo a voce alta, in modo da farsi sentire nelle altre stanze.
-   Più che altro, è Alphonse che non sa tenere chiuso il becco – intervenne Marcel – Baba è molto fiera di te.
-   Lo so – sussurrò Jacopo – il nostro è tutto un gioco. Fingo di arrabbiarmi, in realtà se avessi avuto una figlia l'avrei voluta esattamente come lei, carattere e stazza e colore compresi!
-   Signorini – Baba apparse sulla porta – è un po' tardi per voi ed il signor Jacopo deve riposare. Non è ancora del tutto rimesso. Sarà meglio che andiate a casa. Tornate domani pomeriggio!
-   Come ti permetti di invitare tu i miei ospiti a casa mia? – Jacopo si finse seccato.
-   Non sono ospiti, sono la sua medicina. Migliora a vista d'occhio, stando vicino ai signorini Alphonse e Marcel. Io ho deciso di curarla. Come dite in tanti dei vostri film:è un lavoro sporco, ma qualcuno deve farlo!
I ragazzi salutarono e si allontanarono sulle biciclette, riprendendo a ritroso il cammino fatto per arrivare fin lì
-   Ãˆ in gamba! – disse Alphonse
-   Certo più di te. Ti ha visto fin dalla prima volta e tu non ne sapevi niente. È però anche vero che è un professionista!
-   Certo, mi ha fregato solo per quello – Alphonse si era offeso – Comunque, non hai ancora visto le auto! Io invece sì!
-   Credo che avverrà presto. E le vedremo molto da vicino.
Il giorno seguente, i ragazzi erano di nuovo lì. Ad accoglierli, però, non fu Baba: il cancello si aprì automaticamente.
-   Ormai siamo di casa – disse orgoglioso Marcel.
Quando giunsero alla porta, li accolse un maggiordomo.
-   Buon giorno signorini.
-   Buon giorno – risposero perplessi i ragazzi. La voce sembrava quella di Baba.
-   Che ne dite, non sembro vero?
I ragazzi capirono solo allora di parlare ad un manichino tanto ben congegnato e realizzato da sembrare un uomo in carne ed ossa.
-   Ecco cosa hanno conosciuto il medico, il proprietario del supermarket ed il suo garzone. – disse Jacopo emergendo sorridendo dall'ombra.
-   Quindi nessuno ti ha mai visto! – esclamò stupito Marcel.
-   Non è esatto, voi due mi avete visto. Gli altri tre conoscono solo Gastone.
-   Sembra vero! – esclamò Alphonse.
-   Solo grazie alla penombra dell'ingresso ed all'animazione a cui ha provveduto Karabà. In realtà è un semplice automa.
-   Se questo è semplice, quelli complessi come sono fatti? – non c'era ironia nella voce di Alphonse, solo genuina curiosità.
-   Allo stesso modo. Non è molto sofisticato, ma di meglio per il momento non si può fare. Ad esempio, non cammina. Sarebbe troppo complesso farglielo fare. Inoltre, andava bene così com'è.
-   Sempre meraviglie per i signorini! – disse sorridendo Baba.
-   La più speciale l'abbiamo conosciuta ieri – la voce di Marcel si fece galante – si chiama Baba.
-   Tutti uguali, voi uomini – disse la donna – per ottenere qualcosa lusingate noi ragazze. Ancora cioccolata?
-   Scommetto che sa fare anche altro – disse goloso Alphonse.
-   Va bene, lasciate fare a me. – Baba scomparve attraverso la porta di sinistra.
-   Venite ragazzi. Abbiamo qualche momento. Seguitemi
Jacopo li condusse attraverso la casa fino ad una porta taglia fiamme. Dietro c'erano le scuderie adattate magnificamente ad autorimessa.
-   Ãˆ stato perfetto trovare qui a disposizione scuderie tanto grandi. Ci dormono i miei cavalli a coppie!
-   Cavalli a coppie? Ma non sono auto?
-   Non esattamente, sono Duecavalli Citroën. Chi le ama, conosce la differenza.
Erano entrati nell'ennesimo regno dei balocchi che quella casa conteneva.
Decine di Duecavalli di ogni foggia e versione se ne stavano allineate lungo le pareti: quelle in perfetto stato di conservazione, che sembravano uscite il giorno stesso da Levallois, quelle da cross, ancora sporche del loro lavoro, quelle modificate arbitrariamente dai loro fantasiosi proprietari. Tutte, AK e Special, France Trois e Spot, derivate di ogni tipo e forma riposavano fianco a fianco.
-   Queste che sono state scuderie sono diventate autorimessa. Nel periodo intermedio, hanno avuto lo stesso livello di assenza di agenti patogeni di una sala operatoria.
-   Una sala operatoria?
-   Tutta la mia casa è stata concepita come tale. Il mio sistema immunitario era a livelli di inesistenza, dopo il trapianto. Avrei dovuto restare in ospedale, ma ho abbastanza soldi per fare altre decine di case come questa, benché costi molto cara; inoltre, ho ancora voglia di fare in modo che sia il denaro a servire me. Per cui mi sono inventato Gastone che ha dato un tocco di umanità ai miei rapporti con il medico che mi lasciava le medicine e con chi mi riforniva di cibarie. L'ingresso di casa è in realtà una sala di sterilizzazione.
-   Molto ingegnoso. Per questo nessuno del luogo ha partecipato alla ristrutturazione. Però il paese ci è rimasto male! – disse Marcel.
-   Era tutto personale altamente specializzato. In paese non esistono figure professionali simili. Lo stesso architetto è il proprietario di un'azienda che realizza costosissime sale operatorie. Non volevo offendere nessuno, ma cosa altro potevo fare?
-   Nulla, ma credo che in paese meritino una spiegazione.
-   Mmm... hai ragione, vedrò di rimediare.
Alphonse si girò pallido in volto, sussurrando con aria colpevole – Non volevo, non volevo. È stato un incidente!
Marcel e Jacopo si voltarono verso di lui: aveva in mano un lembo del telo steso sull'unica delle auto coperte della rimessa ed ai suoi piedi un pneumatico che stava terminando di ruotare su se stesso. Da sotto il telo si intravedeva un parafango anteriore.
Jacopo rise – Non è colpa tua, quella è una Deuche speciale tra le speciali. Per ora, però, metti a posto quel telo. Prima di mostrarvela, devo farvi vedere un paio di cose. Torniamo di là.
Le bibite a base si succo di frutta erano già nella sala.
-   Servitevi, ragazzi. Mettevi comodi, ho ancora qualcosa da raccontarvi. Però, prima, dovete darmi la vostra parola d'onore che nessuno ne verrà a conoscenza. È fondamentale.
-   Parola d'onore. Non diremo nulla a nessuno.
-   Bene. Dovete sapere che, finita la guerra, i miei studi continuarono con maggiore regolarità. I soldi non furono più un problema come per incanto. Non che fossimo diventati ricchi, ma tutte le persone che don Auguste aveva aiutato nei tempi più bui facevano a gara per rendergli il bene che avevano ricevuto.
-   Anche tu avevi partecipato.
-   Si, ed infatti potetti dedicarmi anima e corpo allo studio perché c'era sempre qualcuno che si faceva carico dei problemi di ogni giorno, cibo compreso. Così, in due anni ottenni il sospirato titolo di studio e, poco dopo, partii per Roma dove iniziai tra mille difficoltà la mia professione. Pian piano le cose presero un giusto verso ed iniziarono i primi guadagni. Ero sempre in contatto con don Auguste, che spesso mi recavo a trovare. Un giorno di primavera, sarà stato il 1965 più o meno, girando con lui in un mercatino delle pulci vidi un raccoglitore per documenti formato da cinque copertine contenute in un cofanetto in legno, una cosa di tipo ministeriale. Avevo intenzione di rifornirmi come mio solito di fotografie, stampe, disegni di Parigi e pensai di acquistarlo per tenere in ordine quelle carte. Don Auguste non la smetteva più di ridere e prendermi in giro. Dicevo che doveva rendere molto il cinema, se ero ridotto ad acquistare dai rigattieri. In realtà, non sapevo cosa mi aveva spinto ad acquistare per pochi centesimi quel materiale, ma non avevo potuto farne a meno.
-   Le bibite non sono buone, signorini? – Baba entrò con la sua contagiosa carica di simpatia.
-   No, sono ottime. È solo che Jacopo ci sta raccontando una storia affascinante e ci siamo limitati ad assaggiarle. Non tema, le finiremo.
-   Bene. Continuate pure. Io sono di là.
-   Alla fine, lo utilizzasti?
-   Lo usai, ma tutte le volte con perplessità C'era qualcosa che mi sfuggiva, in quell'oggetto, ma non riuscivo ad afferrare cosa fosse. Comunque, terminata la visita, tornai a Roma con i miei acquisti. Il dossier finì su di uno scaffale della libreria, dimenticato per qualche tempo. Dopo un paio di mesi, venne a trovarmi un'amica che aveva una passione per Parigi. Io tirai fuori tutte le immagini conservate nei cinque raccoglitori acquistati in Francia. E di colpo, grazie alla mia amica, capii. Fu una sua considerazione buttata lì con indifferenza ad aprirmi gli occhi. Guardando uno dei raccoglitori disse che, a giudicare dalla scatola, avrebbe creduto che dovesse essere più grande. Sul momento non badai alla cosa, ma il mattino seguente, nel rimettere a posto, la frase mi tornò in mente.
-   E allora?
-   Presi il metro e misurai. Profondità di ogni raccoglitore 18 centimetri, profondità della scatola 20 centimetri! C'erano 2 centimetri mancanti od in più, a seconda dei punti di vista! Era quella differenza, che avevo notato istintivamente fin dal primo momento, che mi aveva indotto all'acquisto.
-   Cosa vuol dire? – chiese Alphonse.
-   Ce c'era un doppio fondo! – esclamò Marcel.
-   Esatto, c'era un doppio fondo. Dentro, documenti segreti risalenti al 1947.
-   Documenti segreti? Ci prendi in giro, vero?
-   Assolutamente no. Karabà!
-   Ecco Baba a servirla!
-   Cortesemente, dai ai ragazzi le buste che ho preparato per loro.
-   Subito. I signorini però, a questo punto, dovranno lasciare riposare il signor Jacopo. Venite con me, vi do le buste e vi accompagno alla porta.
-   Andate ragazzi. Spero di vedervi domani.
-   Sicuramente – disse Alphonse che aveva appena finito di trangugiare la sua bibita.
-   A domani! – disse a sua volta Marcel.
-   Ragazzi, vi ricordo che ho la vostra parola d'onore.
-   Secondo me, è in buone mani, signore. I signorini sono ragazzi a posto!
Baba consegnò le buste ai ragazzi e li accompagnò.
-   Fate in modo di aver letto il contenuto delle buste, quando domani sarete qui.
-   Certamente. A domani."

obelix

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coinvolgente ed affascinante!! mi piace un sacco leggerti!
Bravo vecio!!
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Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea
(Se non ci fosse il ponte il mondo sarebbe un'isola)
Sìe ore ea cresse, sìe ea càea (Sei ore cresce,sei ore cala : la marea ma anche la fortuna)  www.venessia.com

laura2cv


Orio

okei,letto tutto......e il resto?? dai dai non farci aspettare troppo!!!!!!!!!

ti rinnovo i miei complimenti (su) (su) (su) (appl) (appl) (appl)
Il tradito potrà anche essere un ingenuo....ma il traditore rimarrà sempre un infame!