Si, “Viaggiare”. Ma l’auto di Lui e di Lei sono vissute in modi diversi. Il motore stesso, cuore del sistema, è ascoltato con diverse sensibilità e timori. E la vettura pian piano assume la dimensione di una Creatura, di una “Presenza” importante nella narratologia della famiglia.
In questa terza storia una donna ha un marito insegnante che non sa fare assolutamente niente, a casa, ed è costretta a fare tutto lei. E la manutenzione dell'auto diventa una mezza ossessione. 
La Plymouth di mio marito ha il parafango sinistro ammaccato, un fanale posteriore rotto e una specie di piccolo sole di incrinature sul finestrino posteriore destro.
Sembra che abbia deciso di consumarla fino in fondo, spremerla come un limone per poi abbandonarla; la tratta come se fosse una creatura da sottomettere.
Come i suoi abiti frusti e le sue scarpe con i tacchi consumati solo da un lato.
Qual è il suo problema? Io ho una Ford, perché sono convinta che sia più facile trovare i pezzi di ricambio. Ha cinque anni, ma sembra nuova di zecca.
Anche il motore è come nuovo; l'anno scorso l'ho fatto pulire con il vapore. Alcuni non sanno neppure che si può fare.
Quando non piove per un po', invece, sui parafanghi dell'auto di mio marito si possono leggere i nomi di decine di studenti della scuola. Per non parlare delle parolacce, delle faccine sorridenti e dei cuori. Dentro ci sono vecchi raccoglitori e riviste sparpagliati sui sedili, e pacchetti di sigarette appallottolati per terra.
La leva del cambio automatico fa un rumore allarmante quando la sposta in posizione di guida, e il motore, una volta spento, ha un lungo ritorno di fiamma.
E poi ha la cinghia allentata, ogni volta che prende una curva stretta si sente un rumore simile a un gemito di cucciolo. Io insisto che dovrebbe farla aggiustare.
«Non puoi trascurare queste cose» gli dico. «
Una macchina vale solo il tempo che le dedichi.»
A volte mi sento ridicola. Mi sembra di diventare come mio padre, un uomo pedante e metodico che non mi ha permesso di prendere la patente prima che imparassi a cambiare una ruota.
Comunque so di avere ragione. «E se una volta ci lascia a piedi?» gli chiedo.
«E se mentre stiamo facendo un lungo viaggio si ferma in mezzo a un'autostrada a otto corsie?»
«Ma è un'ottima macchina» dice mio marito.
Però si offende, lo vedo. Sprofonda nel sedile e guida con un polso solo appoggiato sul volante.
La sua guida è sempre da brivido: partenze improvvise, curve secche, fermate brusche.
Ai semafori si rifiuta di mettere in folle. lo sostengo che dovrebbe farlo, ma secondo lui è inutile.
«Che senso ha comperare un'auto col cambio automatico se poi devi lo stesso cambiare di continuo?» obietta.
«E per risparmiare la frizione, ovviamente.»
Lui mugugna qualcosa e riparte con un cigolio. Mi riprometto di non dire più nulla, ma non riesco a evitare una critica silenziosa: quando ci avviciniamo a una curva a cento all'ora, appoggio una mano sul cruscotto per tenermi.
…
Bee canticchiava
Star Dust e teneva il braccio penzoloni fuori del finestrino. Percorsi St. Johns Street alla velocità giusta per imbroccare l'onda verde.
Poi, sulla Delmore, prima di svoltare a sinistra, mi si spense il motore. Senza motivo.
«Ma che diavolo? ... » sbottai. Misi in folle e riaccesi. Proseguimmo senza intoppi fino allo stop in Furgan Street, e lì si spense di nuovo. Poi continuò a spegnersi ogni volta che rallentavo.
Sul cruscotto si accendevano allarmanti luci rosse e verdi, dietro suonavano i clacson.
Il piede che avevo sull'acceleratore si mise a tremare.
«Oddio, dev'esserci qualcosa che non va» dissi a Bee.
«Magari sei senza benzina» suggerì.
«Benzina? Come vuoi che sia la benzina, se si riaccende ogni volta. È assurdo!»
Bee mi lanciò un'occhiata ma non disse niente. Ero troppo agitata per scusarmi.
«Senti, devo proprio,andare alla Exxon» conclusi.
«C'è un benzinaio Texaco un po' più avanti.»
«Ma alla Exxon conoscono la mia auto, e poi mancano solo due isolati.»
Il motore si spense di nuovo.
«Grazie al cielo non siamo in autostrada» dissi asciugandomi la fronte con la manica. Avvertii lo sguardo di Bee.
Quando mi fermai alla Exxon il motore ebbe un ultimo sussulto, come un assetato che arriva a un'oasi nel deserto. Balzai fuori lasciando la portiera spalancata.
Entrai di corsa nel garage dove trovai Joel che sotto una Volkswagen sollevata guardava in su e fischiettava con i pollici nei passanti della cintura.
«Joel?» dissi. «La mia auto ha un problema tremendo.»
Smise di fischiare.
«Oh, buon giorno signora.»
«Non può darle un'occhiata?»
Mi segui fuori, al sole. Stavo già meglio, lui era così pacato e tranquillo. Mentre gli elencavo i sintomi, aprì piano il cofano e si mise a toccare qua e là riprendendo a fischiettare la stessa melodia.
«Provi ad accenderla» disse. Io mi sedetti al volante, avviai il motore e lo spensi a un suo segnale. Poi scesi e tornai a guardare sotto il cofano. Osservai le sue lunghe dita ossute, lo sporco rappreso tra le pieghe ne metteva in evidenza ogni particolare. Spostò un cavetto nero.
«È la pompa della benzina?» chiesi. Avevo avuto una terribile esperienza con la pompa della benzina (sto imparando i nomi dei pezzi delle auto nel modo più brutale, come i soldati imparano la geografia).
Ma Joel disse:
«Così su due piedi non capisco. Devo portarla dentro solo un attimo».
Lo riferii a Bee. Lei scese e andammo ad aspettare nel gabbiotto. D'estate l'odore di cuoio era più forte che mai. Mi abbandonai su una delle sedie, chiusi gli occhi e rovesciai la testa indietro. «Scusami» dissi a Bee. « È che quando ho la macchina in panne mi viene un nervoso...»
«Lo sai cosa farei io?» suggerì Bee. «Un corso per meccanici.»
Sgranai gli occhi incredula.
«Sì» insisté, «è quello che ho fatto io quando il prato di casa ha cominciato a farmi impazzire. Sono andata al college a studiare architettura di giardini. E mi svegliavo alle sei ogni mattina per seguire il corso in tv. Ho comperata una macchina per spargere la calce sul...»
«Sì» replicai, «ma con tutto quello che ho da fare...»
«Devi essere coraggiosa! I ruoli non esistono più. Devi fare quello che ti va.»
Ci pensai un minuto.
«Bee» chiesi infine, «dimmi la verità. L'hai fatto perché ti andava o perché sapevi che se no nessun altro l'avrebbe fatto?»
«Hmm?» ribatté, ma intanto aveva preso in mano una rivista e si era messa a sfogliarla distrattamente. Era chiaro che non riteneva importante la domanda.
Dopo qualche tempo entrò Joel pulendosi le mani su uno straccio.
« È il filtro» disse. «Bisogna cambiarlo.»
« È grave?»
«No, se vuole è pronta per le cinque.»
«Posso chiamare mia cognata che ci venga a prendere» propose Bee.
«Ma l'auto» insistei. «Voglio dire, dopo sarà a posto? Non si fermerà più?»
«Certo» rispose Joel.
…
Mi sentivo giovane e sventata, piacevolmente sventata.
Era splendido sapere che alle cinque tutto sarebbe stato in ordine.
La cognata di Bee venne a prenderci con la sua enorme Cadillac viola e mi accompagnò a casa.
…
Mio marito arrivò in tempo per accompagnarmi, giusto giusto però: era appena entrato che già bisognava uscire. Sembrava sorpreso, scoordinato. Guidava ancora peggio del solito.
«Cos'hai detto che è successo? La settimana scorsa la tua automobile mi sembrava in ordine» disse. Svoltò a destra salendo sul marciapiede. A un semaforo passò con il giallo già quasi rosso.
Alla Exxon rallentò guardando cupamente attraverso il parabrezza.
«Aspetta finché mi sarò accertata che sia pronta» dissi. (Queste cose bisogna dirgliele.) Balzai giù ed entrai nel garage dove trovai Joel che faceva girare una ruota. Quando mi vide, sorrise.
«Tutto a posto» annunciò. «Contenta?»
«Certo» risposi. Poi mi girai e feci un cenno a mio marito indicandogli che poteva andare. Lui mi salutò con la mano. Aveva la manica della giacca che sembrava un cartoccio stropicciato. Non so perché, ma vedere la sua piccola auto polverosa che si allontanava nel traffico mi rattristò.
…..
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«Quando accendo il motore» dissi a Joel, «mi sembra normale. Poi accelero e aspetto quel clic, ha capito quale intendo? Quel clic che si sente quando il motore cambia marcia. Invece non sento niente. E mi pare che il motore sforzi un po', fa un rumore strano, non saprei come spiegarlo.»
«Speriamo che non sia la trasmissione» disse Joel. «Altrimenti sarà costoso.»
Eravamo fermi a un semaforo, guidava lui, per provare il cambio automatico. Era agosto, una giornata molto calda e assolata (il viso di Joel era coperto di sudore e i suoi capelli biondi erano umidi e lucidi), ma non aprii il finestrino. Mi piaceva la sensazione del caldo torrido.
Per tutta la mattina ero stata fredda e nervosa. Mi piaceva che Joel, aspettando tranquillamente che venisse il verde, fischiettasse
Let it Be e tamburellasse sul volante con le dita. sue mani, la mia auto sembrava mite e obbediente.
«Spero di non doverla cambiare» dissi.
«No, non si preoccupi» rispose.
Verde. Joel parti subito, ma avevamo una macchina davanti, una vecchietta con una Studebaker che andava lenta come una lumaca.
«Cavolo» sbottò Joel. Cambiò corsia. Ora poté accelerare per bene. Teneva la testa inclinata per sentire il rumore del motore.
«Be'?» disse. «A me sembra che cambi al momento giusto.»
«No, aspetti un minuto... »
Anch'io tendevo l'orecchio, ma non sentivo lo stesso rumore di quando ero da sola.
Prendemmo una strada secondaria in una zona residenziale senza semafori. Joel fermò l'automobile, poi riparti e accelerò quasi fino a cento all'ora, sempre tenendo la testa inclinata. Frenò e mise in folle; le sue nocche si muovevano sotto la pelle come giunti meccanici perfettamente lubrificati. «Proviamo di nuovo» disse.
Il secondo tentativo ci portò alla fine della strada, dove c'era un campo di margherite cosparso di lattine di birra. Joel fermò l'auto e si asciugò il labbro con il dorso della mano.
«Be'...» disse con lo sguardo fisso sul campo.
Dietro i suoi occhi (che erano grandi e azzurri, trasparenti come finestre) immaginavo che stesse elaborando sistematicamente un'enorme massa di dati.
«No» concluse infine e scosse la testa. «Mi sembra proprio tutto a posto.»
In teoria avrei dovuto essere contenta, invece non lo ero.
Quando si trova un guasto, lo si può riparare, poi almeno si è sicuri che per qualche tempo l'auto funzionerà.
Ma se non è stato identificato nessun problema, resta una sorta d'inquietudine...
Sospirai stringendo la borsetta. Joel si girò a guardarmi.
«Mi sa che sto per impazzire» gli confessai sgomenta.
«Ma no...»
«Sto dando troppa importanza a quest'auto. Da qualche tempo non mi fido più nemmeno ad andare in autostrada, non voglio mai allontanarmi troppo dalle stazioni di servizio.
Ho già dovuto rinunciare agli incontri della Lega delle donne elettrici e al mio supermercato preferito. Perfino qui in città, prendo solo le strade in cui ci sono stazioni di servizio. Quelle residenziali mi rendono nervosa.»
«Ma guardi che la sua auto è in ottimo stato» mi assicurò carezzando il volante.
«Non deve avere paura.»