L'altro giorno sono entrato in un bar della mia città con un amico amante delle buone letture. Questo signore ha una aspetto elegante, camicie e pullover di buon gusto, occhialini con la montatura leggera, pizzetto e capelli sempre misurati nel taglio. Ci siamo seduti a un tavolino e abbiamo ordinato un caffè d'orzo.
Mentre chiacchieravamo è entrata una donna con un cappello, la tesa morbida leggermente ondulata, i capelli in stile charleston come Laura Beer, la protagonista del film “Frantz”.
La sua figura ha incrociato la linea del nostro sguardo, educato alla discrezione che si impone in simili circostanze.
La signora, come sbucata da un romanzo di Maupassant, ha consumato al banco un caffè, longilinea nel suo tailleur di buona fattura. Io e il mio amico, come se fossimo d'accordo, abbiamo permesso alla nostra conversazione di distrarsi piacevolmente.
La donna, fedele nel personaggio alle atmosfere di Bel-Ami, ha bucato l'immaginario di entrambi, destando interrogativi curiosi, stuzzicando l'idea di voler conoscere almeno un frammento della sua storia. Immaginare le storie del prossimo è come un gioco che assomiglia alle emozioni di un viaggio.
Dopo qualche istante, la curiosità iniziale è rientrata e la donna dall'aspetto romantico è uscita sulla piazza della città svanendo definitivamente.
Salutato il mio amico, e percorrendo la via principale del passeggio cittadino, ho visto un artista di strada che aveva ormai completato la sua scultura di sabbia marina. L'immagine prodotta era quella di un grosso cane acquattato su un telo steso sopra i cubetti. La sabbia bagnata, così decontestualizzata e modellata, catturava l'attenzione dei passanti solerti nel versare gli spiccioli nella bocca di una cassetta preposta alla bisogna.
Due grandi bottoni lucidi e marroni formavano gli occhi del cane e sembravano guardare i passanti.
L'opera mi ha fatto venire in mente tutti i lavori che, con grazia e temperamento artistico squisitamente femminile, elabora e crea la citroenista Elena Mem e quindi mi è anche venuto voglia di rientrare nel bar virtuale che più mi piace sul forum e cioè quel Caffè & Latte che, purtroppo, è chiuso da tempo.
Detto fatto, complice la mia password, sono entrato al bar in questione subito accorgendomi della polvere caduta sui tavolini azzurri, sul bancone di legno chiaro, sulle bottiglie di bibite e sui barattoli di dolciumi. Non importa se non c'era nessuno. Mi sono infilato il grembiule, appeso a una parete, e ci ho dato dentro per una bella ripulita.
Poi ho aperto le bacheche che espongono tante creazioni della titolare, piccole miniature a tema 2cv e non solo, forme graziose realizzate da dita sapienti e tenaci. Alla fine, un po' stanco, mi sono aperto una bottiglietta al succo di mirtillo e mi sono abbandonato al silenzio delle belle cose all'intorno e a quel sentimento di solitudine pensierosa che l'ambiente favoriva. Mi è anche venuto voglia di rileggere Maupassant.
Dalle finestre riaperte filtrava un raggio di luce scintillante di polvere dorata. Questo bar parla soprattutto al femminile.
Recentemente, l'otto di marzo c'è stata la festa delle donne, mamme, fidanzate, mogli, figlie e sorelle senza le quali noi non saremmo. Tra i pensieri si è affacciata anche l'immagine di un fiore di mimosa e, subito dopo, quella incresciosa dei femminicidi che segnano la barbarie del nostro tempo e che mi fanno vergognare di appartenere al genere maschile.
Così, uscito in giardino, ho preso un fiore di mimosa e, dalla bacheca di Elena, una bomboletta spray di quelle che usa per colorare le sue creazioni. Ho spruzzato la mimosa di nero e l'ho messa in un barattolo pieno d'acqua. La mimosa nera mi ha detto che noi uomini siamo una manica di primitivi ancora propensi a scambiare la gelosia per l'amore.
Come si sa, questo tragico equivoco, che ancora oggi uccide le donne, è stato giustificato, da qualche magistrato, con l'aberrante terminologia di “tempesta emotiva”, come se la gelosia fosse appunto un'attenuante e non la causa dei crimini contro le donne.
Ho guardato la mimosa tinta di nero, il fiore macabro della nostra inadeguatezza umana. Ma il bar tutt'intorno, immerso nella quiete delle piccole cose, era invitante, sereno e ricco di creatività.
Facciamoci un salto ogni tanto.